Regio Esercito
Regio Esercito Italiano | |
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Bandiera di guerra del Regno d'Italia | |
Descrizione generale | |
Attiva | 4 maggio 1861 – 18 giugno 1946 |
Nazione | Italia |
Servizio | Esercito |
Tipo | Fanteria Cavalleria Artiglieria Genio |
Dimensione | ~5.000.000 uomini (I G.M.) ~1.600.000 uomini (1940) ~3.500.000 uomini (1943) |
Comando Supremo | Torino (1861-1864) Firenze (1864-1871) Roma (1871-1943) Salerno (1943-1945) Roma (1945-1946) |
Motto | Avanti Savoia! |
Colori | Azzurro Grigioverde |
Battaglie/guerre | Repressione del brigantaggio Terza guerra di indipendenza italiana Guerra d'Eritrea Guerra d'Abissinia Rivolta dei Boxer Guerra italo-turca Prima guerra mondiale Crisi di Corfù Riconquista della Libia Guerra d'Etiopia Guerra civile spagnola Invasione dell'Albania Occupazione dell'Albania Seconda guerra mondiale:
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Missioni di peacekeeping | Corpo di spedizione italiano nella Saar Corpo di spedizione italiano in Alta Slesia Corpo di spedizione italiano a Creta |
Anniversari | 4 novembre (dal 1918) |
Reparti dipendenti | |
Reali Carabinieri Regia Guardia di Finanza Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale | |
Comandanti | |
Capi di Stato Maggiore | Luigi Cadorna Armando Diaz Pietro Badoglio Alberto Pariani Rodolfo Graziani Vittorio Ambrosio Mario Roatta Raffaele Cadorna |
Simboli | |
Stellette | |
Fonti citate nel corpo del testo | |
Voci su unità militari presenti su Wikipedia |
Il Regio Esercito, denominato Esercito Italiano[1], fu l'esercito del Regno d'Italia dal 4 maggio 1861 al 18 giugno 1946.
Nato dalla Armata Sarda, è stato impiegato in tutte le vicende belliche del Regno d'Italia, inclusa la terza guerra di indipendenza italiana, il colonialismo italiano e soprattutto la prima e la seconda guerra mondiale. Dopo la nascita della Repubblica Italiana, cambiò nome in Esercito Italiano.
Indice
1 Storia
1.1 Dall'esercito sabaudo all'unità d'Italia
1.2 La presa di Roma, l'inizio del XX secolo e le prime imprese coloniali
1.3 La prima guerra mondiale e l'intervento in Albania ed in Macedonia
1.4 Il ventennio fascista, la guerra di Etiopia, la guerra di Spagna e l'invasione dell'Albania
1.5 La seconda guerra mondiale e la guerra civile in Italia
1.6 Il secondo dopoguerra e la nascita della Repubblica Italiana
2 Personale
2.1 Arruolamento
2.2 Armamento
2.3 Dati sugli organici
3 Mezzi
3.1 Carri armati
3.2 Treni
4 Corpi disciolti
4.1 Cacciatori d'Africa
4.2 Cacciatori d'Albania
4.3 Guardia alla Frontiera
4.4 Guardia Nazionale Italiana
4.5 Guardia reale albanese
4.6 Legione Redenta di Siberia
4.7 Raggruppamento Centri Militari
4.8 Legione croata
5 Gradi
6 Note
7 Bibliografia
8 Voci correlate
9 Altri progetti
10 Collegamenti esterni
Storia |
Dall'esercito sabaudo all'unità d'Italia |
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L'esercito del Regno di Sardegna, dopo la spedizione dei Mille incorporò l'Esercito delle Due Sicilie e quello garibaldino, e subito dopo la proclamazione dell'unità d'Italia assunse il nome di Regio Esercito Italiano, ai sensi del decreto Fanti - dal nome del ministro della guerra Manfredo Fanti - emanato in data 4 maggio 1861 .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}(denominazione però effettivamente utilizzata solo a partire dal 1884)[senza fonte]. Nell'agosto dello stesso anno, durante la seconda guerra d'indipendenza italiana, per contrastare il brigantaggio postunitario italiano venne creato un apposito corpo, la Guardia Nazionale Italiana.
