Pessimismo




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Il pessimismo è in senso generico un atteggiamento sentimentale che tende a sottolineare gli aspetti negativi di un'esperienza della realtà caratterizzata dall'infelicità e dal dolore.[1] Questa visione, dal punto di vista etico, si traduce in un giudizio di prevalenza del male sul bene.[2]




Indice






  • 1 Il pessimismo trascurato


  • 2 Il concetto di pessimismo


  • 3 Il pessimismo di Schopenhauer


  • 4 Il pessimismo di Hartmann


    • 4.1 Il metodo induttivo


    • 4.2 L'inconscio


    • 4.3 La felicità




  • 5 Note


  • 6 Voci correlate


  • 7 Altri progetti


  • 8 Collegamenti esterni





Il pessimismo trascurato |


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«Quando nella seconda metà del secolo scorso rifiorì lo studio di Kant, specialmente nel decennio fra il 1870 e il 1880 due erano le questioni che, oltre al problema-Kant, richiamavano su di sé in modo esclusivo l'interesse filosofico: la questione del materialismo e quella del pessimismo»



che in questo stesso periodo, pur contrastato dalla filosofia ufficiale accademica e dai teologi, conosceva la diffusione di una produzione letteraria, in specie poetica, dai caratteri pessimistici.[3]





«[Da qui]... il problema del nesso esistente fra questo pessimismo «di massa» e quello filosofico. La filosofia pessimistica è stata, per dirla con Hegel, «lo spirito del proprio tempo appreso in concetti», oppure è stata un'effimera «filosofia alla moda», in generica consonanza con l'« atmosfera spirituale » dell'epoca? Essa ha espresso davvero quella Stimmung [4] pessimistica, o è stato un fenomeno di superficie, nato dal desiderio di un nuovo pubblico di avere a disposizione una filosofia facile, « leggibile » e, specie nel caso di Schopenhauer, non priva di valore letterario? [5]»



Fatto sta che dopo il periodo indicato durante il quale Schopenhauer ed Hartmann divennero molto popolari per le loro opere sul tema del pessimismo e dopo una breve rinascita d'interesse nella seconda metà del XIX secolo, quest'argomento venne trascurato dalla storiografia filosofica così che la riflessione sul pessimismo è rimasta ancorata a questi due pensatori che in realtà non sono gli unici filosofi "pessimisti" poiché altri autori, come ad esempio Julius Bahnsen e Philipp Mainländer, hanno ripreso e sviluppato il pensiero sul pessimismo.



Il concetto di pessimismo |


La filosofia, che considera il pessimismo un fatto sentimentale ne dà una descrizione speculativa distinguendo:



  • il pessimismo empirico che si ha quando la visione negativa resta limitata al mondo fisico in contrapposizione ad un aldilà felice, dal

  • il pessimismo metafisico, quando la visione negativa si estende anche al mondo metafisicamente considerato nella sua totalità. In questa concezione la volontà morale dell'uomo non è giudicata un valore in sé, ma da prendere in considerazione solo se dirige l'azione umana all'ascesi rendendo così possibile il raggiungimento, o individualmente (Schopenhauer) o a livello cosmico (Hartmann), della liberazione dell'esistenza dal dolore. Per questo pessimismo il mondo è attraversato da una volontà irrazionale che ha reso senza senso la vita per l'uomo che si deve proporre allora l'annichilimento del mondo stesso riportandolo dall'essere al non-essere con un capovolgimento di un principio cardine della razionalità occidentale per la quale omne ens, in quantum ens, est bonum.



Il pessimismo di Schopenhauer |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Pensiero di Schopenhauer.



Arthur Schopenhauer


Schopenhauer si rese conto che la sua dottrina pessimistica contrastava con le filosofie a lui contemporanee ma non diede una struttura sistematica al tema del pessimismo che ad una prima visione superficiale sembrerebbe essere semplicemente connesso alla critica radicale della visione hegeliana ottimista della realtà. In effetti Schopenhauer contrapponeva a quello hegeliano un diverso idealismo, a cui dichiarava espressamente di appartenere come filosofo.[6]






«La vera filosofia deve in ogni caso essere idealista: anzi deve esserlo, se vuole semplicemente essere onesta. Perché niente è più certo, che nessuno può mai uscire da se stesso, per identificarsi immediatamente con le cose distinte da lui: bensì tutto ciò che egli conosce con sicurezza, cioè immediatamente, si trova dentro la sua coscienza. [...] Solo la coscienza è data immediatamente, perciò il fondamento della filosofia è limitato ai fatti della coscienza: ossia essa è essenzialmente idealistica.[7]»



