Crisi di Suez




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Crisi di Suez (detta anche aggressione tripartita e guerra del Sinai)
parte del conflitto Arabo-Israeliano

Tanks Destroyed Sinai.jpg
Veicoli distrutti nei combattimenti
Data
29 ottobre 1956 - 7 novembre 1956
Luogo Zone del Sinai e del canale di Suez, Egitto
Esito Cessate il fuoco imposto dalle Nazioni Unite, Sinai occupato dall'UNEF, vittoria militare anglo-franco-israeliana, vittoria politica egiziana
Schieramenti




Israele Israele
Francia Francia
Regno Unito Regno Unito

Egitto Egitto

Comandanti




Israele Moshe Dayan,
Francia Pierre Barjot,
Regno Unito Charles Keightley,
Regno Unito Anthony Eden

Egitto Gamal Abdel Nasser,
Egitto Abdel Hakim Amer
Effettivi




Israele Israele: 175.000 uomini
Francia Francia: 34.000 uomini
Regno Unito Regno Unito: 45.000 uomini

Egitto Egitto: 70.000 uomini
Perdite




Israele Israele: 175 morti, numero di feriti sconosciuto
Francia Francia: 10 morti, 43 feriti
Regno Unito Regno Unito: 56 morti, 91 feriti

Egitto Egitto: 1.650 morti, 4.900 feriti e 6.185 catturati

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La crisi di Suez fu un conflitto che nel 1956 caratterizzò l'occupazione militare del canale di Suez da parte di Francia, Regno Unito e Israele, a cui si oppose l'Egitto. La crisi si concluse quando l'Unione Sovietica minacciò di intervenire al fianco dell'Egitto e gli Stati Uniti, temendo l'allargamento del conflitto, costrinsero britannici, francesi e israeliani al ritiro.


Fu un conflitto ricordato dagli storici per varie particolarità: per la prima volta Stati Uniti e Unione Sovietica si accordarono per garantire la pace; per la prima volta il Canada s'espresse e agì in contrasto verso il Regno Unito; fu l'ultima invasione militare del Regno Unito senza l'avallo politico degli Stati Uniti, segnando secondo molti la fine dell'Impero britannico;[1] allo stesso modo, fu l'ultima invasione militare della Francia e quindi ultimo atto dell'impero coloniale francese;[1] e fu infine una delle poche volte in cui gli Stati Uniti furono in disaccordo con le politiche d'Israele.[1]




Indice






  • 1 Nomi del conflitto


  • 2 Antefatti


  • 3 Invasione


  • 4 Cessate il fuoco e ritiro


  • 5 Conseguenze


  • 6 Note


  • 7 Bibliografia


  • 8 Voci correlate


  • 9 Altri progetti


  • 10 Collegamenti esterni





Nomi del conflitto |


La crisi di Suez è indicata con una varietà di nomi tra i quali:



  • aggressione tripartita (nel mondo arabo)

  • campagna di Suez

  • guerra arabo-israeliana del 1956

  • guerra del 1956

  • guerra di Suez

  • guerra di Suez-Sinai

  • operazione Kadesh

  • operazione Muschakjakr


  • operazione moschettiere (opération Mousquetaire o operation Musketeer), nomi francese e inglese per l'operazione congiunta di sbarco aeronavale a Suez operata il 6 novembre 1956.

  • seconda guerra arabo-israeliana



Antefatti |


Il canale di Suez venne inaugurato nel 1869 e finanziato congiuntamente dai governi di Francia ed Egitto. Nel 1875, il governo britannico di Benjamin Disraeli acquistò la quota egiziana, ottenendo il controllo parziale sul canale. Successivamente, nel 1882, il Regno Unito occupò militarmente l'Egitto, allora parte dell'impero ottomano, e assunse de facto il controllo del canale. Questo era d'importanza strategica, fungendo da collegamento tra il Regno Unito e il suo "Impero indiano", e l'area nel suo complesso era strategica per l'Africa Settentrionale e il Vicino Oriente.


La Convenzione di Costantinopoli, nel 1882, dichiarò il canale zona neutrale sotto protezione britannica. Con la sua ratifica l'Impero ottomano convenne di permettere il libero transito del naviglio internazionale sia in tempo di pace sia di guerra.