Ai 20 reggimenti di fanteria sardi esistenti se ne aggiunsero 46, ai 9 di cavalleria altri 10, e 26 battaglioni ai 10 di bersaglieri.[2]
La formazione delle truppe alpine |
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Nel Regio Esercito la prima idea di soldati specializzati nei combattimenti in alta montagna nacque nel 1859: un consistente gruppo di volontari al comando di Giuseppe Garibaldi, e sostenuti dal primo ministro piemontese Cavour, assunse la denominazione di "Cacciatori delle Alpi"; in realtà i primi reparti specializzati hanno origine per l'Italia nel 1786[3]. Proprio questa nuova unità liberò Varese, Como e Brescia. Un'altra vittoria dei Cacciatori, sempre al comando dall'eroe dei due mondi, ottennero l'unico successo italiano nella terza guerra d'indipendenza il 21 luglio 1866 a Bezzecca, ritirandosi successivamente dietro ordine del sovrano con la famosa risposta Obbedisco che diventerà il motto del 52º battaglione Alpi[4]. Nel 1872 venne creato un nuovo corpo specializzato: gli Alpini[5]. Questo corpo, nato da un'idea del capitano Giuseppe Perrucchetti, elaborata poi dal ministro della guerra Ricotti–Magnani, fu particolarmente utile durante la prima guerra mondiale[6][7]. |
La lotta al brigantaggio postunitario italiano e la terza guerra di indipendenza italiana (che causò 1.886 perdite[8]) furono i primi impegni nuovo esercito, costituito prima dell'incorporazione degli eserciti degli altri stati preunitari su 5 Corpi d'armata, ognuno dei quali articolato su 3 divisioni di fanteria, ognuna delle quali era una unità poliarma con fanteria, cavalleria ed artiglieria;[9] i 320.000 soldati ed 11.000 ufficiali erano quindi raggruppati in 18 divisioni[10].
La presa di Roma, l'inizio del XX secolo e le prime imprese coloniali |
Il 20 settembre 1870, sotto il comando del generale Raffaele Cadorna, i bersaglieri del IV Corpo d'armata, entrando attraverso la breccia di Porta Pia aprirono un varco nelle mura di Roma ed occuparono la città che divenne la capitale del Regno d'Italia.[8] Intanto nel 1872 venne creata la specialità degli Alpini, e dopo lo scioglimento della Guardia Nazionale Italiana nel 1876 vennero create la milizia territoriale e la milizia mobile.
Dopo l'opera di riorganizzazione promossa dall'allora ministro della guerra Cesare Francesco Ricotti-Magnani, il colonnello Tancredi Saletta sbarcò meno di 1.000 uomini a Massaua, in Eritrea. Inizia così, il 5 febbraio 1885, la campagna per la conquista del paese africano, dando inizio al periodo coloniale italiano che subirà una battuta d'arresto nel 1896 con la disastrosa battaglia di Adua avvenuta nell'ambito della guerra di Abissinia[8]. Parte importante in questa campagna e in quelle che seguiranno fino alla dissoluzione dell'impero coloniale avranno le truppe coloniali, costituite in Eritrea, Somalia e Libia per coadiuvare le truppe italiane nel controllo del territorio; queste truppe dovevano formare anche una classe media coloniale legata agli interessi italiani[11] e seguiranno le sorti delle colonie fino alla fine, che per l'Etiopia, la Somalia e l'Eritrea corrispose alla battaglia di Cheren (che precedette di poco la resistenza del duca d'Aosta all'Amba Alagi.
L'anno successivo iniziarono gli impegni internazionali, nell'ambito della collaborazione con il Corpo interalleato per la pacificazione della rivolta contro la dominazione turca, a cui l'Italia collaborò con un corpo di spedizione sbarcato a Suda, nell'isola di Creta, il 25 aprile 1897. Il 14 luglio 1900 venne costituito a Napoli un ulteriore corpo di spedizione per contrastare la rivolta dei Boxer in Cina e difendere i protettorati europei[8].
Il 29 settembre 1911 iniziò la guerra italo-turca, con il Regio Esercito che entrò il 5 ottobre a Tripoli, nella primavera 1912 occupò il Dodecaneso e finì di conquistare il Fezzan nel 1914[8].
La prima guerra mondiale e l'intervento in Albania ed in Macedonia |
Il 24 maggio 1915 l'esercito italiano avanzò oltre il confine austro-ungarico segnando l'apertura delle ostilità anche per l'Italia nella prima guerra mondiale.
