Corrado IV di Svevia
























































































Corrado IV

Conrad IV of Germany.jpg


Re di Germania
(formalmente Re dei Romani)

Stemma

In carica
13 dicembre 1250 –
21 maggio 1254
Investitura
febbraio 1237
Predecessore

Federico II
Successore

Grande Interregno, poi Rodolfo I

Re di Sicilia
come Corrado I
In carica
13 dicembre 1250 –
21 maggio 1254
Predecessore

Federico II
Successore

Corradino

Re di Gerusalemme
come Corrado II
In carica
5 maggio 1228 –
21 maggio 1254
Predecessore

Jolanda di Brienne
Successore

Corradino

Altri titoli

Duca di Svevia (1235-1254)
Nascita

Andria, 25 aprile 1228
Morte

Lavello, 21 maggio 1254
Dinastia

Hohenstaufen
Padre

Federico II
Madre

Jolanda di Brienne
Consorte

Elisabetta di Baviera
Figli

Corradino di Svevia
Religione

Cristianesimo Cattolico





Corrado IV di Hohenstaufen (Andria, 25 aprile 1228 – Lavello, 21 maggio 1254) era il figlio secondogenito dell'imperatore Federico II di Svevia e di Jolanda di Brienne. Dopo la deposizione di suo fratello, Enrico VII, fu designato alla successione da suo padre Federico, e assunse i titoli di Duca di Svevia (Corrado III; 1235-1254), Re di Germania (Corrado IV; 1237-1254), e successivamente di re di Sicilia (Corrado I; 1250-1254) e re di Gerusalemme (Corrado II; 1250-1254).





Sigillo dell'imperatore Corrado IV




Indice






  • 1 Biografia


    • 1.1 L'elezione a rex Romanorum


    • 1.2 L'intervento in Italia




  • 2 L'eredità culturale


    • 2.1 Lettere inedite




  • 3 Discendenza


  • 4 Ascendenza


  • 5 Araldica


  • 6 Note


  • 7 Bibliografia


  • 8 Altri progetti


  • 9 Collegamenti esterni





Biografia |


Corrado fu l'unico figlio maschio nato dal matrimonio di Federico II con Jolanda di Brienne, regina di Gerusalemme. La madre, diciassettenne, morì dieci giorni dopo averlo partorito, ad Andria. Corrado quindi ereditò neonato il titolo di re di Gerusalemme dalla madre e il padre Federico utilizzò la circostanza per assumere questo titolo nel 1229, in occasione della sesta crociata. Corrado visse in Italia fino al 1235, anno nel quale per la prima volta si recò in Germania col padre: dopo la rivolta e la deposizione del suo fratellastro maggiore Enrico, Corrado fu designato da Federico a proprio successore, ma le scelte dell'imperatore non ebbero successo, in quanto nella dieta di Magonza inizialmente gli elettori non lo nominarono re, nonostante l'accordo raggiunto con i Guelfi e i Wittelsbach, suggellato dal fidanzamento di Corrado con una figlia del duca Ottone II di Baviera.



L'elezione a rex Romanorum |





Incoronazione di Corrado IV, da un manoscritto francese del XIV secolo


Corrado venne poi eletto re quando aveva nove anni, nel febbraio 1237, durante una dieta a Vienna. L'elezione, che tuttavia non venne riconosciuta dal papa Gregorio IX, comprendeva non solo la nomina a re, ma anche la successione sul trono imperiale, secondo la formula "in Romanorum regem et in futurum imperatorem nostrum post obitum patris habendum". Nel giugno dello stesso anno l'elezione di Corrado fu confermata .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}nel corso di una curia[sicuro di aver scritto bene?] celebrata a Spira, ma a differenza del fratello Enrico, Corrado non fu incoronato.


Mentre Federico, dopo l'elezione, si concentrò nuovamente sulla sua lotta contro il papato e i comuni italiani, il giovane Corrado rimase quasi sempre in Germania[1], con il compito di rappresentare il padre: al fianco di Corrado, almeno fino al 1241, in qualità di procuratore imperiale, fu il vescovo Sigfrido III di Magonza, coadiuvato da un consiglio di reggenza composto tra gli altri dai poeti Corrado di Winterstetten, Goffredo di Hohenlohe; dal 1242 il nuovo procuratore imperiale fu il langravio Enrico Raspe, affiancato da Venceslao re di Boemia, entrambi vicini alla politica dell'imperatore negli anni che videro l'avvicinarsi in Europa dell'invasione mongola.


