La sagra della primavera









































La Sagra della Primavera
Compositore Igor' Stravinskij
Tipo di composizione balletto
Epoca di composizione
Ustilug 1911-Clarens 1913
Prima esecuzione
Parigi, 29 maggio 1913, Théâtre des Champs-Élysées
Pubblicazione Édition Russe de Musique, Paris 1921
Dedica Nikolaj Roerich
Durata media 35 minuti
Organico vedi sezione
Movimenti
Parte I: L'adorazione della terra Parte II: Il sacrificio




Bozzetto, Nikolaj Roerich, 1913.


La sagra della primavera (titolo originale francese Le Sacre du printemps, in russo Весна священная) è un balletto con musica del compositore russo Igor' Fëdorovič Stravinskij. L'opera fu scritta fra il 1911 e il 1913 per la compagnia dei Balletti russi di Sergej Djagilev; la coreografia originale fu di Vaclav Nižinskij, le scene e i costumi di Nikolaj Konstantinovič Roerich. La prima rappresentazione, avvenuta a Parigi al Théâtre des Champs-Élysées il 29 maggio 1913, segnò un momento fondamentale non solo nella carriera del suo autore, ma anche per la storia del teatro musicale. L'innovazione straordinaria della musica, la coreografia e l'argomento stesso crearono un enorme scandalo e, nonostante le successive schermaglie fra ammiratori entusiasti e acerrimi denigratori, l'opera fu destinata a rimanere una pietra miliare nella letteratura musicale del XX secolo.


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«A Igor Stravinsky

...Ho sempre impresso nella memoria il ricordo di quando, a casa di Laloy, suonammo la vostra Sagra della Primavera...

Mi ossessiona come un magnifico incubo e cerco, invano, di rievocare quell'impressione terrificante.»


(Claude Debussy[1])



Indice






  • 1 Titolo


  • 2 Storia


    • 2.1 Genesi


    • 2.2 Composizione


    • 2.3 Realizzazione


      • 2.3.1 Scene e costumi


      • 2.3.2 Coreografia


      • 2.3.3 Direzione d'orchestra




    • 2.4 La battaglia del Sacre


    • 2.5 Le reazioni e il successo




  • 3 Argomento e struttura del balletto


    • 3.1 Parte I


    • 3.2 Parte II




  • 4 Altre coreografie


  • 5 Organico orchestrale


  • 6 Utilizzo nel media


  • 7 Edizioni musicali


  • 8 Note


  • 9 Bibliografia


  • 10 Altri progetti


  • 11 Collegamenti esterni





Titolo |





L'Eletta, bozzetto di Nikolaj Roerich.


Il titolo Le Sacre du printemps, in francese, non fu trovato subito da Stravinskij; inizialmente l'opera avrebbe dovuto chiamarsi Vesna svajačšennaia ovvero Printemps sacré. Col procedere del lavoro l'idea di una primavera rigeneratrice, quasi santa, e quella di una giovane "consacrata" al risveglio della natura si fusero e diedero origine al titolo definitivo, ideato da Léon Bakst, Le Sacre du printemps che in forma così contratta era comprensibile su vasta scala e utilizzabile in altre lingue[2]. Nella corrente traduzione italiana del titolo originale, la parola "sagra" (tradotta dal francese "sacre") non è quindi intesa nel significato generico di "festa paesana", ma in quello di "consacrazione"[3] che si riallaccia al termine arcaico sagrum derivante dal latino sacrum. L'opera ha come sottotitolo Quadri della Russia pagana in due parti che, preannunciando un'ambientazione arcaica, era di per sé già molto indicativo sull'argomento e la tipologia del lavoro.





La sagra della primavera, 1913.



Storia |



Genesi |


Il 6 febbraio 1909 Djagilev, ascoltando ai Concerti Siloti Feu d'artifice e lo Scherzo fantastique, dimostrò il suo fiuto infallibile nel capire la genialità di un giovane compositore. Stravinskij era allora praticamente sconosciuto e quando scrisse per i Balletti Russi L'uccello di fuoco nel 1910 e Petruška l'anno successivo, il mondo musicale scoprì la straordinaria innovazione che egli stava attuando. Nella primavera del 1910 il musicista, mentre era in procinto di terminare L'uccello di fuoco, ebbe una sorta di visione, di sogno a occhi aperti, come egli stesso narra: "un giorno, in modo assolutamente inatteso, perché il mio spirito era allora occupato in cose del tutto differenti, intravvidi nella mia immaginazione lo spettacolo di un grande rito sacro pagano: i vecchi saggi, seduti in cerchio, che osservano la danza fino alla morte di una giovinetta che essi sacrificano per rendersi propizio il dio della primavera."[4] Era così nata la prima idea de Le Sacre du printemps che, contrariamente a quanto generalmente si pensa, non fu musicale e strumentale, bensì plastica[2] e riguardava quella che diventerà poi la scena conclusiva del balletto, la Danse sacrale. Probabilmente questo spunto iniziale fu ambientato solo successivamente dall'autore su di uno sfondo primaverile, per suggerimento della semplice coincidenza tra la visione e l'epoca in cui essa si manifestò[2]. Da quanto detto da Stravinskij in seguito, però, si ricava l'impressione che fosse proprio il rinnovarsi della natura in questa stagione a fargli intravedere, in modo inconscio, l'immagine di questo rito propiziatorio pagano. Bisogna infatti ricordare che, per ammissione del musicista stesso, in Russia la cosa che da lui fu più amata fu "la violenta primavera...che sembrava cominciare in un'ora ed era come se la terra intera si spaccasse"[5], rivelando in tal modo quale turbamento provocasse in lui il risvegliarsi della natura. Eric Walter White osservò che il Sacre "rappresentò una vittoria importante di Strawinsky sulle inibizioni della sua deprimente infanzia"[6]; dopo anni di tentata rivolta, ottenne la liberazione con l'espressione artistica, trovando nell'immagine della primavera quella di una sorta di rinnovata libertà individuale. L'impressione avuta dal suo sogno fu tale che Stravinskij ne informò subito l'amico Nikolaj Roerich e successivamente Djagilev il quale intuì subito che da quell'idea si sarebbe potuto trarre un balletto fortemente suggestivo.