L'inizio del conflitto aveva accresciuto a 12 i corpi d'armata e a 25 le divisioni, e l'esercito italiano aumentò fino a raggiungere le 900.000 unità. Anche le iniziali 600 mitragliatrici 3.000 bocche da fuoco di vari calibri si moltiplicarono enormemente durante la ostilità[senza fonte]. Nel corso della guerra inoltre presero vita gli Arditi, venne potenziato il Servizio Aeronautico e fece la sua comparsa il carro armato.
Nell'estate del 1916 si concluse la sesta battaglia dell'Isonzo che portò alla conquista di Gorizia, grazie anche alla presa del Monte Sabotino ad opera della 4ª Divisione agli ordini di Pietro Badoglio. La 12ª ed ultima battaglia dell'Isonzo segnò invece, il 24 ottobre 1917, la catastrofica sconfitta di Caporetto. Le forze austro-tedesche sfondarono proprio nel settore del XXVII Corpo d'armata comandato dal "fuggiasco di Tolmezzo" (Pietro Badoglio), ma la resistenza delle truppe sul Piave e sul monte Grappa dal 10 novembre al 4 dicembre 1917 posero fine alla fase negativa della guerra. L'anno successivo, il 1918, la battaglia del solstizio (15-22 giugno) e di Vittorio Veneto (23 ottobre-3 novembre) segnarono la definitiva vittoria italiana[12].
Nel 1918 il Regio Esercito fu impiegato anche all'estero: in Francia con il II Corpo d'armata combatté a Bligny (15 - 23 luglio) e lungo lo Chemin des Dames (10 - 12 ottobre); in Albania vinse la battaglia di Malakastra (6-9 luglio). Durante la Campagna di Albania e l'impegno in Macedonia le truppe italiane occuparono Durazzo il 29 dicembre 1915 e Bitola il 18 novembre 1916[12].
Il conflitto mobilitò circa 4.000.000 di militari, fece circa 600.000 caduti e 1.500.000 tra feriti e invalidi.[12] Dopo la sino alla fine della prima guerra mondiale la milizia territoriale quella mobile vennero sciolte confluendo nell'esercito.
Il ventennio fascista, la guerra di Etiopia, la guerra di Spagna e l'invasione dell'Albania |
Dopo la conclusione vittoriosa della Grande Guerra, il Regio Esercito venne ridimensionato congedando la maggior parte dei reggimenti di cavalleria e fanteria e sciogliendo gli Arditi. Nel 1922 fu necessario intervenire in Libia dove i ribelli avevano approfittato della prima guerra mondiale per sottrarre territori agli italiani, e un anno dopo il Servizio Aeronautico viene scisso dal Regio Esercito per diventare l'indipendente Regia Aeronautica. In questi anni inoltre videro la luce i primi reparti corazzati e paracadutisti, il cui primo reparto fu una compagnia di fanti libici inquadrati da ufficiali e sottufficiali italiani che effettuò il primo lancio il 28 marzo 1938 a Castel Benito, in Libia[13]. Negli anni trenta le truppe coloniali italiane coadiuvarono quelle nazionali durante il completamento dell'occupazione della Somalia, fino ad allora controllata solo parzialmente dalle truppe italiane nelle zone attorno alla capitale Mogadiscio e a pochi presidi lungo la costa. Il 1935 fu l'anno d'inizio della guerra d'Etiopia a cui il Regio Esercito partecipò varcando il Mareb il 3 ottobre ed entrando in Addis Abeba il 5 maggio 1936[14].