Poi dal 1245 in poi, raggiunta la maggiore età, Corrado cominciò a intervenire attivamente e personalmente oltre a ricercare presso i principi sostegno alla politica paterna; questa era minacciata dalle manovre di papa Innocenzo IV e dell'arcivescovo di Colonia che avevano portato dalla loro parte numerosi principi: nel Concilio di Lione, il papa scomunicò Federico II e dichiarò decaduto Corrado; l'anno successivo Enrico Raspe, langravio di Turingia, fu eletto re di Germania e il 5 agosto 1246 sconfisse Corrado nella battaglia di Nidda.


Il 1º settembre 1246, a Vohburg, Corrado sposò Elisabetta di Wittelsbach, figlia del duca di Baviera Ottone II. Con questo matrimonio i Wittelsbach divennero gli alleati più potenti degli Hohenstaufen. Dopo la morte di Enrico Raspe, avvenuta nel 1247, il papa designò Guglielmo II d'Olanda come re di Germania. Corrado si scontrò militarmente col concorrente, dapprima con esiti scoraggianti. Nel 1250 gli riuscì però di sconfiggere Guglielmo ed i nobili renani suoi alleati.


A dicembre dello stesso anno moriva il padre Federico II: nel suo testamento lo nominava erede universale e suo successore sul trono imperiale, su quello di Sicilia e su quello di Gerusalemme, concedendo a Manfredi - fratellastro di Corrado - il Principato di Taranto e con esso il baiulato del Regno di Sicilia. Papa Innocenzo IV non volle riconoscere il testamento, in particolare per la successione al Regno di Sicilia che considerava una prerogativa pontificia. E nel 1251 Guglielmo II d'Olanda ritrovava il successo militare.



L'intervento in Italia |






Preso atto della situazione disperata in Germania, Corrado decise di venire in Italia con la vana speranza di prendere possesso del Regno di Sicilia, che il fratellastro Manfredi teneva come reggente, ma che aspirava a far proprio.
Nell'ottobre 1251 si mosse verso l'Italia, attraversò il Brennero, sostò a Verona e a Goito, dove incontrò i vicari imperiali; si imbarcò a Latisana sulle navi inviate dal fratellastro e nel gennaio 1252 sbarcò a Siponto, proseguendo poi insieme a Manfredi nella pacificazione del Regno.


Nella dieta di Foggia (febbraio 1252) Corrado stabilì nuove condizioni per procurarsi la benevolenza della popolazione e di una più ampia schiera di baroni: l'abolizione della colletta generale; lo spostamento dell'università dalla ribelle Napoli a Salerno; l'annullamento di concessioni demaniali a favore dei Lancia (parenti di Manfredi) e persino la mancata ratifica del riconoscimento a Manfredi di feudi e della completa autorità nel Principato di Taranto che pure aveva ottenuto dal testamento paterno. Nel frattempo, anche per garantire la continuità nella politica di Federico II, si circondò di consiglieri che avevano già servito l'imperatore, quali Pietro Ruffo, luogotenente in Calabria e in Sicilia, Bertoldo di Hohenburg, Federico di Antiochia, il cancelliere Gualtieri d'Ocre, il vicario Oberto Pelavicino.


Nella primavera del 1252 fallì un ultimo tentativo di riavvicinamento al papa, il quale era sempre più convinto di poter disporre dell'investitura del Regno, e così Corrado ritornò all'attacco: nel 1253 riportò sotto il suo controllo le riottose contee di Caserta e Acerra, conquistò Capua e nell'ottobre infine anche Napoli.


Le cose però precipitarono nei primi mesi del 1254: il papa inviava legati col compito di investire Edmondo, figlio del re d'Inghilterra, del Regno di Sicilia; inoltre scomunicava (9 aprile 1254) in maniera definitiva e solenne Corrado, il quale nel frattempo diveniva sospettoso e ostile nei confronti di Manfredi, restio ad accettare la diminuzione della sua autorità sui feudi assegnatigli dal padre. Corrado, contemporaneamente rafforzava il suo controllo nei confini settentrionale del Regno, procedendo alla fondazione della nuova città denominata Aquila[2]. Infine riuniva tutte le truppe - sue, del fratello Manfredi e dei baroni - in un accampamento presso Lavello per sferrare l'attacco decisivo.