Composizione |


La nuova opera, che aveva il titolo provvisorio di Printemps sacré, non fu realizzata subito. Stravinskij, sebbene avesse già in mente il soggetto dell'opera, non aveva ancora nessuna idea musicale concreta e, poiché si rese ben presto conto che la stesura si presentava lunga e complessa[4], preferì dedicarsi a un lavoro più rilassante componendo una sorta di konzertstück che divenne a breve una delle prime pagine di Petruška. La scrittura di questo balletto lo assorbì totalmente e, solo dopo la fine della stagione a Parigi, egli ritornò in Russia nella sua proprietà di Ustyluh per dedicarsi alla composizione del Sacre. Nel luglio 1911 il musicista si recò presso Smolensk nella tenuta di campagna della Principessa Teniševa, grande protettrice delle arti, dove si incontrò con Nikolaj Roerich, amico della principessa oltre che del compositore, allo scopo sia di lavorare allo scenario del Sacre sia di vedere la collezione di arte etnica russa possibile spunto creativo per il nuovo lavoro. Dopo pochi giorni il piano dell'opera e delle danze erano pronti e Roerich disegnò alcuni costumi ispirandosi a quelli della collezione[7]Ritornato a Ustyluh, nel corso dell'estate del 1911, il musicista trovò la prima vera idea musicale della sua opera: l'accordo martellato ripetuto che viene subito dopo il preludio iniziale[2] degli Augures printaniers.



 { new PianoStaff << new Staff relative c' { set Staff.midiInstrument = #"violin" clef treble key ees major time 2/4 tempo "Tempo giusto" 2 = 50 <ees des bes g>8fdownbow[ <ees des bes g>downbow <ees des bes g>downbow <ees des bes g>downbow] } new Staff relative c { set Staff.midiInstrument = #"cello" clef bass key ees major time 2/4 <fes ces aes fes>8downbow[ <fes ces aes fes>downbow <fes ces aes fes>downbow <fes ces aes fes>downbow] } >> }


Rientrato in Svizzera nell'autunno, il musicista si stabilì con la famiglia a Clarens in una piccola pensione, Les Tilleuls; qui, in una minuscola stanza dove stavano a malapena un pianoforte verticale, un tavolo e due sedie, Stravinskij, fino alla primavera del 1912, compose quasi tutto il Sacre[2], iniziando dagli Augures printaniers e scrivendo successivamente il Preludio che nelle sue intenzioni doveva "rappresentare il risveglio della natura, lo stridere, il rosicchiare, il dimenarsi di uccelli e bestie"[7]. Il lavoro procedeva speditamente e tutte le danze della seconda parte furono scritte esattamente nell'ordine poi dato nella partitura; tutto il Sacre fu terminato "in uno stato di esaltazione e di spossatezza"[7] all'inizio del 1912: Successivamente Stravinskij concluse l'ultima parte della strumentazione non ancora fatta, soltanto la Danse sacrale gli diede dei problemi per la realizzazione e infatti fu terminata in forma definitiva solo verso il 17 novembre, giorno ben ricordato dal compositore che scrisse: "avevo un terribile mal di denti che andai poi a farmi curare a Vevey"[7]. Egli realizzò quindi una trascrizione del balletto per due pianoforti che intendeva far ascoltare a Debussy, musicista che frequentava spesso e che gli dimostrava una simpatia sincera apprezzandone la musica con giudizi misurati e di grande acutezza; Stravinskij suonò la sua trascrizione a Parigi, a casa del critico musicale Louis Laloy, con Debussy che leggeva agevolmente a prima vista una partitura non facile.


Alla fine del mese di gennaio 1913 Stravinskij raggiunse Djagilev a Berlino dove si esibivano, in tournée, i Balletti Russi, sperando che l'impresario allestisse il Sacre nella stagione in corso, ma quando capì che non vi era nessuna possibilità, ne rimase profondamente deluso. Quasi per consolarlo, Djagilev lo invitò a seguirlo nella tournée del Balletti Russi a Budapest, Londra e Venezia, città che Stravinskij non conosceva e che diverranno per lui molto care. Quando ritornò in Svizzera egli lasciò la sua residenza di Les Tilleuls per un'altra casa, sempre a Clarens, Le Châtelard, dove si dedicò alla composizione delle Tre poesie della lirica giapponese. In seguito, insieme a Maurice Ravel, procedette a una nuova strumentazione di alcune parti della Chovanščina di Musorgskij poiché Djagilev aveva intenzione di abbinarla alla futura rappresentazione del Sacre[2]. Il procrastinarsi della realizzazione scenica dell'opera era dovuto soprattutto al fatto che Djagilev voleva a tutti i costi come coreografo Nižinskij; il ballerino, impegnato anche nella realizzazione del Prélude à l'après-midi d'un faune di Debussy, era non solo oberato di lavoro, ma anche alla sua prima esperienza come coreografo, pretese perciò un numero spropositato di prove, rimandando di fatto la rappresentazione del Sacre all'anno successivo[4].



