Eschilo




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«Zeus ha posto questo come legge possente: solo chi soffre impara.»


(Eschilo, Agamennone, 160)



Busto di Eschilo conservato ai Musei Capitolini


Eschilo, figlio di Euforione del demo di Eleusi (in greco antico: Αἰσχύλος, Aischýlos; Eleusi, 525 a.C. – Gela, 456 a.C.), è stato un drammaturgo greco antico.
Viene unanimemente considerato l'iniziatore della tragedia greca nella sua forma matura. È il primo dei poeti tragici dell'antica Grecia di cui ci siano pervenute opere per intero, seguito da Sofocle ed Euripide.




Indice






  • 1 Biografia


  • 2 Tragedie


  • 3 Il mondo poetico e concettuale di Eschilo


    • 3.1 Le innovazioni tecniche e stilistiche


    • 3.2 L'uomo, la colpa, la punizione




  • 4 Note


  • 5 Bibliografia


  • 6 Altri progetti


  • 7 Collegamenti esterni





Biografia |




Bronzo rinascimentale di Eschilo, al Museo archeologico nazionale di Firenze


Nato a Eleusi[1] intorno al 525 a.C., di famiglia nobile, fu testimone della fine della tirannia dei Pisistratidi ad Atene, nel 510 a.C. Combatté contro i persiani nelle battaglie di Maratona (490 a.C.), di Salamina (480 a.C.) e di Platea (479 a.C.)[2]. A proposito della battaglia navale di Salamina, di cui il poeta dà il resoconto ne I Persiani, è interessante notare come la tradizione assegni lo stesso giorno, sulla stessa isola, alla nascita di Euripide. Nello stesso periodo, si dice, il giovane Sofocle intonava i primi peana.


Eschilo fu forse iniziato ai misteri eleusini, come farebbe intendere Aristofane ne Le rane[3], e secondo alcune leggende sarebbe stato persino processato per empietà, dopo averne rivelato i segreti, e questa sarebbe la causa del suo secondo esilio a Gela, in Sicilia, dopo il suo ultimo grande successo nel 458 a.C. con l'Orestea[4].


In realtà, sembrerebbe piuttosto aver risposto all'invito del tiranno Gerone, per cui fece rappresentare I Persiani e scrisse le Etnee per celebrare la fondazione della città di Aitna[5]. In Sicilia morì nel 456 a.C.: secondo Valerio Massimo sarebbe morto per colpa di un'aquila, che avrebbe lasciato cadere, per spezzarla, una tartaruga sulla sua testa, scambiandola, data la calvizie, per una pietra[6]. Sul suo epitaffio non furono ricordate le vittorie in ambito teatrale, ma i meriti come combattente a Maratona, dove aveva combattuto coraggiosamente anche suo fratello Cinegiro, morto in quell'occasione[7]:









(GRC)

«Αἰσχύλον Εὐφορίωνος Ἀθηναῖον τόδε κεύθει

     μνῆμα καταφθίμενον πυροφόροιο Γέλας·

ἀλκὴν δ' εὐδόκιμον Μαραθώνιον ἄλσος ἂν εἴποι

     καὶ βαθυχαιτήεις Μῆδος ἐπιστάμενος»


(IT)

«Codesta tomba Eschilo ricopre,

d'Atene figlio, padre fu Euforione:

il suo valor potrebber ben ridirlo

di Maratona il piano e il Medo chiomato.»


(Anthologiae Graecae Appendix, vol. 3, Epigramma sepulchrale, p. 17 (trad. A. D'Andria))

Dopo la sua morte ricevette dai suoi contemporanei molti riconoscimenti, il più grande dei quali fu la rappresentazione postuma delle sue tragedie, all'epoca segno di eccezionale onore. Fu padre di Euforione, anch'egli tragediografo.



Tragedie |





Tragoediae septem, 1552


Eschilo scrisse probabilmente una novantina di opere, ma ne sono giunte ai giorni nostri solo sette: I Persiani (rappresentata nel 472 a.C.); I sette contro Tebe (rappresentata nel 467 a.C.); Le supplici (rappresentata nel 463 a.C.); Prometeo incatenato (rappresentata tra il 470 e il 460 a.C.)[8] e sia stata messa in scena nell'ultimo venticinquennio del V sec. Ne farebbero fede i punti di contatto con i cavalieri di Aristofane, ma soprattutto una concezione dello spazio scenico e del suo uso particolarmente sofisticato. Gran parte della critica crede, però, alla paternità eschilea di questa tragedia [9]; Orestea - trilogia (rappresentata nel 458 a.C.) e che comprende Agamennone, Coefore, Eumenidi.


I 73 titoli attribuiti a Eschilo si trovano nel cosiddetto Catalogo, contenente la lista dei drammi del tragico greco, che fa parte del manoscritto Mediceo (siglato M).[10]


Di altre opere (tragedie e drammi satireschi) si conosce l'esistenza dai riferimenti presenti in altri autori o attraverso papiri. Tra le meglio documentate, Gli spettatori o atleti ai giochi istmici (Θεωροί 'η Ίσθμιασταί), Prometeo portatore del fuoco (Προμηθεύς Πυρκαεύς), Niobe, Mirmidoni[11], Gli Edoni.