Durante gli anni trenta le ricerche nel campo militare avevano dato buoni frutti: l'Italia possedeva bocche da fuoco di ottima qualità, inserite tra le migliori del conflitto (il pezzo contraereo 90/53 Mod. 1939, l'obice 149/19 Mod. 1937 e il mortaio Ansaldo 210/22 Mod. 1935) ma pochissimi esemplari furono prodotti e distribuiti per carenza di risorse. Anche l'armamento individuale era degno di nota con il "moschetto automatico Beretta" (usato da truppe speciali come la 185ª Divisione paracadutisti "Folgore"), la mitragliatrice Breda Mod.37 o la pistola Beretta M34 per ufficiali, anche se la stragrande maggioranza delle truppe utilizzarono armi obsolete risalenti ancora al primo conflitto mondiale. All'entrata in guerra i carri armati disponibili erano il carro L3, leggero e con armamento fisso, e l'M11/39, carro medio costruito con l'armamento principale in casamatta e armamento secondario in torretta, decisamente inferiore a quelli avversari. Nel corso del conflitto vennero prodotti i carri leggeri L6/40 e la serie di carri medi iniziata dall'M13/40. Per quello che riguarda i carri pesanti, praticamente il solo P26/40 (che peraltro era progettato con soluzioni ormai superate come l'assenza di un terzo uomo in torretta, le corazze chiodate e le sospensioni a balestra), ne fu prodotto un solo esemplare prima dell'8 settembre 1943. Invece del semovente M40/41 ne vennero prodotti molti esemplari, che dimostrarono potenza e affidabilità anche dopo il 1943, nonostante l'arrivo di nuovi carri da parte dell'Asse e degli Alleati.
Con lo scoppio della Guerra civile spagnola nel 1936, venne inviato in Spagna in aiuto dei Nazionalisti di Francisco Franco il Corpo Truppe Volontarie, il 28 aprile 1937 venne istituito con il regio decreto n.833 il corpo della Guardia alla Frontiera, mentre nell'aprile del 1939, in seguito all'annessione dell'Albania, l'esercito presidiò le più importanti città dell'ex regno di Zog I[14].
Nel settembre 1939, quando la Germania invase la Polonia, l'Italia dichiarò la propria "non belligeranza". Benito Mussolini, conscio del fatto che i conflitti di Etiopia e di Spagna avevano pesantemente intaccato le scorte dell'esercito e bloccato il suo ammodernamento, decise dunque di non intervenire. I fulminei successi della Wehrmacht e l'impressione che il conflitto sarebbe durato poco indussero però il duce a bruciare le tappe e ad entrare in guerra il 10 giugno 1940. Il Regio Esercito, forte di 75 divisioni, presentava gravi carenze nell'armamento. L'artiglieria risaliva al primo conflitto mondiale, i carri armati erano leggeri con corazza ed armamento inadeguati. Mancavano gli automezzi, le mitragliatrici erano insufficienti, le divise erano di pessima qualità e mancavano equipaggiamenti e attrezzature adatte alle aree dove si sarebbe operato (Libia, Unione Sovietica, Albania, Grecia).
La seconda guerra mondiale e la guerra civile in Italia |
La battaglia delle Alpi Occidentali combattuta contro la Francia fu la prima operazione in cui venne impiegato il Regio Esercito nel corso della seconda guerra mondiale, si risolse con una vittoria tattica italiana bilanciata dall'occupazione italiana di alcuni comuni lungo il confine (armistizio di Villa Incisa). Si concluse con la sconfitta invece l'iniziativa in Africa orientale dove, nonostante il successo ottenuto con la conquista della Somalia Britannica, i reparti del Regio Esercito ivi stanziati rimasero fin dall'inizio isolati dalla Madrepatria subendo, nel maggio 1941, un'inevitabile disfatta nella seconda battaglia dell'Amba Alagi. Ai soldati italiani sconfitti venne comunque tributato da parte delle vittoriose truppe britanniche l'onore delle armi. L'ultima disperata resistenza in questo teatro di operazioni fu attuata dalle unità al comando del generale Guglielmo Nasi nel corso della Battaglia di Gondar, che ebbe termine con la resa degli ultimi presidi nel novembre 1941[15].
Nel frattempo, in Africa settentrionale, le poco numerose ma molto mobili e ben equipaggiate forze della Western Desert Force sconfissero e fecero prigionieri decine di migliaia di soldati italiani, distruggendo inoltre le dieci divisioni della 10ª Armata (tra cui Cirene, Marmarica, Catanzaro) e conquistando le piazzeforti di Bardia e Tobruk oltre che l'intera Cirenaica. Per sostenere il Regio Esercito in questo teatro i Tedeschi inviarono in aiuto un gruppo di divisioni raggruppate nell'Afrika Korps al comando del generale Erwin Rommel. Negli anni che seguirono l'Armata Corazzata Italo-tedesca riuscì a spingersi sino a circa 80 km da Alessandria d'Egitto ma in conseguenza della sconfitta di El Alamein anche la Libia dovette essere abbandonata alle forze britanniche, mentre le ultime resistenze ebbero termine nel maggio 1943 in Tunisia, dopo che questo territorio era stata occupato dalle forze Italo-Tedesche come reazione all'Operazione Torch.