Realizzazione |



Scene e costumi |


Stravinskij scelse di affidare le scene e i costumi del Sacre a Nikolaj Roerich, in accordo con Djagilev, perché, memore delle scenografie da lui realizzate per Il principe Igor', sapeva che avrebbe fatto un buon lavoro senza esagerazioni o stravaganze[8], tanto più che Roerich era profondo conoscitore del paganesimo e della preistoria russa. Il pittore trasse una notevole ispirazione per i suoi costumi dalla collezione di arte etnica russa della Principessa Teniševa realizzando dei bozzetti credibili e corretti da un punto di vista storico. Egli consultò inoltre le opere e gli studi di Aleksandr Nikolaevič Afanas'ev scrittore esperto in arte folclorica russa contadina e del paganesimo antico[9]. Anche se i costumi "furono trovati scenicamente soddisfacenti" [10] i ballerini dagli strani copricapi a punta e le ballerine dalle lunghe trecce, così infagottati nei larghi costumi, dovettero sorprendere non poco alla loro apparizione sulla scena. La scenografia immaginata dal pittore comprendeva, come disse Stravinskij "un fondale di steppe e cielo, i luoghi dell'Hic sunt leones immaginati dai vecchi cartografi", inoltre la "fila di dodici ragazze bionde e dalle spalle quadrate sullo sfondo di questo paesaggio ne fece un quadro di grande efficacia" [11]; in effetti i fondali, con i loro colori crudi, nettamente definiti, erano appropriati al carattere della partitura. Blanche così descrive la realizzazione di Roerich: "Dès le lever du rideau, le décor, de Roerich, nous a placés dans une atmosphère cézanesque. Des verts tendres, mais crus, de lourdes taches roses, une simplification radicale des lignes et des tons...Bretagne? Tahiti? Où étions nous? Mais quelle richesse des coloris, quelle joie pour nos yeux, où quelle douleur, selon nos habitudes et nos goûts!" (All'alzarsi del sipario, la scena, di Roerich, ci ha portato in un'atmosfera alla Cézanne. Dei verdi teneri, ma crudi, delle pesanti macchie rosa, una semplificazione radicale delle linee e dei toni...Bretagna? Tahiti? Dove eravamo? Ma quale ricchezza di colorito, quale gioia per gli occhi, o quale dolore secondo le nostre abitudini e i nostri gusti!)[12]



Coreografia |


Se la collaborazione con Roerich non creò alcun problema a Stravinskij, ben diversa fu quella con Nižinskij. Djagilev, che ammirava oltremodo le sue doti di ballerino, aveva deciso di farlo diventare coreografo, tanto più che Mikhail Fokine, che aveva già realizzato L'uccello di fuoco e Petruška, era impegnato con la messa in opera di altri balletti (Daphnis et Chloé di Ravel e Le Dieu bleu di Reynaldo Hahn). All'epoca Nižinskij stava terminando la sua prima realizzazione coreografica sulla musica del Prélude à l'après-midi d'un faune di Debussy, lavoro che lo impegnò mentalmente e fisicamente al punto di dover rimandare di un anno la creazione del Sacre. Stravinskij era sinceramente turbato all'idea di dover lavorare con Nižinskij; nonostante lo ammirasse come notevole danzatore, egli sapeva benissimo che il giovane era totalmente a digiuno di nozioni musicali, non conosceva la musica né sapeva suonare alcuno strumento. Il compositore tentò di insegnargli i minimi rudimenti in merito, ma il ballerino recepiva con immensa fatica le nozioni. La collaborazione era difficoltosa e il lavoro procedeva con lentezza, tanto più che Nižinskij continuava a complicare tutto caricando i passi di danza rendendoli difficoltosi; pretese poi un numero spropositato di prove mostrandosi presuntuoso e intrattabile, forte dell'appoggio di Djagilev[4].


Il nuovo tipo di danza che, nelle intenzioni di Stravinskij, doveva essere il Sacre, faceva immaginare che alla potenza della musica e alla sua pesantezza di ritmo si sarebbe affiancata una realizzazione scenica in cui "dei corpi ammassati, scossi, proiettati in balia dei ritmi, avrebbero costruito uno spettacolo completo di per se stessi, libero da ogni appoggio letterario"[2]. La musica da una parte, la realizzazione coreografica dall'altra, dovevano perciò essere "due sistemi ritmici...seguenti ciascuno, secondo i propri mezzi, un oggetto finito e distinto."[2] Una tale concezione lasciava perciò una grande libertà d'azione al coreografo. Il carattere di Nižinskij era impulsivo e spontaneo, ma non bisogna dimenticare che il Sacre è sì un'opera istintiva, ma è anche molto razionale, tutto in essa è stato calcolato da Stravinskij; perciò, se per i suoi doni naturali il danzatore era in sintonia perfetta col Sacre istintivo e drammatico, non si può dire altrettanto per ciò che riguarda il rapporto danza-musica, per il tempo, il ritmo e per i valori musicali che egli ignorava. Nella sua coreografia egli si mostrava veramente ossessionato dal ritmo stravinskiano, tanto che i ballerini erano come pervasi da scosse elettriche[13]. La sua realizzazione drammatica ed emotiva si basava essenzialmente su nuove posizioni, sull'uso della gestualità delle mani, su figure plastiche non convenzionali: braccia rovesciate, piedi voltati verso l'interno, espressioni di terrore e numerosi salti; il tutto rendeva i movimenti spigolosi e meccanici[14] tanto da far dire a un critico che si trattava di esercizi ginnici piuttosto che coreografici[12]. Realizzazione quella di Nižinskij ben lontana dalla danza accademica; essa aveva rivelato tuttavia notevoli intuizioni e innovazioni che oggi sarebbero normalmente accettate, ma che al pubblico del 1913 dovettero sembrare sgraziate e ridicole.


L'interprete principale, nel ruolo della fanciulla vittima del sacrificio, avrebbe dovuto essere Bronislava Nižinskaja, sorella di Vaclav, ma poiché durante il periodo delle prove era incinta, la parte venne affidata a Maria Piltz.



Direzione d'orchestra |


Stravinskij ottenne da Djagilev la possibilità di utilizzare un organico orchestrale di dimensioni grandiose, ben 99 esecutori che in gran numero facevano parte de l'Orchestre Colonne di Parigi. La direzione fu affidata a Pierre Monteux che aveva già diretto la prima di Petruška nel 1911. Nonostante la sua reazione, non certo favorevole, avuta all'ascolto in anteprima del Sacre nella versione per pianoforte, Monteux accettò di dirigere il balletto, grazie soprattutto all'insistenza di Djagilev; egli richiese ben sedici prove complete a causa della complessità della partitura. Secondo Stravinskij "l'esecuzione musicale non fu cattiva"[8], Monteux dimostrò infatti ancora una volta la sua coscienziosa professionalità anche se non amò mai questa composizione e pensò addirittura che contenesse errori, non comprendendo le inconsuete combinazioni sonore ideate da Stravinskij.