Comunque, tra citazioni ed elenchi, è possibile ricostruire un elenco di 88 opere: 73 trasmesse dal catalogo, 10 testimoniate dagli autori antichi e 5 dedotte dagli interpreti moderni.[12]



Il mondo poetico e concettuale di Eschilo |



Le innovazioni tecniche e stilistiche |


Eschilo viene considerato il vero padre della tragedia antica: infatti, a lui viene attribuita l'introduzione di maschera e coturni ed è con lui che prende l'avvio la trilogia, o "trilogia legata"[13]. Le tre opere tragiche presentate durante l'agone erano appunto "legate" dal punto di vista contenutistico: nell'Orestea (unica trilogia pervenutaci per intero), ad esempio, viene messa in scena la saga degli Atridi, dall'uccisione di Agamennone alla liberazione finale del matricida Oreste.


Introducendo un secondo attore (precedentemente, infatti, sulla scena compariva un solo attore alla volta, come ci testimonia Aristotele[14]), rese possibile la drammatizzazione di un conflitto. Da questo momento fu infatti possibile esprimere la narrazione tramite dialoghi, oltre che monologhi, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico e la complessità espressiva.


Da notare anche la progressiva riduzione dell'importanza del coro, che prima rappresentava una continua controparte all'attore. Per esempio, in una delle tragedie più antiche che ci siano pervenute, Le supplici, il coro ha ancora una parte preponderante. Nonostante la presenza dei due attori (uno dei quali interpreta in successione due personaggi), l'impianto è ancora quello di un inno sacro, scarno di elementi teatrali.


Facendo un confronto con la più tarda Orestea, notiamo un'evoluzione e un arricchimento degli elementi propri del dramma tragico: dialoghi, contrasti, effetti teatrali. Questo si deve anche alla competizione che il vecchio Eschilo dovette sostenere nelle gare drammatiche: c'era un giovane rivale, Sofocle, che gli contendeva la popolarità, grazie anche a innovazioni come l'introduzione di un terzo attore, trame più complesse, personaggi più umani nei quali il pubblico può identificarsi.


Tuttavia, anche accettando in parte, e con riluttanza, le nuove innovazioni (tre personaggi compaiono contemporaneamente solo nelle Coefore, e il terzo parla solo per tre versi), Eschilo rimane sempre fedele ad un estremo rigore, alla religiosità quasi monoteistica (Zeus, nelle opere di Eschilo, è rappresentato talvolta come un tiranno, talvolta come un dio onnipotente)[15].


In tutte le sue tragedie, lo stile[16] è potente, pieno di immagini suggestive, adatto alla declamazione. Nonostante i personaggi di Eschilo non siano sempre unicamente eroi, quasi tutti hanno caratteristiche superiori all'umano e, se ci sono elementi reali, questi non sono mai rappresentati nella loro quotidianità, ma in una suprema sublimazione: il suo stile, infatti, risulta ricco di espressioni retoriche, neoformazioni linguistiche (fra cui anche hapax) e arcaismi molto ricercati.



L'uomo, la colpa, la punizione |


Nella sua produzione tragica, Eschilo riflette la realtà circostante: ne I Persiani e ne I sette contro Tebe si ritrova il resoconto delle battaglie di Salamina, con una difesa della politica marittima di Temistocle, riferimenti dovuti molto alla sua esperienza nelle guerre persiane. Fu anche il solo testimone tra i grandi poeti greci classici dello sviluppo della democrazia ateniese: infatti, Le supplici contiene il primo riferimento ad una forma di governo definita come «potere del popolo». Nelle Eumenidi, inoltre, la rappresentazione della creazione dell'areopago, tribunale incaricato di giudicare gli omicidi, sembra un implicito sostegno alla riforma di Efialte, che nel 462 a.C. trasferì i poteri politici dall'areopago al consiglio dei Cinquecento. Inoltre le sue tragedie affrontano temi come il diritto d'asilo o la nascita dello Stato dalle lotte di famiglia.


Al centro del teatro di Eschilo è, comunque, il problema dell'azione e della colpa, della responsabilità e del castigo. Eschilo si chiede perché l'uomo soffra, da dove provenga agli uomini il dolore. Viene solo dalla loro condizione di mortali, come affermavano i poeti arcaici, o da un errore originario, scontato dall'intera umanità, come è l'errore di Prometeo in Esiodo[17]? Oppure all'interno della condizione umana esiste anche la responsabilità del singolo individuo? Tutta la sua tragedia è una tensione alla ricerca di una risposta che arriverà a dare, rivestendo la sua tragedia di forza etica per la polis ateniese del V secolo.