Nell'ottobre 1940 ebbe invece inizio la campagna italiana di Grecia. L'operazione risultò essere mal pianificata e mal preparata, con i soldati italiani che si ritrovarono quasi subito in inferiorità numerica e in una difficile situazione logistica rispetto ai Greci e che vennero conseguentemente respinti fin dentro i confini albanesi. Il lento ma continuo affluire dei rinforzi italiani permise poi di fermare l'avanzata ellenica ma l'elemento determinante per l'esito del conflitto fu l'intervento tedesco. Contemporaneamente all'azione in Grecia reparti tedeschi, italiani e ungheresi invadevano la Jugoslavia, piegandone la resistenza in undici giorni.
Da quel momento il Regio Esercito dovette impegnarsi in un ingrato e logorante compito di occupazione di parte del territorio greco e jugoslavo dove furono schierate nel periodo 1941-1943 oltre 30 divisioni; il teatro balcanico fu l'area dove furono impiegati il maggior numero di soldati italiani. Fin dal luglio 1941 in vaste zone della Jugoslavia si sviluppò la crescente resistenza dei partigiani jugoslavi di Josip Broz Tito che misero a dura prova le truppe italiane in Montenegro, Bosnia, Dalmazia e Slovenia. Nonostante l'ingente spiegamento di forze, le continue operazioni anti-partigiane e la collaborazione dei cetnici, nel 1943 le divisioni del Regio Esercito subirono una pesante sconfitta nella battaglia della Neretva.
Nel luglio 1941 Mussolini decise l'invio al fronte orientale di un corpo di spedizione italiano raggruppato nel CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e ampliato un anno dopo fino a creare l'ARMIR (ARMata Italiana in Russia). L'Armata Rossa e il rigore dell'inverno russo misero a dura prova i soldati italiani al fronte, travolti dall'operazione Piccolo Saturno e dall'offensiva Ostrogorzk-Rossoš. Circa 80.000 militari non tornarono mai in Italia[15].
Nel luglio 1943 gli Alleati diedero il via all'invasione della Sicilia e in poco più di un mese presero il completo controllo dell'isola. Nel frattempo il maresciallo Badoglio prese la guida del governo e iniziò a intavolare le trattative di resa con gli anglo-americani, l'armistizio venne firmato il 3 settembre 1943 e reso pubblico dagli Alleati l'8 settembre, poco dopo anche Badoglio confermava la notizia.
All'annuncio dell'armistizio, la Wehrmacht diede il via alla già preparata Operazione Achse, le truppe tedesche intimarono ai reparti italiani di scegliere se continuare a combattere al loro fianco o di deporre le armi, le unità del Regio Esercito che rifiutarono queste intimazioni vennero attaccate e generalmente sopraffatte, in alcuni casi si ebbero fucilazioni di massa dei prigionieri come durante l'eccidio di Cefalonia, in altri casi alla resa seguì la decimazione degli ufficiali. Solo in Sardegna e Corsica il Regio Esercito ebbe la meglio sui tedeschi. Nei Balcani alcuni di coloro che riuscirono a fuggire all'internamento entrarono a far parte dei movimenti partigiani locali, creando anche proprie unità nazionali come le divisioni partigiane Garibaldi e Italia[16].
In Italia invece al Governo Badoglio fu permesso di dar vita al Primo Raggruppamento Motorizzato per combattere insieme agli anglo-americani. Il battesimo del fuoco di questa unità si ebbe nel dicembre 1943 con la positiva battaglia di Montelungo. Il Primo Raggruppamento Motorizzato diventò Corpo Italiano di Liberazione fino all'ottobre 1944, quindi furono organizzati cinque Gruppi di Combattimento che risalirono l'Italia, sempre insieme agli Alleati, fino a Milano e Venezia[16].
La seconda guerra mondiale costò al Regio Esercito 161.729 tra morti e dispersi fino all'8 settembre 1943, 73.277 nel periodo settembre - ottobre 1943, circa 12.000 nella lotta di liberazione e circa 60.000 periti nei campi di concentramento[16].