La battaglia del Sacre |


Quello che accadde la sera del 29 maggio 1913[15] al Théâtre des Champs-Élysées, Avenue Montaigne a Parigi, è rimasto registrato come il più grande scandalo della storia della musica. Il teatro parigino era di recente realizzazione, infatti era stato fatto costruire da Gabriel Astruc, giornalista e impresario, e inaugurato il 2 aprile 1913 con un concerto di musica francese. Il pubblico parigino sperava di poter ascoltare della nuova musica e di assistere a spettacoli innovativi[12]. Il manager aveva deciso perciò di portare sulle scene del suo teatro i Balletti Russi e, fra altri brani già noti, puntava, per la nuova stagione, su due opere prime: Le Sacre du Printemps e Jeux di Debussy. Il progamma per la sera del 29 maggio comprendeva, oltre a Le Sacre, le Danze polovesiane da Il principe Igor di Borodin , Les Sylphides, Le Spectre de la rose di Weber. L'incasso per i biglietti venduti per questa serata ammontò a 38.000 franchi[16]. La prima generale si svolse in grande tranquillità alla presenza di un certo numero di artisti, tra cui Ravel e Debussy, di intellettuali e di membri della stampa parigina, anche se alcune voci di corridoio e notizie trapelate sull'argomento brutale del balletto facevano già presagire il peggio[17].


Il programma della serata iniziava con Les Sylphides su musiche di Chopin, balletto a cui Stravinskij aveva collaborato orchestrandone due brani; interpreti principali erano Nižinskij e Tamara Karsavina. La seconda opera era Le Sacre. Già dall'introduzione, alle prime note acute del fagotto, si sollevarono mormorii che diventarono presto risate e battute; all'inizio erano solo casi isolati, ma, all'alzarsi del sipario con Gli auguri primaverili, si propagarono a gran parte del pubblico; per reazione un'altra parte dei presenti, di opinione contraria, si espresse con urla e insulti creando in poco tempo un baccano infernale. Le due fazioni di fatto del pubblico teatrale parigino, gli agiati benpensanti legati alla tradizione e alla bella musica, e le avanguardie amanti delle novità a tutti i costi, trovarono terreno fertile al sollevarsi dei primi dissapori. Stravinskij così ricorda:"Lasciai il mio posto non appena iniziarono i rumori pesanti...e andai nel retroscena dove mi misi alle spalle di Nižinskij che, seduto su una sedia dietro le quinte di destra, appena invisibile al pubblico, gridava dei numeri ai danzatori"[8]. Ovviamente "i poveri ballerini non sentivano niente a causa del tumulto della sala e del loro calpestio. Io ero costretto a tenere per il vestito Nižinskij, fuori de sé dalla rabbia, e in procinto di balzare in scena, da un momento all'altro, per fare uno scandalo. Djagilev, per far cessare il fracasso, dava ordine agli elettricisti, ora di accendere, ora di spegnere la luce nella sala."[4]


Monteux rimase fermo al suo posto e diresse l'orchestra senza mai interrompere. Ricorda Stravinskij: "the image of Monteux's back is more vivid in my mind today than the picture of the stage. He stood there apparently impervious and nerveless as a crocodile. It is still incredible to me that he actually brought the orchestra through to the end" (l'immagine del dorso di Monteux è oggi più vivida nella mia mente di quella dello stesso palcoscenico. Egli si ergeva manifestamente impervio e snervato come un coccodrillo. Mi pare ancora quasi incredibile che abbia potuto effettivamente trascinare l'orchestra sino alla fine).[8] Il chiasso durò fino a metà della seconda parte, quando andò scemando; la finale Danza sacrificale dell'Eletta si svolse in una calma accettabile. I danzatori e il direttore d'orchestra furono chiamati più volte sul palco.


Al termine della rappresentazione Stravinskij, con Djagilev e Nižinskij, si recò al ristorante e in seguito raccontò di come fossero tutti e tre "eccitati, adirati, disgustati e...felici"[8]. L'unico commento di Djagilev fu "Esattamente quello che volevo"[8] da cui trapelava una notevole soddisfazione; egli aveva infatti capito subito le grandi prospettive pubblicitarie nate dall'esito della serata. Stravinskij confuta quindi l'aneddoto di Jean Cocteau secondo cui lo scrittore si sarebbe recato in taxi con il musicista, Djagilev e Nižinskij al Bois de Boulogne dove l'impresario, piangendo, avrebbe recitato versi tratti dalle poesie di Puškin[18]. Come il compositore stesso ha detto[7] nulla gli aveva fatto presagire un simile scandalo. Gli altri musicisti, che avevano già ascoltato la musica durante le prove, non avevano fatto commenti in tal senso. Debussy si era già dimostrato entusiasta della nuova opera e delle sue innovazioni e, all'uscita dal teatro, così si espresse: "C'est une musique nègre". Ai primi dissensi Stravinskij si infuriò molto, non riuscendo a comprendere come il pubblico potesse reagire negativamemente dopo aver ascoltato solo poche battute; l'impressione che egli ebbe in seguito fu che la coreografia di Nižinskij fosse stata la causa principale delle controversie essendo stata creata, secondo lui, con incoscienza; invece di essere una realizzazione plastica semplice e naturale, derivante dalle esigenze della musica, risultò solo "un penosissimo sforzo senza risultato" [19].



Le reazioni e il successo |


Alla prima seguirono cinque repliche, sempre al Théâtre des Champs-Élysées; Stravinskij però non poté assistere a nessuna di queste rappresentazioni poiché si ammalò di una febbre tifoide che lo costrinse a letto per sei settimane[20]. Le repliche si svolsero comunque in una calma relativa, senza più gli scontri della prima. Il musicista non poté nemmeno seguire la compagnia di Djagilev a Londra dove vi furono altre quattro rappresentazioni al Theatre Royal Drury Lane.


Come quelle del pubblico, anche le reazioni della critica e della stampa si divisero in due fazioni opposte; gli uni consideravano la nuova composizione come la negazione vera e propria della parola musica, gli altri vi vedevano l'alba di una nuova era musicale[21]. Henri Quittard, musicologo e critico de Le Figaro, definì Le Sacre "una puerile barbarie"[22]. Cyril C.Beaumont, storico e critico della danza, ritenne che i movimenti dei ballerini fossero lenti e grossolani, in totale opposizione alle tradizioni della danza classica[23]. Gustave Linor, critico della rivista teatrale Comoedia, ritenne invece la rappresentazione superba, esaltando soprattutto l'interpretazione di Maria Piltz nel ruolo dell'Eletta[24]. Gaston de Pawlowski, sempre su Comoedia, sottolineò la stupidità della cosiddetta élite parigina nel boicottare un'opera veramente nuova e ardita[25].