L'importanza del canale fu chiara durante entrambe le guerre mondiali in quanto, durante la prima, fu chiuso ai bastimenti non alleati da francesi e britannici e durante la seconda fu difeso tenacemente nel corso della campagna del Nord Africa.


Improvvisamente l'importanza del canale diminuì; di questo periodo Daniel Yergin, uno storico dell'industria del petrolio, ha scritto:


Nel 1948, il canale perse improvvisamente la sua tradizionale ragione d'essere, poiché l'anno precedente l'India era diventata indipendente, e il controllo del canale non poteva più essere mantenuto sulla base del fatto che era critico per la difesa dell'India o di un impero che stava venendo liquidato. Eppure, nello stesso esatto momento, il canale stava guadagnando un nuovo ruolo — non come autostrada dell'impero, ma del petrolio. Il canale di Suez era la via per cui la maggior parte del petrolio del golfo Persico arrivava in Europa, tagliando le 11.000 miglia nautiche (20.000 km) del viaggio attorno al capo di Buona Speranza e verso Southampton a 6.500 miglia nautiche (12.000 km). Nel 1955, il petrolio costituiva i due terzi del traffico complessivo del canale, e parimenti due terzi del petrolio destinato in Europa passavano attraverso di esso. Affiancato a nord dagli oleodotti della Tapline e della Iraq Petroleum Company, il canale era lo snodo critico nella struttura post-guerra dell'industria petrolifera internazionale.


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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Israele e Storia dell'Egitto moderno.

Le truppe britanniche vennero ritirate dalla Palestina nel 1947 e lo Stato di Israele venne istituito formalmente nel 1948, subito seguito dalla guerra arabo-israeliana del 1948, che stabilì l'indipendenza di Israele.


Nel 1952, ufficiali dell'esercito egiziano al comando di Gamāl ʿAbd al-Nāṣer rovesciarono la monarchia di Re Fārūq e allontanarono un anno dopo il generale Muḥammad Naǧīb che essi avevano nominato presidente provvisorio della Repubblica d'Egitto. Abbandonando le politiche cooperative con le potenze europee, il nuovo governo affermò un'identità indipendente e nazionalista araba. Questo portò a un conflitto con le potenze europee sul canale di Suez. Specialmente quando venne completato il porto israeliano di Eilat, a metà degli anni '50, il conflitto si surriscaldò sull'unico accesso ad esso, gli stretti di Tiran. L'Egitto interferì in vari modi con i mercantili israeliani e con quelli destinati verso Israele a partire dal 1949, a seconda della situazione politica internazionale dell'epoca.


Nel periodo 1953–1956 le forze di difesa israeliane lanciarono diversi grandi attacchi di rappresaglia, progettati in parte per enfatizzare la potenzialità militare di Israele. Questa politica di ritorsione fu una grossa fonte di dispute interne tra "i falchi", guidati da David Ben-Gurion e "le colombe", guidate dal suo per breve tempo successore, Moshe Sharett. Ciò portò talvolta a forti critiche esterne da parte delle Nazioni Unite e perfino dai sostenitori di Israele, come gli Stati Uniti. Paradossalmente, alcuni degli attacchi più grandi e più criticati si svolsero durante il mandato di Sharett, con il nuovo Capo di Stato maggiore delle difese israeliane, il "falco" Moshe Dayan, che sperava di provocare la guerra e un guadagno di obiettivi territoriali, economici e militari.


Tra il 1949 e il 1956, tra i rifugiati palestinesi, ci furono molti "infiltrati disarmati 'economici' e sociali" in Israele. Mentre ci furono alcuni fedayn violenti, talvolta organizzati dal Muftī Amin al-Husayni a Gaza, e sovvenzionati da altri Stati arabi come l'Arabia Saudita, Egitto e Giordania scoraggiarono pubblicamente l'infiltrazione palestinese in Israele, anche se ci furono alcuni episodi di sabotaggio e di spionaggio egiziani. Il raid di Gaza del 28 febbraio 1955, nel quale forze di difesa israeliane uccisero quaranta soldati egiziani, fu il punto di svolta nelle relazioni tra Egitto e Israele. A seguito di questo incidente l'Egitto iniziò a sponsorizzare incursioni ufficiali di fedayn e commando in Israele, talvolta attraverso il territorio della Giordania (che ancora si opponeva ufficialmente a questi raid), continuando al contempo a scoraggiare l'infiltrazione "privata" palestinese. Ci furono colloqui segreti, attraverso vari intermediari e con vari mezzi, tra Egitto e Israele, ma il raid di Gaza e il successivo raid di Khan Yunis, vi posero fine.