Ma il 21 maggio Corrado moriva di malaria, malattia contratta già da un paio di mesi: corse voce che Manfredi avesse fatto avvelenare il fratello, ma al riguardo non ci sono prove.
Il cuore e le viscere di Corrado vennero seppellite a Melfi. Il suo corpo venne portato nella cattedrale di Messina, dove si svolsero i funerali, in attesa della sepoltura definitiva a Palermo. In occasione di dette esequie, forse a causa del numero eccessivo di ceri e candele accese accanto al catafalco, si sviluppò un furioso incendio che distrusse il Duomo. Dopo la sua morte, Alfonso X di Castiglia reclamò il Ducato di Svevia per diritto materno, in quanto figlio di Elisabetta Hohenstaufen, a sua volta figlia del duca di Svevia e re di Germania, Filippo di Svevia; la pretesa non ebbe seguito, benché Alfonso avesse ottenuto l'appoggio di papa Alessandro IV, che il 3 febbraio 1255, aveva scritto una lettera alla nobiltà sveva.


Il giovane imperatore lasciava il figlio Corradino, ancora bambino e rimasto in Germania, sotto la tutela del papa, mentre fu nominato governatore del Regno di Sicilia il marchese Bertoldo di Hohenburg; in realtà Manfredi proseguì la reggenza senza contrarietà.



L'eredità culturale |


Non sappiamo se Corrado avesse le brillanti doti che il padre Federico, lo stupor mundi, manifestò in vita. Comunque anche la corte di Corrado in Germania sembra influenzata dalla ricchezza spirituale e culturale di quella siciliana: Corrado amava la poesia e fu protettore dei poeti. Minnesänger famosi come Konrad von Winterstetten e Gottfried von Hohenlohe facevano parte del suo entourage; Rudolf von Ems scrisse per lui una Cronica universale.


Allo stesso Corrado vengono poi attribuite due poesie d'amore contenute nel famoso codice Manesse della Biblioteca di Heidelberg.



Lettere inedite |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Codice fridericiano di Innsbruck.

Nel 2005, nella biblioteca universitaria di Innsbruck, in un codice manoscritto vecchio di 700 anni, è stata casualmente scoperta una raccolta di circa 200 fra lettere e mandati scritti da Federico II, Corrado IV e altre personalità di spicco del XIII secolo, fra cui Papi, il re di Gerusalemme, il sultano d'Egitto. L'importanza della scoperta sta nel fatto che 130 documenti erano fino a quel momento inediti e gettano nuova luce sulla biografia e sulla personalità di Corrado: le lettere testimoniano infatti della sua intensa attività diplomatica nei confronti del Papa e di altre personalità influenti della politica europea del periodo così come del fatto che, sulla scia del padre Federico II, anche Corrado si occupava dei piccoli problemi della vita quotidiana dei suoi sudditi, come la costruzione di mulini, condutture dell'acqua, manutenzione di ponti ecc.[3][4].



Discendenza |


Corrado ed Elisabetta ebbero un solo figlio:



  • Corradino, l'ultimo discendente legittimo degli Hohenstaufen, decapitato a Napoli nel 1268.

Nel 1259 la vedova di Corrado, Elisabetta, sposò Mainardo II di Tirolo-Gorizia.


Oltre a Corradino, Corrado aveva avuto, da una nobile donna ligure, Antoinette De Marrone, un figlio illegittimo, Corradino Andrea Nicola che, come il fratello, fu condannato a soli due anni a morte da Carlo I d'Angiò nel 1269 a Lucera, assieme alla madre Antoinette De Marrone. La dinastia degli Hohenstaufen doveva sparire per sempre, tuttavia non sono mai state trovate fonti storiche sull'esecuzione del figlio illegittimo e della madre, cha da alcune epistole sembra riuscirono a fuggire dal porto di Lucera verso la Repubblica di Genova, grazie all'ausilio della stessa Regina Elena. L'identità del bambino sarebbe stata tenuta segreta dalla Repubblica di Genova come Corradino Andrea Nicola Marrone.[senza fonte]