Molti fra il pubblico furono gli ospiti illustri; Debussy, molto vicino a Stravinskij lo sostenne strenuamente; Maurice Ravel[26] se ne uscì urlando Genio![27]. Gabriele D'Annunzio da un palco si scagliò contro coloro che si prendevano gioco del lavoro, appoggiato subito da Alfredo Casella, così come testimonia Gian Francesco Malipiero[28]. Cocteau disse "Le Sacre est encore une oeuvre fauve une oeuvre fauve organisée"[29] rimarcando, come Debussy, l'esotismo selvaggio della musica. Nessuno però all'epoca cercò di esaminare la partitura per capire da dove derivasse quella novità così esplosiva; i più riuscirono solo a sottolineare il ritmo ossessivo, il grande uso delle dissonanze e la strumentazione particolare basata essenzialmente sui fiati[30].


Dopo l'ultima rappresentazione londinese alcuni fatti fecero sì che Le Sacre venisse momentaneamente accantonato. Nižinskij il 19 settembre 1913 sposò l'aristocratica ungherese Romola Pulszky, attrice e ballerina, durante una tournée dei Ballets Russes in Sud America. Djagilev, che aveva la fobia per i viaggi transoceanici, non era presente e, appena ebbe la notizia, si infuriò e licenziò Nižinskij; rimanendo senza coreografo egli pensò di richiamere Mikhail Fokine con cui aveva già collaborato per L'uccello di fuoco e Petruška, ma il coreografo pose come condizione assoluta il suo rifiuto a lavorare su qualsiasi realizzazione di Nižinskij.Il 5 aprile del 1914 Le Sacre venne eseguito per la prima volta in forma di concerto, insieme a Petruška, al Casino de Paris, ancora con la direzione di Pierre Monteux. In una sala gremita la composizione di Stravinskij ebbe finalmente la sua rivincita. Ricorda il musicista: "Il pubblico, che non era più distratto dallo spettacolo, ascoltò il mio lavoro con attenzione concentrata e lo applaudì con un entusiasmo del quale fui molto commosso e che ero ben lontano dall'aspettarmi. Alcuni critici, che avevano biasimato in precedenza il Sacre, confessarono francamente il loro errore. È evidente che tale conquista del pubblico mi diede allora una soddisfazione profonda e duratura."[31]. Un gran numero di persone invase il palcoscenico, Stravinskij fu issato sulle spalle di un ammiratore e portato in trionfo fino a Place de la Trinité[7].



Argomento e struttura del balletto |


Le Sacre du printemps non ha un intreccio vero e proprio; il sottotitolo stesso Quadri della Russia pagana indica il susseguirsi di scene di ambientazione arcaica senza dare l'idea di una possibile trama. Nicholas Roerich così parlava delle
sue intenzioni: "Nel balletto Le sacre du printemps...il mio scopo è presentare un certo numero di scene che manifestano la gioia terrena e il trionfo celestiale secondo la sensibilità degli slavi."[32]. Il programma di sala che lessero gli spettatori del 29 maggio 1913 era anch'esso molto schematico[33]:


Quadro primo Primavera. La terra è ricoperta di fiori. La terra è ricoperta di erba. Una grande gioia regna sulla terra. Gli uomini si abbandonano alla danza e, secondo il rituale, interrogano l'avvenire. L'avo di tutti i saggi prende personalmente parte alla glorificazione della Primavera. Viene guidato a unirsi alla terra rigogliosa e orgogliosa. Tutti danzano come in estasi.


Quadro secondo Trascorso è il giorno, trascorsa la mezzanotte. Sulle colline stanno le pietre consacrate. Gli adolescenti compiono i loro mitici giochi e cercano la grande via. Si rende gloria e si acclama Colei che fu designata per essere accompagnata agli Dei. Si chiamano gli avi venerabili a testimoni. E i saggi antenati degli uomini completano il sacrificio. Così si sacrifica a Jarilo, il magnifico, il fiammeggiante.


Personaggi: le Adolescenti, le Donne, una Vecchia di 300 anni, un Vecchio Saggio, gli Anziani, cinque Giovani, sei Adolescenti, cinque Uomini Giovani, la Vergine Eletta, gli Antenati degli Uomini.




Così è la struttura del balletto, in due parti, secondo partitura:



Parte I |




Costume di Nikolaj Roerich


L'adorazione della Terra


 relative c'' { clef treble numericTimeSignature time 4/4 tempo "Lento" 4 = 50 stemDown c4fermata(_"solo ad lib." grace { b16[( c] } b g e b' times 2/3 { a8)fermata } }



  1. Introduzione (Lento - Più mosso - Tempo I)

  2. Gli auguri primaverili – danze delle adolescenti (Tempo giusto)

  3. Gioco del rapimento (Presto)

  4. Danze primaverili (Tranquillo - Sostenuto e pesante - Vivo- Tempo I)

  5. Gioco delle tribù rivali (Molto allegro)

  6. Corteo del saggio

  7. Il Saggio (Lento)

  8. Danza della terra (Prestissimo)



Parte II |


Il sacrificio


 relative c'''' { clef treble numericTimeSignature time 4/4 tempo "Largo" 4 = 48 a4~flageolet( a8flageolet gflageolet) a4(flageolet e8flageolet dflageolet) | time 2/4 g4(flageolet e)flageolet }



  1. Introduzione (Largo)

  2. Cerchi misteriosi delle adolescenti (Andante con moto - Più mosso - Tempo I)

  3. Glorificazione dell'Eletta (Vivo)

  4. Evocazione degli antenati

  5. Azione rituale degli antenati (Lento)

  6. Danza sacrificale (l'Eletta) (♩ = 126)



Altre coreografie |


Dopo le prime rappresentazioni del 1913 la coreografia di Nižinskij venne accantonata; anche quando Djagilev tentò il riavvicinamento al coreografo nel 1914, lo scoppio della Prima guerra mondiale creò ulteriori problemi. Nižinskij infatti fu arrestato in Ungheria e internato in quanto cittadino russo; d'altra parte la sua salute stava lentamente deteriorandosi e anche quando Djagilev riuscì a farlo rilasciare, i problemi mentali, da cui il grande ballerino era afflitto, gli impedirono di realizzare ancora dei lavori di rilievo.