Per tutto il 1956, le tensioni tra Israele ed Egitto aumentarono, con i fedayn egiziani che lanciavano frequenti incursioni nel territorio israeliano, e Israele che lanciava raid di rappresaglia in territorio egiziano. Il 26 luglio 1956, l'Egitto, guidato dal presidente Gamāl ʿAbd al-Nāṣer, annunciò la nazionalizzazione del canale di Suez, una vitale rotta commerciale verso oriente e occidente, di cui le banche e le imprese britanniche detenevano una quota del 44%. Questo fu fatto allo scopo di aumentare i guadagni per finanziare la costruzione della diga di Aswān, sul fiume Nilo. In precedenza, statunitensi e britannici avevano accettato di aiutare a pagare questo progetto, ma cancellarono il loro appoggio dopo che l'Egitto aveva acquistato carri armati dalla Cecoslovacchia comunista, all'epoca sotto il controllo dell'Unione Sovietica, ed esteso il riconoscimento diplomatico alla Cina comunista. Le migliorate relazioni con i cinesi furono il risultato della Conferenza di Bandung del 1955, nella quale Nasser aveva chiesto ai cinesi di usare la loro influenza sui sovietici per rifornire l'Egitto degli armamenti necessari.


Il Primo ministro britannico dell'epoca, sir Anthony Eden, cercò di persuadere l'opinione pubblica del suo Paese della necessità di una guerra e quindi, forse nel tentativo di rievocare il patriottismo della Seconda guerra mondiale, paragonò la nazionalizzazione del canale di Suez da parte di Nasser, al nazionalismo di Benito Mussolini e Adolf Hitler di venti anni prima. Comunque è interessante notare che il primo paragone tra i due dittatori e Nasser durante la crisi venne fatto dal capo dell'opposizione laburista Hugh Gaitskell, e dal quotidiano Daily Mirror, un tabloid orientato a sinistra. Eden era stato uno strenuo oppositore della politica di appeasement portata avanti da Neville Chamberlain, e sostenne che uno sfoggio di forza era necessario per impedire a Nasser di diventare un'altra minaccia militare espansionista.






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Lo stesso argomento in dettaglio: Protocollo di Sèvres.

Nei mesi che seguirono la nazionalizzazione del canale (o meglio della compagnia che lo gestiva, la Compagnie universelle du canal maritime de Suez), si svolse un incontro segreto tra Israele, Francia e Regno Unito a Sèvres, fuori Parigi. I dettagli dell'incontro emersero solo anni dopo, poiché le registrazioni vennero distrutte. Tutte le parti concordarono che Israele doveva invadere l'Egitto e che britannici e francesi sarebbero intervenuti successivamente, spingendo gli eserciti egiziano e israeliano a ritirare le proprie forze ad una distanza di 10 miglia (16 km) dai lati del canale, e piazzando quindi una forza d'intervento anglo-francese nella zona del canale attorno a porto Said. Questo piano venne chiamato Operazione Musketeer dai britrannici e analogamente Opération Mousquetaire dai francesi.



Invasione |




Conquista israeliana del Sinai




Membri del 45° Commando salgono sui Westland Whirlwind della HMS Theseus durante gli eventi della crisi di Suez


Il 29 ottobre 1956, Israele invase la Striscia di Gaza e la penisola del Sinai e fece rapidi progressi verso la zona del canale. Come previsto dall'accordo, Regno Unito e Francia si offrirono di rioccupare l'area e separare le parti in lotta. Nasser (la cui nazionalizzazione della compagnia era stata accolta con gioia dall'opinione pubblica egiziana) rifiutò l'offerta, cosa che diede alle potenze europee un pretesto per una invasione congiunta per provare a riprendere il controllo del canale e rovesciare il regime di Nasser. Per appoggiare l'invasione, numerose forze aeree, comprendenti molti aerei da trasporto, erano state posizionate a Cipro e a Malta da britannici e francesi. I due campi aerei di Cipro erano così congestionati che un terzo campo, che si trovava in condizioni dubbie, dovette essere rimesso in sesto per accogliere gli aerei francesi. Perfino la base aerea RAF Luqa di Malta era estremamente affollata dagli aerei del Bomber Command, gli unici a poterla utilizzare per l'autonomia necessaria a raggiungere il teatro operativo.