Il secondo dopoguerra e la nascita della Repubblica Italiana |
Il 14 novembre 1945 gli Alleati stabilirono la struttura del Regio Esercito che doveva rimanere in vigore fino alla stipulazione del trattato di Parigi. Le forze italiane vennero dunque ripartite in quattro sezioni:
- forze mobili e locali (90.000 soldati) organizzate in tre divisioni per la sicurezza interna (28ª Divisione fanteria "Aosta", 31ª Divisione fanteria "Calabria" e divisione "Reggio" (originariamente "Sabauda"), 10 reggimenti di fanteria (di cui 3 Alpini) e cinque divisioni binarie (cioè con due soli reggimenti) di fanteria (44ª Divisione fanteria "Cremona", 58ª Divisione fanteria "Legnano", Divisione meccanizzata "Folgore", 20ª Divisione fanteria "Friuli" e 104ª Divisione fanteria "Mantova");
- organizzazione centrale e 11 comandi territoriali con giurisdizione simile agli ex comandi di corpo d'armata (9.000 unità);
- amministrazione (31.000 uomini);
- addestramento e complementi (Centro Addestramento Complementi di Cesano e scuole) su 10.000 uomini[17]
Lo Stato Maggiore diramò disposizioni in tal senso nel marzo 1946. Ognuno degli 11 comandi territoriali disponeva di un centro addestramento reclute a livello reggimentale e di un reggimento fanteria autonomo, tranne la Sicilia che poteva avvalersi di due divisioni. Una divisione, due battaglioni e sei raggruppamenti rimasero invece alle dirette dipendenze degli Alleati. Nel corso del 1946 le tre divisioni di sicurezza interna si tramutarono in brigate su due reggimenti di fanteria e un gruppo di artiglieria, mentre la cavalleria italiana riprese vita tramite l'assegnazione ad ogni divisione di un gruppo di squadroni dotati di veicoli cingolati.[16]
Con la nascita della Repubblica Italiana e la decisione di Umberto II di lasciare il paese, dopo aver sciolto l'esercito dal giuramento di fedeltà al Re, ma non alla Patria, il Regio Esercito prese a definire le forze di terra italiane e cambiò nome in Esercito Italiano.
Personale |
Arruolamento |
L'arruolamento avveniva in massima parte tramite chiamata al servizio di leva seppur fosse previsto l'arruolamento volontario; in ogni caso il personale affluiva presso i rispettivi distretti militari - situati in quasi tutte le province - e da questi inviati ai reggimenti di assegnazione, che si occupavano direttamente di tutto il ciclo addestrativo: vestizione presso il deposito di reggimento (di battaglione/gruppo nelle unità alpine), addestramento di base presso un apposito plotone di istruzione e in breve tempo affiancamento al personale più anziano (addestramento per imitazione), poiché non erano specificamente previste strutture dedicate all'addestramento militare.
Armamento |
L'armamento individuale e di accompagnamento per la fanteria era costituito principalmente da:[18]
- 47/32 Mod. 1935
- 65/17 Mod. 1908/1913
- 20 mm Oerlikon
- Armaguerra Mod. 39
- Beretta M15
- Beretta M34
- Beretta M35
- Beretta MAB 18/30
- Beretta MAB 38
- Breda Mod. 5C
- Breda Mod. 30
- Breda Mod. 31
- Breda Mod. 35
- Breda Mod. 37
- Breda Mod. 38
- Breda Mod. 40
- Breda Mod. 42
- Breda-SAFAT
- Brixia Mod. 35
- Carcano Mod. 91
- Carcano Mod. 38
- CEMSA 81 mm L.P.
- Fiat Mod. 14
- Fiat Mod. 35
- Glisenti Mod. 1910
- Hotchkiss Mle 1929
- Lanciafiamme Mod. 35
- Lanciafiamme Mod. 41
- Lanciafiamme Mod. 41 d'assalto
- OTO Mod. 35
- OTO Mod. 42
- Schwarzlose 07/12
- Saint-Étienne mod. 1907
- Scotti-Isotta Fraschini 20/70
- Solothurn S-18/1000
- SRCM Mod. 35
- Tipo L
- Vetterli-Vitali Mod. 1870/87
Dati sugli organici |
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Mezzi |
Carri armati |
Fino al 1938 anche i carri armati (carri d'assalto, carri mod. 21 e mod. 30, carro d'assalto mod. 35 e carri di rottura) venivano considerati come arma di fanteria.