Il pessimismo allora nasce piuttosto dal problema irrisolto della "cosa in sé" kantiana irrisolvibile per via empirica dato che ogni oggetto si presenta nella forma del fenomeno, di come cioè appare ai nostri sensi. Da questo punto di vista però anche quel particolare oggetto che è il nostro corpo appare per un verso a noi nelle sue caratteristiche sensibili come fenomeno ma per un altro verso la nostra corporeità si presenta alla nostra coscienza come "volontà di vivere", un insopprimibile istinto di sopravvivenza. La volontà quindi è l'essenza del corpo, ovvero, in termini kantiani, la volontà è la cosa in sé, il noumeno. Ma il mantenimento della vita è reso possibile da un continuo ed incessante soddisfacimento di bisogni, cosicché la volontà di vita si rivela come una insopprimibile, generale tendenza alla soddisfazione di bisogni. «La base di ogni volere è bisogno, ossia dolore, a cui l'uomo è vincolato dall'origine, per natura» [8]. Incessante dolore poiché «qualsiasi soddisfacimento, o ciò che in genere suoi chiamarsi felicità, è propriamente e sostanzialmente sempre negativo, e mai positivo» [9]. Il piacere è una realtà negativa come "assenza di dolore" in primo luogo perché può apparire solo dopo che si sia avvertito un bisogno, una sofferenza tanto è vero che di molti "beni" - ad esempio la salute, la giovinezza, la libertà - ce ne accorgiamo quando dopo averli perduti ne avvertiamo la mancanza. Inoltre il piacere non rappresenta un punto d'arrivo, in quanto la volontà, per sua natura, si rivolge immediatamente ad altro, giacché «nessun appagamento possibile potrebbe bastare a calmare la sua sete, a porre uno scopo finito alla sua brama ed a riempire l'abisso senza fondo del suo cuore». Con la soddisfazione di un bisogno «nient'altro ci si può guadagnare se non d'essersi liberati da una sofferenza o da un desiderio: quindi ci si trova come prima del loro inizio e non meglio»[10]
Se subito dopo la nascita siamo stati preda della Volontà, ora il nostro dovere morale è quello di disfare quello che la Volontà caotica ha fatto, negare la volontà di vivere passando ad una conversione radicale dal voler vivere al non voler vivere annullando la volontà nella noluntas[11]. Delle vie d'uscita che ci si presentano (suicidio, arte, etica della compassione) solo l'ascesi sembra essere quella efficace poiché ci rende trasparenti alla volontà che continuerà ad attraversarci ma non troverà più il corpo. Quindi vivere una non vita con l'estenuazione dell'organismo, raggiungendo la nolontà, cioè la non-volontà, quindi il nulla.



Il pessimismo di Hartmann |



Il metodo induttivo |




Eduard von Hartmann


Eduard von Hartmann intende costruire una teoria sul pessimismo sulla base di un metodo ricavato dalle scienze naturali e che dunque, in chiave antihegeliana e antideduttiva, si fondi sull'induzione che tuttavia, nella scienza e nella filosofia, non permette di raggiungere i principi ultimi che egli ritiene possano essere attinti solo da una visione mistica. Nel suo tempo ormai la scienza e la filosofia sono enormemente progredite e non rimane che far cadere l'ultimo muro che le separa realizzando una sintesi che le contenga entrambe armonicamente. È falsa ogni speculazione che contraddica i risultati della scienza empirica così come false sono tutte le spiegazioni scientifiche dei fatti empirici «che contraddicono i risultati rigorosi di una speculazione puramente logica» [12].



L'inconscio |


Nella prima parte della sua opera principale Filosofia dell'inconscio Hartmann vuole dimostrare come nei fenomeni naturali complessi agiscano non cause materiali ma finalistiche spirituali. Ad esempio nella cova delle uova non è la forma dell'uovo, la struttura corporea dell'uccello o la temperatura del nido a spiegare questo fenomeno quanto la causa spirituale che ha come fine la perpetuazione della specie[13].


La volontà non è qualcosa che riguarda solo gli esseri umani, considerati sia nella loro interezza sia nelle parti singole che li compongono (ad esempio il midollo spinale e i gangli), ma anche gli animali hanno delle attività psichiche che possono distinguersi da quelle umane solo quantitativamente e che permettono loro di conseguire precisi scopi, di modificare i loro comportamenti in relazione al mutamento delle situazioni, il che vuol a dire «vogliono»[14], ossia in loro sono presenti varie volontà che fanno capo di volta in volta a parti diverse dal cervello (il cervelletto, il midollo spinale, i gangli nervosi[15]. Così anche nell'uomo vi sono movimenti involontari, come ad esempio il battito cardiaco, che non sono collegabili ad una volontà conscia centrale ma alle singole parti da cui si originano queste volontà che regolano i movimenti[16].


Stabilita l'esistenza di questa volontà bisogna chiarire come essa debba essere collegata alla rappresentazione nel senso che ogni volontà è di per sé astratta se non viene collegata ad un preciso contenuto. Ogni volere infatti è un volere qualcosa, quindi un volere determinato ma la nuova situazione che si vuole raggiungere mettendo in atto il volere non può essere presente realmente alla volontà poiché in questo caso non sarebbe più da realizzare: essa deve esistere quindi nel soggetto volente idealmente, vale a dire come rappresentazione e questo accade perché la volontà è un'entità spirituale[17] Ogni volontà contiene in sé idealmente, spiritualmente, la volizione.