I tentativi di coreografia de Le Sacre, dal 1913 ad oggi, sono stati molti e non tutti certamente riusciti; la motivazione sta soprattutto nel fatto che la complessità della musica e le notevoli difficoltà delle innovazioni ritmiche rendono ardua la realizzazione scenica. Dall'altro lato la concezione musicale de Le Sacre di printemps, lasciando una grande libertà d'azione al coreografo, fece sì che "nessuna versione coreografica poteva imporsi al punto da impedire ad un'altra di esserle sostituita senza danno"[2].


Quando nel 1920 Djagilev decise di riprendere Le Sacre con i Balletti Russi, ormai nessuno ricordava più la coreografia creata da Nižinskij; l'impresario aveva già ingaggiato in precedenza Leonide Massine per realizzare il Pulcinella di Stravinskij e decise di affidargli anche il rifacimento de Le Sacre con una nuova coreografia. Il lavoro di Massine non si discosta sostanzialmente da quella che era l'idea originale, senza dubbio ha però meno personalità di quello di Nižinskij e introduce meno novità[34]; l'unico elemento veramente nuovo che lo caratterizza è quello della pesantezza, in contrapposizione agli aspetti aerei delle numerose elevazioni che si ritrovano nei balletti di Nižinskij. In questa nuova versione le ballerine non sembrano più immateriali nelle evoluzioni e nei sollevamenti, ma diventano inerti e pesanti, tanto che nella danza finale il corpo dell'Eletta sembra essere scolpito nella pietra[35]. Massine mantenne Roerich come scenografo e costumista mentre la parte dell'Eletta fu affidata a Lydia Sokolova. Poiché Djagilev all'epoca attraversava un momento di difficoltà economica, l'aiuto di amici permise di mettere in scena questa nuova versione; Coco Chanel aiutò finanziariamente e fece anche realizzare i costumi nella sua sartoria[4]. La prima rappresentazione avvenne sempre al Théâtre des Champs-Élysées il 15 dicembre 1920 con la direzione orchestrale di Ernest Ansermet. L'anno dopo, il 21 giugno 1921, la nuova versione venne rappresentata anche a Londra al Prince of Wales Theatre. Secondo Stravinskij musica e danza avevano qui più coordinazione rispetto alla versione di Nižinskij, ma il lavoro di Massine non piacque molto al musicista che lo trovava troppo ginnico[7] pur riconoscendo che la plasticità delle figure si accordava con la musica in modo mirabile. Questa stessa coreografia fu poi affidata alla compagnia di Martha Graham che la propose a Filadelfia con la direzione orchestrale di Leopold Stokowski l'11 aprile 1930.
Massine, continuando la collaborazione con Roerich, creò un'ulteriore realizzazione per la compagnia di ballo del Teatro alla Scala di Milano che la rappresentò il 24 aprile 1948 con la direzione orchestrale di Nino Sanzogno, Luciana Novaro nel ruolo dell'Eletta e Ermanno Savaré in quello del Vecchio Saggio. La prima italiana de Le Sacre era però già avvenuta il 24 marzo 1941 al Teatro dell'Opera di Roma con la creazione di Aurel Milloss, scene e costumi di Nicola Benois e direzione di Tullio Serafin. Milloss cercò di adattare la sua coreografia il più possibile alle indicazioni che Stravinskij aveva dato del suo lavoro, realizzando "una serie di movimenti ritmici di estrema semplicità, eseguiti da compatti blocchi umani"[36]. Nel 1957 la coreografa tedesca Mary Wigman mise in scena a Berlino una nuova versione puntando su significati erotici del sacrificio della vergine Eletta che diventa quasi un essere inerte, un oggetto in balia dell'elemento maschile; i danzatori la circondano e la lanciano l'uno all'altro come un fantoccio.


L'8 dicembre 1959 Maurice Béjart realizzò la sua versione de Le Sacre du Printemps al Théâtre de la Monnaie col Ballet du XXe siècle di Bruxelles. Protagonisti furono Duska Sifnios, sostituita poi da Tania Bari, e Germinal Casado; i costumi erano di Pierre Caille. Béjart modificò l'originale concezione del balletto e al sacrificio dell'Eletta sostituì l'unione fisica di una Eletta e di un Eletto a simboleggiare la continuità della vita vista nell'esplosione della primavera. Su di un palcoscenico totalmente spoglio, privo di scenografia, i danzatori, in semplice calzamaglia, si muovono, a volte in fila, a volte in gruppi. La danza di Béjart è fatta di movimenti ampi, di larghe aperture delle braccia e delle mani, di flessioni e salti. L'espressività dei volti è sempre accentuata a sottolineare una paura primordiale; ogni movimento sembra scaturire in maniera spontanea. Il coreografo volle che la sua danza fosse semplice e forte e la realizzò separando in blocchi uomini e donne, blocchi che si scontrano con una forza primitiva che erompe con vigore, ma che sono anche pervasi da un terrore primordiale di fronte al risvegliarsi della vita. Si può dire che qui, a un rituale che necessita della morte per ritrovare il mistero della rinascita, si sostituisce un atto d'amore, un'unione di due esseri che sta a simboleggiare la forza della vita e assurge a un significato universale, al di là di ogni confine e cultura. Le Sacre di Béjart è infatti spogliato da ogni aspetto pittoresco o folclorico, non vi è alcun accenno alla Russia arcaica. Ogni movimento aderisce alla formidabile pulsazione ritmica della musica e le composizioni di massa riflettono la forza e il vigore della partitura.