Il Regno Unito dispiegò le portaerei Eagle, Albion e Bulwark, mentre la Francia fece stazionare la Arromanches e la La Fayette. In aggiunta le britanniche Ocean e Theseus funsero da trampolino di lancio per il primo assalto elitrasportato della storia. Regno Unito e Francia iniziarono a bombardare l'Egitto il 31 ottobre per costringerlo a riaprire il canale. Nasser rispose affondando tutte e 40 le navi presenti nel canale, chiudendolo in pratica fino all'inizio del 1957.


Il 5 novembre sul tardi, il terzo battaglione del Reggimento paracadutisti britannico si lanciò sul campo aereo di El Gamil, ripulendo l'area e stabilendo una base sicura per i rinforzi e gli aerei di appoggio in arrivo. Alle prime luci del 6 novembre i commando britannici (unità equivalenti a battaglioni) 42º e 40º della 3 Commando Brigade dei Royal Marines assalirono le spiagge con mezzi da sbarco della Seconda guerra mondiale. Le batterie delle navi da guerra in posizione al largo iniziarono a sparare, operando un buon fuoco di copertura agli sbarchi e causando danni considerevoli alle batterie egiziane. La città di Porto Said subì gravi danni e venne vista in fiamme.


Il 6 novembre 1956 ebbe luogo il primo attacco su larga scala anglo-francese, utilizzando elicotteri Bristol Sycamore e Westland Whirlwind che, decollati dalla Ocean e dalla Theseus, permisero, in soli 90 minuti, lo sbarco a Port Said di 425 uomini del 45° Commando e più di 20 tonnellate di attrezzature. Diversi elicotteri vennero colpiti dalle batterie sulle spiagge subendo perdite. I Royal Marines incontrarono una forte resistenza ma avanzarono verso l'interno. Il fuoco amico degli aerei britannici causò perdite al 45º Commando. Combattimenti di strada e casa per casa erano all'ordine del giorno. Una dura opposizione arrivò da postazioni di cecchini ben trincerati, che causarono diverse perdite, ma quelle egiziane furono molto ingenti.



Cessate il fuoco e ritiro |


L'operazione per prendere il canale ebbe molto successo dal punto di vista militare, ma si risolse in un totale disastro politico a causa della forte miopia dei suoi organizzatori britannici, francesi e israeliani. Oltre che impegnati nella crisi di Suez, gli Stati Uniti stavano trattando la quasi simultanea crisi ungherese, ed affrontarono l'imbarazzante situazione (in particolare agli occhi del Terzo mondo) di criticare l'intervento militare sovietico, tacendo al tempo stesso sulle azioni belliche dei suoi due principali alleati europei. Cosa forse più importante, gli Stati Uniti temevano anche un allargamento del conflitto dopo che l'URSS minacciò di intervenire a fianco dell'Egitto e lanciare attacchi con "tutti i tipi di moderne armi di distruzione" (seppur non l'abbiano mai dichiarato, era possibile che i sovietici intendessero un attacco nucleare) su Londra e Parigi.


Quindi l'amministrazione Eisenhower costrinse Regno Unito e Francia a un cessate il fuoco, anche se in precedenza aveva garantito agli alleati che non sarebbe stato richiesto alcun passo indietro. Parte della pressione che gli Stati Uniti esercitarono contro il Regno Unito fu finanziaria, poiché Eisenhower minacciasse di vendere le riserve statunitensi della sterlina, provocando così il crollo della valuta britannica. Ci fu anche una parte di scoraggiamento per via della critica da parte dei Primi ministri del Commonwealth, l'indiano Nehru, il canadese St. Laurent e l'australiano Menzies, in un periodo in cui il Regno Unito continuava a guardare al Commonwealth come a una entità ancora importante, in quanto residuo dell'Impero britannico, e come a un sostenitore certo degli sforzi britannici per restare una potenza planetaria.