A proposito dell'origine della sofferenza, nella mentalità più arcaica e anche contemporanea di Eschilo si definiva hýbris (in greco antico: ὕβρις) quell'accecamento mentale che impedisce all'uomo di riconoscere i propri limiti e di commisurare le proprie forze: chi ha ambizioni troppo elevate e osa oltrepassare il confine posto dagli dei pecca di hýbris e incorre in quella che viene chiamata “invidia degli dei” (in greco antico: φθόνος θεῶν, phthónos theôn), una divinità “invidiosa” del potere umano che, come tale, è determinata ad abbatterlo con prepotente capriccio. Da qui, secondo questa teoria, la causa della sofferenza umana.


Eschilo però rinuncia a questa teoria e mostra invece come le azioni delle divinità sugli uomini non sono prodotte da semplice invidia, ma sono conseguenze edificanti di una colpa umana, in quanto gli dei sono assoluti garanti di giustizia e di ripristino dell'ordine, e dunque alla hýbris corrisponde sempre il saggio ammaestramento divino, attraverso la punizione. Giustizia (in greco antico: δίκη, díkē), insomma, è la legge che gli dèi impongono al mondo e che spiega la casualità degli avvenimenti, apparentemente inesplicabile, regolando con bilance esattissime la colpa e la punizione, rivelandosi allora come un immanente ingranaggio che non lascia scampo a chi si è macchiato di una colpa o a chi ne "eredita" una commessa dai propri antenati (Eschilo mantiene, infatti, l'antica idea che la condanna del delitto travalichi la colpa immediata dell'individuo che l'ha commessa, propagandosi sull'intera stirpe: così, anche la vittima incolpevole si lega al male ed è costretta a commettere a sua volta una colpa, di cui comunque si rivela cosciente e perciò consapevole e responsabile, seppure dietro lo schermo della “necessità”).


Alla luce della funzione edificante della punizione è chiaro che attraverso il dolore, che ogni uomo è destinato a soffrire,l'essere umano matura la propria conoscenza (πάθει μάθος, pàthei màthos): si rende cioè conto, scontando la propria pena, dell'esistenza di un ordine perfetto e immutabile che regge il suo mondo.



Note |




  1. ^ Un'allusione al luogo di nascita in Aristofane, Rane, vv. 886-887.


  2. ^ Pausania, I 14,5.


  3. ^ Vv. 330 ss.


  4. ^ Th. Lenschau, s.v. Hieron, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VIII, col. 1496 ss.


  5. ^ Vita Aeschyli 9: οἰωνιζόμενος βίον ἀγαθὸν τοῖς συνοικίζουσι τὴν πόλιν.


  6. ^ VIII 7, ext. 3.


  7. ^ Erodoto, VI, 114.


  8. ^ Una parte della critica ritiene che la tragedia sia pseudo-eschilea: cfr. ad es. B. Marzullo, I sofismi di Prometeo, Firenze 1990, passim.


  9. ^ Cfr. ad es. V. Di Benedetto-E. Medda, La tragedia sulla scena. La tragedia come spettacolo teatrale, Torino 2002,passim.


  10. ^ Il Catalogo delle opere eschilee si trova al f. 189r ed è riportato in A. Wartelle, Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris 1971, p. 25.


  11. ^ Cfr. A. Wartelle, Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris 1971, pp. 28 ss.


  12. ^ La lista completa delle opere di Eschilo è in A. Wartelle, Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris 1971, pp. 32-34.


  13. ^ Vita Aeschyli 14.


  14. ^ Poetica, 1449a 16-17.


  15. ^ I. Ramelli, Il pensiero teologico ed etico di Eschilo: nuove note per uno studio filosofico integrato delle tragedie eschilee, in "Sileno", n. 34 (2008), pp. 113 ss.


  16. ^ Cfr. G. Matino, La sintassi di Eschilo, Napoli 1998, passim.


  17. ^ Sulla questione, cfr. G. Cerri, Il linguaggio politico nel Prometeo di Eschilo: saggio di semantica, Roma 1976.



Bibliografia |


(si indica la bibliografia più accreditata e generale; nei vari testi è possibile ricostruire la bibliografia più antica)



  • Aeschylus, Aeschyli Tragoediae septem, Venetiis, Gualtierum Grecum Scottum, 1552. URL consultato il 19 ottobre 2016.

  • A. Wartelle, Histoire du texte d'Eschyle dans l'antiquité, Paris, Les Belles Lettres, 1971.

  • G. Cerri, Il linguaggio politico nel Prometeo di Eschilo: saggio di semantica, Roma 1976.

  • G. Matino, La sintassi di Eschilo, Napoli, D'Auria, 1998.

  • L. Grecchi, La filosofia politica di Eschilo: l'eterna attualità del pensiero filosofico-politico del più grande tragediografo greco, Milano 2006.

  • I. Ramelli, Il pensiero teologico ed etico di Eschilo: nuove note per uno studio filosofico integrato delle tragedie eschilee, in "Sileno", n. 34 (2008), pp. 113 ss.

  • Eschilo-Sofocle-Euripide, Tutte le tragedie, a cura di A. Tonelli, Milano, Bompiani. 2011 e sofadle



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |




  • Agamennone, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


  • Coefore, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


  • Eumenidi, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


  • Sette contro Tebe, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


  • Supplici, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


  • Persiani, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


  • Prometeo, nella traduzione di Ettore Romagnoli.


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