Le Sacre di Maurice Béjart è stato giudicato da Balanchine come la migliore realizzazione coreografica del balletto di Stravinskij[37]


L'8 maggio 1962 Kenneth MacMillan presentò al Covent Garden una sua versione del balletto con la produzione del Royal Ballet di Londra e la collaborazione del pittore Sidney Nolan; il ruolo dell'Eletta fu affidato alla giovanissima Monica Mason. La prima rappresentazione de Le Sacre in Unione Sovietica avvenne nel 1965 a Mosca con il Balletto Bol'šoj in una versione realizzata da Natalia Kasatkina e Vladimir Vasiliev. Nel 1972 John Neumeier rielaborò Le Sacre in una versione primitiva che prevede la liberatoria fuga finale della vergine Eletta. Un'altra versione fu quella del coreografo John Taras che mise in scena il balletto alla Scala di Milano il 9 dicembre 1972 con protagonista Natalia Makarova e con scene e costumi di Marino Marini. Il coreografo statunitense Glen Tetley il 17 aprile 1974 all' Opera di Monaco riprese il tema del sacrificio che porta a una rinascita primaverile dell'umanità, sostituendo all'Eletta un Eletto. La stessa versione di Tetley venne replicata l'anno successivo a New York con interpreti Martine van Hamel e Mikhail Baryshnikov. Il 3 dicembre 1975 al Teatro dell'Opera di Wuppertal la coreografa tedesca Pina Bausch creò una versione de Le Sacre che rispetta la concezione originaria del balletto, anche se elimina qualsiasi aspetto folclorico e di riferimento alla Russia pagana. La sua è una visione altamente drammatica che si svolge su di un palcoscenico ricoperto di terra per ricordare il legame diretto con la natura. Il simbolo del sacrificio è un vestito rosso che passa prima di mano in mano tra le ballerine per poi finire indossato dall'Eletta. La danza finale assume aspetti di grande intensità; l'Eletta, nel suo assolo, è in preda al panico ed è scossa da sussulti violenti tanto da sembrare posseduta. Martha Graham, che era stata protagonista de Le Sacre di Massine nella ripresa di Filadelphia del 1930, creò il suo Sacre come coreografa all'età di 90 anni nel 1984. L'idea è sostanzialmente quella originale; l'Eletta però diventa una vera vittima sacrificale e viene legata con una fune da uno sciamano che si sostituisce al vecchio saggio della versione iniziale. Nel 2001 Angelin Preljocaj nella sua versione de Le Sacre ritrova gli aspetti intensi e drammatici di un rito ancestrale violento.


Dal 1979 gli esperti di danza Millicent Hodson e Kenneth Archer si impegnarono a ricostruire la coreografia originale di Nižinskij avvalendosi di ogni fonte possibile, da disegni e fotografie dell'epoca, da appunti e da ricordi di ballerini e del personale dei Balletti russi ancora in vita, ma soprattutto dall'esperienza di Marie Rambert che era stata assistente di scena di Nižinskij nel 1913. Questa ricostruzione, durata otto anni, venne rappresentata dal Joffrey Ballet a Los Angeles il 30 settembre 1987 mantenendo anche le scene e i costumi originali. Questa stessa versione ricostruita venne in seguito ripresa dal corpo di ballo del Teatro Marinskij di San Pietroburgo nel 2003 e riproposta ancora, nel centenario della prima rappresentazione, il 29 maggio 2013 al Théâtre des Champs-Élysées con la direzione di Valery Gergiev.



Organico orchestrale |





Bozzetto di scenografia, Roerich, 1912.




  • ottavino, 3 flauti (III anche ottavino II), flauto contralto in Sol, 4 oboi (IV anche corno inglese II), corno inglese, clarinetto piccolo in Re (anche in Mi♭), 3 clarinetti in Si♭ e in La (III anche clarinetto basso II), clarinetto basso in Si♭, 4 fagotti (IV anche controfagotto II), controfagotto

  • 8 corni in Fa (VII e VIII anche 2 tube tenori in Si♭), tromba piccola in Re, 4 trombe in Do (IV anche tromba bassa in Mi♭), 3 tromboni, 2 tube basse


  • timpani (2 esecutori con piccolo timpano), grancassa, tam-tam piatti, triangolo, tamburello, güiro, crotales in La♭ e Si♭


  • archi, normale quintetto orchestrale: 12 violini primi, 10 secondi, 8 viole, 6 violoncelli e almeno 4 contrabbassi. Sebbene acusticamete surclassati dai più fragorosi strumenti a fiato e percussioni, gli archi hanno i loro momenti importanti: innanzitutto negli "auguri primaverili", in cui bassi e celli danno vita a quello che è il più noto tema della composizione. L'intera introduzione della seconda parte offre invece temi lirici da parte degli archi, "disturbati" da interventi via via più inquietanti da parte dei fiati.



Utilizzo nel media |


Naturalmente, la forza esplosiva della Sagra è stata assimilata nelle attuali forme musicali e il suo ascolto è ora molto più facile e accettato, tant'è che solo 27 anni dopo (1940) fu inserito nel film disneyano Fantasia per illustrare l'evoluzione degli esseri viventi quando la Terra aveva circa un miliardo di anni, dall'esplosione dei vulcani ai dinosauri.



Edizioni musicali |



  • Prima edizione, Le Sacre du printemps, Édition Russe de Musique, Paris, 1921


  • The Rite of Spring, Full Orchestral Score, Boosey & Hawkes, London, 1967


  • The Rite of Spring, spartito trascritto per pianoforte solo da Vladimir Leyetchkiss, G. Schirmer, 1985, E-3493, HL 50490000



Note |




  1. ^ Louis Laloy racconta di questa esecuzione a quattro mani fatta da Debussy e Stravinsky nel suo giardino il 9 giugno 1912: " Rimanemmo tutti ammutoliti, atterriti come dopo un uragano venuto dal fondo dei secoli". Lettera di Claude Debussy dell'8 novembre 1912 riportata nei Colloqui con Stravinsky di Igor Stravinskij e Robert Craft, citato anche in: "I bemolle sono blu lettere 1884- 1918" di Claude Debussy a pag. 173


  2. ^ abcdefghi André Schaeffner, Storia e significato del "Sacre du Printemps" di Strawinsky ne: La Rassegna Musicale, 1929 n.7.