Il governo britannico e la sterlina finirono entrambi sotto pressione. Eden fu costretto a dimettersi, e le forze d'invasione si ritirarono nel marzo 1957. Prima del ritiro, Lester Pearson, ministro degli Esteri canadese, si era presentato all'ONU suggerendo la creazione di una Forza di emergenza delle Nazioni Unite (UNEF) a Suez per "mantenere i confini in pace mentre si cercava un accordo politico". Le Nazioni Unite accettarono entusiasticamente e la forza venne inviata, allegerendo enormemente le condizioni dell'area. Lester Pearson venne premiato con il Nobel per la pace nel 1957 per i suoi sforzi. La forza di emergenza dell'ONU fu una creazione di Pearson, considerato il padre del moderno concetto di "peacekeeping".



Conseguenze |


Le dimissioni di Eden segnarono, almeno fino alla guerra delle Falkland, la fine del tentativo fatto dai britannici di stabilire, come scrive Scott Lucas, "che il Regno Unito non aveva bisogno dell'avallo di Washington per difendere i propri interessi". Comunque, Nigel Ashton sostiene "che la strategia britannica nella regione cambiò molto poco, alla luce dei fatti di Suez. Macmilla, successore di Eden, ebbe la stessa determinazione di Eden nel fermare Nasser" anche se fu più volenteroso nel cercare in futuro l'appoggio statunitense per questo scopo. In un certo senso, ciò segnò anche la fine simbolica dell'Impero britannico, anche se in realtà esso era in declino da decenni, anche prima della Seconda guerra mondiale. La crisi segnò anche il trasferimento del potere alle nuove superpotenze di Stati Uniti e Unione Sovietica.


L'incidente dimostrò anche la debolezza della NATO circa le consultazioni preliminari con gli alleati prima di usare la forza e la mancanza di pianificazione e cooperazione della NATO al di fuori del teatro europeo. Dal punto di vista del generale Charles de Gaulle, gli eventi di Suez dimostrarono che in caso di reale bisogno, la Francia non poteva fare affidamento sugli alleati, in particolare gli Stati Uniti, che potevano perseguire scopi differenti.


La crisi aumentò grandemente la posizione di Nasser all'interno del mondo arabo e aiutò a promuovere il panarabismo.[1] Essa velocizzò il processo di decolonizzazione, in quanto le restanti colonie di Francia e Regno Unito divennero indipendenti negli anni seguenti. In reazione alla guerra, il governo egiziano espulse quasi 25.000 ebrei egiziani confiscandone le proprietà, e ne mandò all'incirca altri 1.000 in prigione o in campi di detenzione.[2] D'altra parte Suez fu l'ultima occasione nella quale gli Stati Uniti dimostrarono un significativo scetticismo verso Israele e le sue politiche nei confronti dei vicini arabi, in seguito, particolarmente durante la presidenza di Lyndon B. Johnson, dimostrarono un completo (anche se non incondizionato) appoggio per Israele.


Dopo Suez, Aden e l'Iraq divennero le principali basi per i britannici nella regione. Per l'inizio del 1957 tutte le truppe israeliane si erano ritirate dal Sinai.



Note |




  1. ^ abcd La crisi di Suez, 60 anni fa, ilpost.it, 29 ottobre 2016. URL consultato il 30 ottobre 2016.


  2. ^ (EN) Jews in Islamic Countries: Egypt, jewishvirtuallibrary.org. URL consultato il 30 ottobre 2016.



Bibliografia |




  • Paolo Minganti, L'Egitto moderno, Firenze, Sansoni, 1959.


  • Erskine B. Childers, The Road To Suez, MacGibbon & Kee, 1962.. ISBN B000H47WG4

  • Panayiotis Vatikiotis, Nasser and His Generation, Londra, Croom Helm, 1978. ISBN 0-85664-433-1


  • Massimo Campanini, Storia dell'Egitto contemporaneo. Dalla rinascita ottocentesca a Mubarak, Roma, Edizioni Lavoro, 2005.



Voci correlate |



  • Rivolta di Poznań

  • Rivoluzione ungherese del 1956

  • Teoria del domino



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Collegamenti esterni |



  • Suez 1956 - La sfida dell'Egitto La Storia siamo noi






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