Ar-Pharazôn




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Ar-Pharazôn
Universo Arda
Lingua orig.
Inglese
Epiteto Il Dorato
Soprannome Tar-Calion
Autore
John Ronald Reuel Tolkien
Specie Uomini
Sesso Maschio
Etnia Dunedain
Data di nascita 3118 S.E.

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«E, seduto sul trono scolpito nella città di Armenelos, nella gloria del proprio potere, Ar-Pharazôn cupamente rimuginava, il pensiero volto alla guerra.»


(Akallabêth ne Il Silmarillion, op. cit., pag. 339)

Ar-Pharazôn (3118 - 3319 S.E., regno 3255 - 3319 S.E.) è un personaggio di Arda, l'universo immaginario fantasy creato dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien. Detto Il Dorato, fu il venticinquesimo ed ultimo re di Númenor, salito al trono in seguito al matrimonio con la figlia del re Tar-Palantír. Con Il Dorato, il regno di Númenor raggiunse il vertice della propria potenza, tanto che sconfisse e sottomise Sauron ed osò perfino sfidare i Valar. Questa smodata ambizione, tuttavia, provocò il crollo del suo potentissimo reame e la sua morte.




Indice






  • 1 Origini ed ascesa al trono


  • 2 La vittoria contro Sauron e la corruzione di Númenor


  • 3 Akallabêth


    • 3.1 Il desiderio d'immortalità


    • 3.2 La guerra contro Valinor e la caduta di Númenor




  • 4 Note


  • 5 Voci correlate





Origini ed ascesa al trono |


Il futuro monarca si fece strada come comandante militare durante le numerose guerre intraprese da Númenor nella Terra di Mezzo. Le proprie capacità militari e le proprie grandi vittorie lo resero acclamato dal popolo e rispettato da tutti. Egli, però, di indole era ambizioso ed avido e sognava più di tutto ottenere potere e ricchezze.


Alla morte di Tar-Palantír, la corona sarebbe dovuta spettare alla figlia del re, Míriel, ma Ar-Pharazôn la sposò forzatamente e divenne il venticinquesimo signore di Númenor. Al contrario del suo predecessore, egli scelse per sé un nome in Adûnaic invece che in elfico (il suo nome in questa lingua era Tar-Calion), per affermare esplicitamente la volontà di non riconoscere alcun potere superiore al proprio e di estendere il proprio dominio sul mondo intero. Iniziò così una spietata persecuzione dei fedeli, ovvero dei sudditi che erano ancora devoti ai Valar.



La vittoria contro Sauron e la corruzione di Númenor |


Nella propria infinita brama di potere, Ar-Pharazôn mosse guerra a Sauron, colui che allora regnava su gran parte della Terra di Mezzo. Alla vista dell'imponente armata del Re, i soldati nemici fuggirono e Sauron giurò fedeltà a Númenor. Il Dorato, però, non fidandosi, lo volle condurre come prigioniero nella propria capitale per umiliarlo e per dimostrare la propria potenza. La scelta si rivelò fatale: grande oratore, il prigioniero si conquistò presto tutta la fiducia e la stima del sovrano, convincendolo dell'inimicizia dei Valar e del fatto che l'unico vero Dio fosse Morgoth.


Ar-Pharazôn, convintosi di ciò, cominciò ad adorare le tenebre, bandì e perseguitò ancora più accanitamente i Fedeli e cominciò a meditare su come scalzare i Valar e diventare l'unico e solo padrone del mondo. Inoltre fece abbattere Nimloth, l'Albero Bianco di Númenor, antenato di quello di Gondor in quanto simbolo del legame tra i númenóreani e gli Elfi, poiché da loro era stato donato; un frutto di questo fu però sottratto da Isildur, che lo portò con sé a Gondor.



Akallabêth |



Il desiderio d'immortalità |


A causa dei poteri malvagi di Morgoth, da secoli ormai i númenóreani invidiavano l'immortalità degli elfi e delle altre genti immortali, ma non avevano mai osato ribellarsi apertamente contro la propria sorte. I sapienti tramandavano che Eru Ilúvatar (Dio) avesse concesso agli uomini la morte come un dono, come un modo per renderli liberi dal destino del mondo, dando loro la facoltà di disporre delle proprie vite nel modo che più ritenevano più opportuno, al contrario degli elfi che invece erano sì dotati di libero arbitrio ma inclini esclusivamente al bene. La felicità e lo splendore di Númenor, tuttavia, avevano generato negli uomini il desiderio di non essere costretti ad abbandonare le conquiste terrene.


I Valar, avendo previsto ciò, avevano sempre proibito ai númenóreani di far vela verso l'Ovest, verso Valinor, le Terre Imperiture, col fine di evitare che essi desiderassero tutte le gioie immortali che vi erano. Fino ai tempi di Ar-Pharazôn questo divieto era sempre stato rispettato, ma il nuovo monarca, sobillato da Sauron, decise di ribellarvisi.



La guerra contro Valinor e la caduta di Númenor |


Sentendo avvicinarsi la vecchiaia, Ar-Pharazôn volle tentare l'ultima follia: la conquista delle terre immortali. Egli credeva, erroneamente, che chiunque avesse dominato quei posti avrebbe ottenuto automaticamente l'immortalità. I Valar, tuttavia, si sarebbero certamente opposti a questo genere di pretesa e, allora, allestì un'immensa armata ed un'immensa flotta per dare l'assalto alle loro terre.


Fu la più grande impresa militare mai effettuata da uomini fino ad allora: la flotta di Númenor era immensa e Manwë, il signore dei Valar, consapevole del fatto che il gesto di Ar-Pharazôn significava una sfida diretta ai limiti stabiliti da Ilúvatar, decise di invocare l'aiuto di Eru non appena il re e una parte del suo esercito approdarono nelle terre immortali. Ilúvatar fece allora sprofondare tutta la flotta degli uomini e l'intera isola di Númenor negli abissi, mentre Ar-Pharazôn e i guerrieri sbarcati con lui vennero sepolti da una frana sotto le colline del Tùna, dove si erano momentaneamente accampati. La geografia di Arda cambiò radicalmente: il mondo divenne un globo, le terre immortali furono tolte dalla sua superficie, nacquero nuovi continenti ed altri scomparvero. Da allora l'orgogliosa umanità fu costretta a vivere prigioniera di un pianeta sferico, interamente mortale e privo di vie d'uscita[1].


Il resoconto di questa catastrofe costituisce il tema centrale dell'Akallabêth (la caduta in lingua adûnaic), uno dei poemi contenuti ne Il Silmarillion.
Tuttavia, secondo la profezia, Ar-Pharazôn e gli altri númenoreani che lo seguirono risorgeranno partecipando alla scontro finale contro Morgoth.



Note |




  1. ^ J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Bompiani, 2013/2014, pp. 495-496.



Voci correlate |


  • Amandil













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