  3. ^ Vocabolario Treccani, voce Sagra


  4. ^ abcdef Igor Stravinskij, Chroniques de ma vie, Parigi 1935 Édition Danoël, (trad. italiana di Alberto Mantelli, Feltrinelli, Milano, 1979).


  5. ^ Igor Stravinskij - Robert Craft, Memories and commentaries, London, Faber & Faber, 1959.


  6. ^ Eric Walter White, Strawinsky, the composer and his works, London, Faber & Faber, 1966.


  7. ^ abcdefg Igor Stravinskij - Robert Craft, Expositions and Developments, London, Faber & Faber, 1962.


  8. ^ abcdef Igor Stravinskij - Robert Craft, Conversations with Igor Stravinsky, London, Faber & Faber, 1959.


  9. ^ Pieter Van den Toorn, Stravinsky and the Rite of Spring: The Beginnings of a Musical Language, Los Angeles, University of California Press, 1987.


  10. ^ Igor Stravinskij - Robert Craft, op. citata.


  11. ^ Igor Stravinskij - Robert Craft, op. citata.


  12. ^ abc Jacques E. Blanche, Un bilan artistique de 1913. Les Russes. Le Sacre du printemps. in La Revue de Paris, 1913, 1 dicembre.


  13. ^ Emile Vuillermoz, La saison russe au Théâtre des Champs-Élysées in S.I.M. La Revue Musicale, 1913, 15 giugno, pag.55.


  14. ^ Angelo Foletto, AA.VV. Il Balletto. Repertorio del Teatro di Danza dal 1581, Milano, Mondadori, 1979.


  15. ^ Stravinskij nelle Chroniques de ma vie indica in realtà la data del 28 maggio, mentre Schaeffner, White e altri autori indicano il 29. Parametro titolo vuoto o mancante (aiuto)


  16. ^ Gustave Linor, Au Théâtre des Champs-Élysées: Le Sacre du Printemps in: Comoedia, 1913, 30 maggio.


  17. ^ Claude Samuel, Histoire d'une bataille in AA.VV. Strawinsky, Paris, Hachette, 1968.


  18. ^ Jean Cocteau, Le Coq et l'Arlequin, Paris, La sirène, 1918.


  19. ^ Igor Stravinskij, op. citata, p. 105.


  20. ^ Igor Stravinskij, op. citata, p. 108.


  21. ^ Robert Siohan, Stravinsky, Parigi, Editions du Seuil, 1959.


  22. ^ Henri Quittard, Le Figaro, 1913, 31 maggio.


  23. ^ Eric Walter White, Strawinsky, the composer and his works, London, Faber & Faber, 1966, p. 178.


  24. ^ Gustave Linor, op. citata.


  25. ^ Gaston de Pawlowski, Au Théâtre des Champs-Élysées, Le Sacre du Printemps in Comoedia, 1913, 31 maggio.


  26. ^ Stravinskij affermò che Ravel "fu l'unico musicista a capire subito Le Sacre du printemps", riportato in Conversations with Igor Stravinskij di I.Stravinskij e R.Craft


  27. ^ Claude Samuel, op.citata, p. 50.


  28. ^ Massimo Bontempelli, Gian Francesco Malipiero, Milano, Bompiani, 1942.


  29. ^ Jean Cocteau, op.citata, p. 64.


  30. ^ Claude Samuel, op.citata, p. 59.


  31. ^ Igor Stravinskij, op. citata, p. 114.


  32. ^ Nicholas Roerich in una lettera a Djagilev citata da Eric Walter White in Strawinsky, the composer and his works, Faber & Faber, London, 1966


  33. ^ Programma di sala Théâtre des Champs-Élysées, Paris, Publications Gonzales, 29 maggio 1913.


  34. ^ Emile Vuillermoz, La nouvelle version chorégraphique du Sacre du Printemps au Théâtre des Champs-Élysées in La Revue Musicale, 1921 pag.163.


  35. ^ Julie Sazonova, La chorégraphie des Ballets de Djagilev in La Revue Musicale n. speciale dicembre 1930.


  36. ^ Igor Stravinskij, op. citata, p. 105.


  37. ^ Angelo Foletto, op. citata.



Bibliografia |




  • Pierre Boulez, “Strawinsky demeure”, in Musique russe, tome I, Paris, 1953, trad. it. di Luigi Bonino Savarino in Note di apprendistato, Torino, Einaudi, 1968

  • Igor Stravinskij e Robert Craft, Colloqui con Stravinsky, Torino, Einaudi, 1977

  • Allen Forte, The Harmonic Organization of the Rite of Spring, Yale University Press, New Haven, 1978

  • Lawrence Morton, Footnotes to Stravinsky Studies: 'Le Sacre du printemps', in «Tempo», New Series, No. 128 (March, 1979), pp. 9-16


  • Richard Taruskin, Russian Folk Melodies in "The Rite of Spring", in «Journal of the American Musicological Society» Vol. 33, No. 3 (Autumn, 1980), pp. 501-543

  • Pieter C. van den Toorn, Stravinsky and the Rite of Spring: The Beginnings of a Musical Language, University of California Press, Berkeley, Los Angeles and Oxford, 1987

  • Pieter C. van den Toorn, La struttura ottatonica in Stravinskij, in Stravinskij a cura di Gianfranco Vinay, Il Mulino, Bologna, 1992 – ISBN 88-15-03690-3

  • Richard Taruskin, Stravinsky and the Russian Traditions: A Biography of the Works through Mavra, University of California Press, Berkeley and Los Angeles, 1996

  • Richard Taruskin, Le sacre du printemps. Le tradizioni russe, la sintesi di Stravinsky, trad. italiana di Daniele Torelli, BMG Publications, Milano-Roma, 2002 – ISBN 88-7592-721-9


  • Roman Vlad, Architettura di un capolavoro. Analisi della Sagra della primavera di Igor Stravinsky, BMG Publications, Torino, 2005 – ISBN 88-7592-802-9

  • Gianluigi Passaro, Il vento prima che soffi. Gli orizzonti dell'inconscio ne Le Sacre du Printemps di Igor Stravinskij, Edizioni Kappa, Roma, 2010 - ISBN 978-88-6514-107-6



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