La prova che esiste un'attività spirituale psichica inconscia Hartmann la trova nell'analisi degli istinti animali e umani e come sostiene Hegel anche per Hartmann «L'istinto è un agire finalizzato senza coscienza del fine».[18]


La presenza nella natura di una serie di cause ed effetti fa pensare all'esistenza di un fine ultimo che segni la conclusione della catena se non si vuole che questa rimanga «sospesa nell'aria». Si deve dunque condividere la teoria di Leibniz secondo la quale il mondo è strutturato per raggiungere nel miglior modo possibile il migliore dei fini possibili[19]. Questo finalismo però deve tener conto dell'esistenza del male e del dolore che contrasta la volontà dell'inconscio di raggiungere la felicità.



La felicità |


Il finalismo eudemonologico dimostra che il dolore può servire a raggiungere la felicità solo se l'uomo si convince che questa non è altro che l'assenza di dolore che è connesso inevitabilmente all'esistenza e quindi solo rinunciando a vivere si potrà annichilire il mondo e il suo dolore. Si illude chi pensa che salute, giovinezza, libertà e ricchezza possano rendere felici anzi si rischia di cadere in quella sofferenza che è la noia che fa desiderare l'arrivo di dolori che rompano il tedio mortale.


Come la storia dell'umanità anche quella del singolo si svolge attraverso il primo grado dell'infanzia dove si vive nel presente seguito da quello della giovinezza, caratterizzato dai grandi sogni e poi da quello della maturità che cerca con affanno la fama e la ricchezza ed infine quello della vecchiaia che svela il decadimento delle illusioni:






«Essa [la vecchiaia], come ogni vecchio che sia venuto in chiaro su se stesso, ha ancora un solo desiderio: riposo, pace, sonno eterno senza sogni, che sazi la sua stanchezza. Dopo i tre stadi dell'illusione, della speranza in una felicità positiva, ha infine compreso la follia dei suoi sforzi, rinuncia definitivamente ad ogni felicità positiva e brama solo ancora l'assoluta assenza di dolore, il nulla, il Nirvana. Tuttavia a differenza di quanto avveniva prima non è questo o quel singolo a desiderare il nulla, l'annichilimento, ma l'umanità. Questa è l'unica fine pensabile del terzo ed ultimo stadio dell'illusione [20]




Note |




  1. ^ Guido Calogero, Enciclopedia Treccani, 1936 alla voce corrispondente


  2. ^
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    Al pessimismo si contrappone l'ottimismo, la tendenza opposta. Il tipico esempio di questa contrapposizione è la questione del bicchiere riempito a metà: mezzo pieno, come appare all'ottimista, o mezzo vuoto, come giudica il pessimista. La semplice analisi razionale della realtà dimostra che il bicchiere è sia mezzo pieno che mezzo vuoto, cioè che entrambe le descrizioni corrispondono all'unica realtà e che quindi il pessimismo, come l'ottimismo, nella loro opposizione, non sono riconducibili a una concezione razionale ma a un sentimento che si esprime, con varianti linguistiche, nel medesimo fatto empirico rappresentato dal bicchiere riempito a metà da un liquido. (Roberto Gasparetti, Comunicazione consuasiva. Tecniche di persuasione consapevole, FrancoAngeli, 2015)



  3. ^ Vaihinger 1923, p. 162


  4. ^ "sensibilità diffusa"


  5. ^ Giuseppe Invernizzi, Il pessimismo tedesco dell’Ottocento. Schopenhauer, Hartmann, Bahnsen e Mainländer e i loro avversari, Firenze, La Nuova Italia, 1994 p.11


  6. ^ Wolfgang Schirmacher, La ragione ascetica. Schopenhauer nell'idealismo tedesco, in "Verifiche", Trento, 1984, pp. 263-279: la polemica di Schopenhauer contro Fichte Schelling ed Hegel non era tanto rivolta all'idealismo in sé, ma alle premesse da cui costoro partivano, giudicate erronee e fuorvianti.


  7. ^ Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, II, 1 (in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XIX, pp. 602-603.


  8. ^ Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, REA Multimedia, 2013, §57


  9. ^ Arthur Schopenhauer, op. cit., §58


  10. ^ G. Invernizzi, op. cit., p. 25


  11. ^ A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, I, pp. 70-71


  12. ^ Hartmann, Filosofia dell'inconscio, I, pp. 10-12


  13. ^ Hartmann, op. cit., pp. 43-46


  14. ^ Hartmann, op. cit., p. 52 e sgg.


  15. ^ Hartmann, op. cit. I, pp. 53-56


  16. ^ Hartmann, op. cit. I, pp. 56-59


  17. ^ Hartmann, op. cit., pp. 100-103


  18. ^ Hegel, Enciclopedia, § 360


  19. ^ Hartmann, op. cit., pp. 273-277


  20. ^ Hartmann, op. cit., pp. 386-389



Voci correlate |



  • Antinatalismo

  • Ottimismo

  • Nichilismo

  • Cinismo

  • Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà

  • Pessimismo leopardiano

  • Pessimismo letterario nel Novecento

  • Locus of control



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Collegamenti esterni |






  • Pessimismo, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


  • (EN) Pessimismo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata


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