Treni |
Corpi disciolti |
All'interno della forza armata vi erano anche truppe coloniali, formate da locali, come gli Àscari o da prigionieri di guerra in alcuni casi, come la Legione Redenta di Siberia.
Caso particolare fu quello della Guardia Nazionale Italiana, creato sul modello francese, che fu il primo corpo ad essere sciolto nel 1876.
Cacciatori d'Africa |
Cacciatori d'Albania |
Guardia alla Frontiera |
Guardia Nazionale Italiana |
Guardia reale albanese |
Legione Redenta di Siberia |
Raggruppamento Centri Militari |
Legione croata |
Gradi |
Note |
^ Nascita dell'Esercito Italiano, su esercito.difesa.it. URL consultato il 24 ottobre 2017.
^ Fortunato Minniti, Le forze armate, in L'Unificazione, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
^ Copia archiviata, su associazionenazionalecacciatoridellealpi.it. URL consultato il 24 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 21 settembre 2011). Origine Storica del Termine "Cacciatori delle ALPI" - accesso 24 aprile 2011
^ Copia archiviata, su associazionenazionalecacciatoridellealpi.it. URL consultato il 24 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016). Cacciatori delle Alpi - Giuseppe Garibaldi - accesso 24 aprile 2011
^ Storia degli Alpini, www.esercito.difesa.it, su esercito.difesa.it. URL consultato il 3 dicembre 2010 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2013).
^ G. Morandi, p. 34
^ Anche combattendo in condizioni estreme come sulla catena montuosa dell'Ortles-Cevedale in Alta Valtellina, dove si svolse la battaglia più alta sul San Matteo a 3.678 m s.l.m.
^ abcde La Storia > 1862 - 1914, su esercito.difesa.it. URL consultato il 24 ottobre 2017.
^ Copia archiviata, su esercito.difesa.it. URL consultato il 24 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2011). La Storia - 1861
Centocinquant'anni fa - accesso 24 aprile 2011
^ http://www.ilgiornaledellazio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1773:150d-anniversario-costituzione-esercito-italiano&catid=88:notizie-dalla-capitale-&Itemid=193 150º Anniversario costituzione esercito italiano - accesso 24 aprile 2011
^ Domenico Quirico, Lo squadrone bianco
^ abc La Storia > 1915 - 1918, su esercito.difesa.it. URL consultato il 23 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2011).
^ Regio Esercito - Recensioni editoriali
^ ab La Storia > 1919 - 1939, su esercito.difesa.it. URL consultato il 23 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2011).
^ ab La Storia > 1940 - 1943, su esercito.difesa.it. URL consultato il 23 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2011).
^ abcd La Storia > 1943 - 1945, su esercito.difesa.it. URL consultato il 23 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 18 ottobre 2011).
^ La Storia > 1946 - 1947, su esercito.difesa.it. URL consultato il 23 agosto 2011 (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2011).
^ Lista dei mezzi e del materiale utilizzati dal Regio Esercito (da regioesercito.it)
Bibliografia |
- Giovanni Morandi, Alpini, dalle Alpi all'Afghanistan, Bologna, Poligrafici editoriali, 2003.
Domenico Quirico, Lo squadrone bianco, I edizione, Milano, Mondadori, settembre 2002, ISBN 88-04-50691-1.
Annuario dell'Italia militare per il 1864 tip. scolastica di S. Franco e figli, 1864, originale alla Harvard University
Voci correlate |
- Alpini
- Arma del Genio
- Bersaglieri
- Divisioni del Regio Esercito nella seconda guerra mondiale
- Esercito Cobelligerante Italiano
- Esercito Italiano
- Etica militare in Italia
- Gradi del Regio Esercito
- Guardia Nazionale Italiana
- Guardia alla frontiera
- Ordine di battaglia del Regio Esercito al 24 maggio 1915
- Regno d'Italia (1861-1946)
- Regi corpi truppe coloniali
Altri progetti |
Altri progetti
- Wikisource
- Wikimedia Commons
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Collegamenti esterni |
- Sito Regio Esercito, su regioesercito.it.
- Storia sul sito dell'Esercito Italiano, su esercito.difesa.it.
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