Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia
Coordinate: 42°47′N 19°28′E / 42.783333°N 19.466667°E42.783333; 19.466667
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Jugoslavia | |||||
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Motto: Bratstvo i Jedinstvo (Fratellanza e Unità) | |||||
Dati amministrativi | |||||
Nome completo | Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia | ||||
Nome ufficiale | Социјалистичка федеративна република Југославија Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija | ||||
Lingue parlate | Serbocroato[1], sloveno[2], macedone[3], albanese[4] | ||||
Inno | Hej Slaveni | ||||
Capitale | Belgrado | ||||
Dipendenze | Territorio Libero di Trieste (zona B) | ||||
Politica | |||||
Forma di Stato | Repubblica socialista federale | ||||
Forma di governo | Repubblica presidenziale a partito unico (fino al 1980) Repubblica direttoriale a partito unico (dal 1980) | ||||
Presidente | Maresciallo Tito a vita, poi la Presidenza della RSFJ | ||||
Presidente del Consiglio esecutivo federale | Elenco | ||||
Organi deliberativi | Assemblea federale | ||||
Nascita | 29 novembre 1945 con Ivan Ribar | ||||
Causa | Seconda guerra mondiale | ||||
Fine | 27 aprile 1992 con Branko Kostić | ||||
Causa | Guerra civile jugoslava | ||||
Territorio e popolazione | |||||
Bacino geografico | Balcani | ||||
Massima estensione | 255.804 km² nel 1947-1991 | ||||
Popolazione | 23.724.919 nel 1991 | ||||
Economia | |||||
Valuta | Dinaro jugoslavo fino al 1965 Dinaro jugoslavo pesante | ||||
Commerci con | COMECON, CEE, SUA | ||||
Varie | |||||
Prefisso tel. | 0038 | ||||
Sigla autom. | YU | ||||
Religione e società | |||||
Religioni preminenti | Ortodossia, cattolicesimo, islam | ||||
Classi sociali | Operai, contadini, cittadini | ||||
Evoluzione storica | |||||
Preceduto da | Regno di Jugoslavia | ||||
Succeduto da | Repubblica Federale di Jugoslavia[5] Slovenia Croazia Bosnia ed Erzegovina Macedonia | ||||
Ora parte di | Serbia Montenegro Kosovo Slovenia Croazia Bosnia ed Erzegovina Macedonia | ||||
La Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ) fu la forma istituzionale assunta dalla Jugoslavia dal 1945 al 1992, anno della sua dissoluzione a seguito delle guerre Jugoslave: in ambito locale ci si riferisce anche come «Druga Jugoslavija» («Seconda Jugoslavia») o anche «Bivša Jugoslavija» («Ex Jugoslavia»).
Confinava a nord con l'Austria e l'Ungheria, a est con la Romania e la Bulgaria, a sud con l'Albania e la Grecia e ad ovest con l'Italia e il mare Adriatico. Durante la Guerra fredda fu un importante membro dei paesi non allineati.
Indice
1 Storia
2 Eventi principali
3 Repubbliche socialiste e province autonome
3.1 I documenti della fondazione
4 Dissoluzione
5 Popolazione
6 Sicurezza
7 Difesa
8 Economia
9 Cultura
9.1 Letteratura
9.2 Musica
10 Note
11 Bibliografia
12 Voci correlate
13 Altri progetti
14 Collegamenti esterni
Storia |
Nella Jugoslavia (Jugoslavija, Terra degli Slavi del sud, Југославија) antica si parlavano varie lingue: il serbo-croato (includendo con questa denominazione la lingua parlata in Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro), lo sloveno, il macedone (lingua resa ufficiale nel 1945), l'ungherese (maggioritaria in gran parte della Voivodina e lungo le zone di confine con l'Ungheria di Serbia, Croazia e Slovenia), l'albanese nel Kosovo, l'italiano o il veneto (Istria, Fiume, Dalmazia), oltre ad altri dialetti albanesi, turchi, slovacchi, rumeni (Istrorumeno).
La storia della Croazia si legherà quindi a quella della Jugoslavia. Un'unione difficile fin dall'inizio viste le diverse realtà storiche, culturali e religiose di ogni singolo Stato federale. La Slovenia e la Croazia avevano per lungo tempo subìto la dominazione austro-ungarica e con essa facevano parte della cultura occidentale cristiano-cattolica quindi usavano l'alfabeto latino. La Serbia, Montenegro e Macedonia invece avevano subìto fin dopo il 1389, a séguito della disfatta di Kosovo polje contro i turchi, la dominazione turca e appartenevano all'area orientale cristiano-ortodossa quindi usavano l'alfabeto cirillico.
La Bosnia aveva una situazione ancora più complessa: aveva subìto varie dominazioni che avevano fatto sì che all'interno di questo Stato si ritrovassero serbi (ortodossi), croati (cattolici), bosniaci (musulmani) e una piccola comunità ebraica sefardita, reduce di quegli ebrei che dopo la reconquista spagnola dovettero abbandonare la Spagna e trovarono rifugio solo in Bosnia. In questa repubblica quindi trovavano posto almeno quattro religioni (cattolica, ortodossa, musulmana ed ebraica) e quattro alfabeti (latino, cirillico, arabo ed ebraico). Lo Stato non fece parte del Patto di Varsavia e attuò una forma particolare di socialismo fondato sull'autogestione dei lavoratori.