Ascendenza |



















































Corrado IV di Svevia

Padre:
Federico II di Svevia

Nonno paterno:
Enrico VI di Svevia

Bisnonno paterno:
Federico Barbarossa

Trisnonno paterno:
Federico II duca di Svevia

Trisnonna paterna:
Giuditta di Baviera, duchessa di Svevia

Bisnonna paterna:
Beatrice di Borgogna

Trisnonno paterno:
Rinaldo III di Borgogna

Trisnonna paterna:
Agatha di Lorena

Nonna paterna:
Costanza d'Altavilla

Bisnonno paterno:
Ruggero II di Sicilia

Trisnonno paterno:
Ruggero I di Sicilia

Trisnonna paterna:
Adelasia del Vasto

Bisnonna paterna:
Beatrice di Rethel

Trisnonno paterno:
Ithier, conte di Rethel

Trisnonna paterna:
Beatrice di Namur

Madre:
Jolanda di Brienne

Nonno materno:
Giovanni di Brienne

Bisnonno materno:
Erardo II di Brienne

Trisnonno materno:
Gautier II di Brienne

Trisnonna materna:
Adèle di Soisson

Bisnonna materna:
Agnes di Mountfaucon

Trisnonno materno:
Amdadeus II conte di Montbéliard

Trisnonna materna:
Beatrice di Grandson-Joinville

Nonna materna:
Maria del Monferrato

Bisnonno materno:
Corrado del Monferrato

Trisnonno materno:
Guglielmo V del Monferrato

Trisnonna materna:
Giuditta di Babenberg

Bisnonna materna:
Isabella di Gerusalemme

Trisnonno materno:
Amalrico I di Gerusalemme

Trisnonna materna:
Maria Comnena


Araldica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma degli Hohenstaufen.

Sono sostanzialmente due le figure araldiche adottate dagli Hohenstaufen per le proprie insegne: i tre leoni passanti – che, di smalto nero e disposti in palo in campo d'oro, costituiscono la variante più nota dell'arme di Svevia[5][6], divenuta anche stemma del Ducato svevo – e l'aquila al volo abbassato di nero – che, rappresentando la continuità tra l'Impero romano e l'Impero germanico, divenne emblema degli imperatori tedeschi, non solo per gli Hohenstaufen, ma anche per le successive dinastie[7][8]. A Federico II, poi, alcuni autori attribuiscono l'introduzione, quale insegna imperiale, dell'aquila bicipite di nero in campo d'oro[9]. In particolare, fu il benedettino e cronista inglese Matteo Paris a riportare, nelle sue maggiori opere, la Chronica Majora e l'Historia Anglorum, miniature recanti l'aquila a due teste, sia per Federico II, sia per alcuni dei suoi discendenti[10].


Per Corrado, il Paris, ferma restante l'aquila bicipite in campo d'oro, illustra, nella Chronica Majora, uno stemma recante in capo un crescente montante di rosso, che racchiude un piccolo tortello dello stesso colore[11]. Per provare a spiegare tale insegna, si può fare ricorso, almeno parzialmente, alle regole dell'araldica inglese, secondo le quali, brisare l'arme paterna con un crescente indica il figlio secondogenito e «tale era certamente Corrado rispetto a Re Enrico (il primo nato di Federico, ad ogni effetto)». Resta, però, priva di plausibile interpretazione la presenza del tortello, a meno che non lo si voglia considerare, in qualche modo, un rimando al globo collocato tra le due teste dell'aquila bicipite che caratterizza alcuni tarì aurei battuti durante la fanciullezza dello stupor mundi[12]. Rimanendo in ambito numismatico, un riscontro dell'effettivo utilizzo dell'aquila bicipite da parte di Corrado potrebbe arrivare da una moneta che fu «fatta coniare dal figlio di Federico [...] per la città imperiale di Francoforte» e che, per l'appunto, reca, nel disegno, l'emblema dell'aquila a due teste[13].


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«d'oro, all'aquila bicipite col volo abbassato di nero, accompagnata tra le due teste di un crescente montante, sormontato da un tortello di rosso[11]»


(Blasonatura)

L'araldista Paul Adam-Even descrive per Corrado uno stemma che presenta analogie con l'arme miniata nella Chronica Majora. In detta insegna, infatti, sull'aquila, è presente un crescente, che, però, non è di rosso, ma d'argento, ed è caricato in cuore; mentre nessuna menzione è fatta a proposito del tortello, che, pertanto, parrebbe assente[14].


Un particolare stemma con aquila bicipite, infine, è associato a Corrado in alcune edizioni dell'Historia della Città e Regno di Napoli, dello storico napolitano Giovanni Antonio Summonte. L'aquila, infatti, reca, caricato in cuore, uno scudetto, il quale, con capo troncato cuneato da parte a parte, è interzato in palo, con, nel primo terziere, tre pini o pigne male ordinate, nel secondo, tre leoni passanti rivoltati, e, nell'ultimo, una croce patente scorciata, rappresentativa del Regno di Gerusalemme[15].