La Repubblica venne per la prima volta proclamata in il 29 novembre 1943 come risultato della seconda riunione dell'AVNOJ, Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare della Jugoslavia, tenutasi a Jajce in Bosnia-Erzegovina, in piena Seconda guerra mondiale. Le pressioni degli Alleati portarono nel 1944 all'Accordo Tito-Šubašić con le autorità in esilio del vecchio Regno di Jugoslavia, sulla base del quale ogni decisione sulla forma di Stato venne sospesa coniando il nome transitorio e neutro di Jugoslavia Democratica Federale (Demokratska Federativna Jugoslavija, DFJ) col quale le autorità dell'AVNOJ si insediarono nella Belgrado appena liberata dai partigiani dell'Esercito Popolare di Liberazione insieme alle truppe dell'Armata Rossa.
Appena terminata la guerra nel 1945, vennero indette elezioni influenzate dall'effettivo potere comunista sul paese, in seguito alle quali l'Assemblea costituente proclamò la formalmente la Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia (Federativna Narodna Republika Jugoslavija, FNRJ), mentre fu nel 1963 che si arrivò al nome definitivo (Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia - Socijalistička Federativna Republika Jugoslavija, SFRJ), in corrispondenza della nuova Costituzione in senso presidenzialista ed esplicitamente socialista.
Il suo primo Capo di stato fu Ivan Ribar mentre il Maresciallo Tito divenne Primo Ministro. Nel 1953 Tito venne eletto presidente, carica che divenne a vita con la nuova Costituzione del 1974. Tito morirà il 4 maggio del 1980 e "capo di stato collettivo" diventò la Presidenza della RSFJ composta da un rappresentante di ogni Repubblica e Provincia Autonoma (otto membri).
Con la morte di Tito iniziarono a riemergere i nazionalismi, che erano stati precedentemente tenuti a bada mediante una rigorosa politica di equilibrio fra i poteri attribuiti ai popoli di Jugoslavia nonché con la repressione. Dopo che quattro delle sei Repubbliche Socialiste dichiararono l'indipendenza tra il 1991 e il 1992, la Federazione si dissolse. Il 27 aprile 1992 nacque la Repubblica Federale di Jugoslavia, formata dalle due restanti repubbliche della Serbia e del Montenegro; a causa dell'opposizione delle altre repubbliche ex-jugoslave nonché delle Nazioni Unite a riconoscere lo stato come successore della precedente Jugoslavia, nel 2003 il paese cambiò nome in Unione Statale di Serbia e Montenegro. Nel 2006 infine il Montenegro, dopo regolare referendum, proclamò la propria indipendenza e mise fine alla comunione con la Serbia. Nel 2008 il Kosovo, già una provincia autonoma della Serbia, proclamò unilateralmente la sua indipendenza, sul cui riconoscimento vi è tuttora dissenso internazionale.
L'ultimo Primo Ministro (il Presidente del Consiglio esecutivo federale) della RSFJ fu Ante Marković, di nazionalità croata come il Presidente della Presidenza Stjepe Mesić, che rimase in carica fino al dicembre 1991, giusto in tempo per vedere lo Stato jugoslavo dissolversi, nonostante egli avesse cercato di attuare, invano, una politica che frenasse le secessioni.
Eventi principali |
1946: prima costituzione.
1950: legge sull'autogestione.
1953: emendamenti costituzionali ("Legge costituzionale sui principi dell'ordinamento socio-politico della RFPJ e sugli organi di governo federali").
1954: Milovan Gilas, uno dei quattro dirigenti del paese, viene arrestato per aver scritto una serie di articoli durissimi contro i dirigenti jugoslavi.
1956: prima riunione dei non allineati Tito-Nehru-Nasser a Brioni, residenza preferita di Tito.
1963: nuova costituzione.
1968: primi moti nel Kosovo, dove la maggioranza della popolazione (circa il 70% degli abitanti all'inizio degli anni '70) era di etnia albanese, in larga parte di fede musulmana, e rivendicava la concessione di maggiori poteri e autonomia dal governo di Belgrado, non considerando sufficienti gli statuti concessi nel 1963.
1971: "primavera croata", che si lega ai movimenti studenteschi del '68 ma con caratteri più nazionalistici; emendamenti costituzionali maggiori.
1974: nuova costituzione, si rafforza il federalismo, potenziati e allargati i diritti degli Albanesi in Kosovo.
1980: il 4 maggio muore Tito.
1981: ancora moti nel Kosovo, volti ad ampliare ulteriormente gli statuti di autonomia già concessi nel 1974.
1986: memorandum dell'accademia delle scienze di Belgrado secondo il quale ogni territorio della Jugoslavia ove vi erano presenti dei serbi doveva essere considerato Serbia. Tale documento fu un punto cardine del nazionalismo serbo che avrebbe spinto le altre repubbliche a seccedere dallo stato jugoslavo.