Note |




  1. ^ Si segnala solo la presenza di Corrado nell'assedio di Brescia del 1238, concluso con un insuccesso per gli imperiali


  2. ^ Secondo il cronista e poeta Buccio da Ranallo, Corrado avrebbe realizzato la nuova fondazione d'accordo con papa Innocenzo IV, ma ciò stride con la contemporanea scomunica.


  3. ^ Sito dell'università di Innsbruck dove si parla della scoperta


  4. ^ Testo della conferenza tenuta all'Università di Hildesheim dal professor Josef Riedmann, uno dei due scopritori del codice


  5. ^ Angelo Scordo, pp. 108-111


  6. ^ Gianantonio Tassinari, pp. 283-300


  7. ^ Angelo Scordo, pp. 113-127


  8. ^ Gianantonio Tassinari, pp. 300-317


  9. ^ Jean-Claude Maire Vigueur, p. 38


  10. ^ Angelo Scordo, pp. 113-115


  11. ^ ab Angelo Scordo, p. 115


  12. ^ Angelo Scordo, pp. 127-129


  13. ^ Gianantonio Tassinari, p. 329


  14. ^ Paul Adam-Even, p. 13


  15. ^ Angelo Scordo, pp. 105-112



Bibliografia |



  • F. W. Schirrmacher, Die letzten Hohenstaufen, Göttingen 1871

  • A. Finocchiaro-Sartorio, Le leggi di Corrado IV, in: Studi storici e giuridici dedicati a Federico Ciccaglione, 1909, pp. 235–261


  • Raffaello Morghen, Il tramonto della potenza sveva in Italia. 1250-1266, Tumminelli, Roma - Milano 1936

  • Eric Maschke, Das Geschlecht der Staufer, Bruckmann, Munchen 1943

  • H. Hartmann, Die Urkunden Konrads IV., 1944, S. 38-163

  • P. Zinsmaier, Studien zu den Urkunden Heinrichs [VII.] und Konrads IV., in: Zeitschrift für die Geschichte des Oberrheins 100 (1952), pp. 445-565

  • G. Kirchner, Die Steuerliste von 1241, 1953, S. 64-104

  • J. Mühlberger, Die Staufer - Aufstieg, Höhe und Ende, Rottweil 1966, (ristampa Göppingen 1977)

  • J. Lehmann, Die Staufer. Glanz und Elend eines deutschen Kaisergeschlechts, 1978

  • E. Thurnher, Konradin als Dichter, in: DA 34, 1978


  • Bibliographie zur Geschichte Kaiser Friedrichs II. und der letzten Staufer, zusammengestellt von Carl A. Willemsen. Monumenta Germaniae historica. Hilfsmittel; 8, München 1986. ISBN 3-88612-019-8

  • Angelo Scordo, Società Italiana di Studi Araldici, Note di araldica medievale – Una "strana" arma di "stupor mundi", Atti della Società Italiana di Studi Araldici, 11° Convivio, Pienerolo, 17 settembre 1994, Torino, Società Italiana di Studi Araldici, 1995, pp. 105-145.

  • Gianantonio Tassinari, Cenni e riflessioni sulle insegne degli Hohenstaufen, in Nobiltà, anno XIV, nn. 78-79, Milano, Federazione delle Associazioni Italiane di Genealogia, Storia di Famiglia, Araldica e Scienze Documentarie, maggio-agosto 2007, pp. 283-330.

  • Jean-Claude Maire Vigueur, Storia e leggenda di un grande imperatore, in Medioevo Dossier, anno I, 1, Milano, De Agostini-Rizzoli Periodici, 1998, pp. 31-38.

  • (FR) Paul Adam-Even, Les diverses armoiries des royaumes de Sicile, in Revue française d'héraldique et de sigillographie, vol. 24, 1957, pp. 13-14.



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Collegamenti esterni |






  • Corrado IV di Svevia, su Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata


  • (EN) Corrado IV di Svevia, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata

  • (DE)
    Onlineversion[collegamento interrotto] dei Regesta Imperii

  • Ranieri Polese, Le lettere scoperte nella biblioteca di Innsbruck gettano nuova luce sul sovrano di Svevia, Corriere della Sera del 1º agosto 2005

  • Marco Brando, Scoperto in Austria un carteggio inedito di Federico II. Corriere del Mezzogiorno, 20 luglio 2005, da stupormundi.it


































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