1989: soppressione da parte del presidente serbo Milosevic dell'autonomia conferita da Tito a Kosovo e Voivodina.
1989: uscita delle delegazioni slovene (Lega dei Comunisti della Slovenia) e croate (Lega dei Comunisti di Croazia) dall XIV° Congresso (straordinario) della Lega dei Comunisti di Jugoslavia in seguito alla politica aggressiva condotta da Milosevic e morte del partito unico.
1989: formazione del governo federale Marković; moti e scioperi in Kosovo; formazione in Croazia dell'Unione Democratica Croata («Hrvatska demokratska zajednica», HDZ), guidata da Franjo Tuđman anche se di fatto il pluripartitismo era ancora vietato.
1991: moti nazionalisti serbi a Belgrado che spingono l'esercito federale a scendere per le strade della capitale.
Repubbliche socialiste e province autonome |
Internamente lo Stato era diviso in sei repubbliche socialiste e due province autonome che facevano parte della Repubblica Socialista di Serbia. La capitale federale era Belgrado.
Con la costituzione del 1974, in seguito alle tensioni interne, dovute al nazionalismo dei croati e dei serbi, si previde il diritto per i "popoli costitutivi" (identificati con le Repubbliche) di staccarsi dalla Federazione. Tale diritto non era previsto per le minoranze (e di conseguenza per le province autonome).
Nome | Capitale | Bandiera | Stemma |
---|---|---|---|
1. Bosnia ed Erzegovina | Sarajevo | ||
2. Croazia | Zagabria | ||
3. Macedonia | Skopje | ||
4. Montenegro | Titograd* | ||
5. Serbia**
| Belgrado
| ||
6. Slovenia | Lubiana |
* Dopo la fine della SFRJ tornò a chiamarsi Podgorica.
** La Serbia includeva le provincie autonome della Vojvodina e di Kosovo e Metochia.
I documenti della fondazione |
Dissoluzione |
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Il 25 giugno 1991 dichiararono l'indipendenza la Slovenia, guidata dal leader della Partito Comunista Sloveno Milan Kučan, e la Croazia, guidata dal presidente dell'HDZ Franjo Tudjman, seguite dopo pochi mesi (l'8 settembre 1991) dalla Macedonia.
Il 5 aprile 1992 la Bosnia ed Erzegovina dichiarò la propria indipendenza a seguito di un referendum boicottato da gran parte della popolazione serba[6].
A quel punto le due Repubbliche Socialiste rimaste, la Serbia e il Montenegro, diedero vita il 27 aprile alla Repubblica Federale di Jugoslavia, mettendo fine all'esperienza socialista.
La Slovenia e la Croazia si sono riconosciute reciprocamente il 26 giugno 1991. Nonostante l'invito dei capi di Stato della CEE a non procedere ad un riconoscimento separato, la Lituania (30 luglio 1991), l'Ucraina (11 dicembre 1991)[7] e la Lettonia (14 dicembre 1991)[8] riconoscono la Croazia. L'Islanda (per voce del suo ministro degli esteri Jón Baldvin Hannibalsson), l'Estonia (31 dicembre 1991)[8] e quindi la Città del Vaticano, l'Austria e la Germania procedono ad un riconoscimento unilaterale dei due nuovi stati. Nel 1992 arriveranno i riconoscimenti della gran parte degli altri paesi del mondo.
La dissoluzione della Jugoslavia sfocerà nelle guerre jugoslave che porteranno alla morte di circa 250.000 persone e alla pulizia etnica nel paese con centinaia di migliaia di persone cacciate dalle proprie terre.
Popolazione |
Il territorio jugoslavo era caratterizzato da una grandissima composizione etnica. Dopo la seconda guerra mondiale, il governo comunista riconobbe "nazioni" e "nazionalità": le prime includevano i popoli di origine slava costitutivi della nazione (bosgnacchi, croati, macedoni, montenegrini, serbi e sloveni), le seconde tutti gli altri gruppi etnici indistintamente fossero essi slavi (come bulgari e slovacchi) o non slavi (come albanesi, italiani e ungheresi); vi era poi un generico gruppo indicato come "jugoslavi" comprendente tutti coloro che, per una ragione o per l'altra, rifiutavano l'appartenenza a una certa nazione o nazionalità. In base alle nazioni la repubblica venne divisa in sei repubbliche federali (tra parentesi i gruppi etnici principali):
Repubblica Socialista di Slovenia (sloveni, italiani, ungheresi)
Repubblica Socialista di Croazia (croati, serbi, italiani)
Repubblica Socialista di Bosnia ed Erzegovina (bosgnacchi, croati, serbi)
Repubblica Socialista di Serbia (serbi)
Provincia Socialista Autonoma della Voivodina (serbi, ungheresi, romeni, croati)
Provincia Socialista Autonoma del Kosovo (albanesi, serbi)
Repubblica Socialista di Montenegro (montenegrini, serbi)
Repubblica Socialista di Macedonia (macedoni, albanesi)
Repubblica/provincia | Popolazione 1991 | % | Area (km²) | % | Densità | Popolazione 2017 | % |
---|---|---|---|---|---|---|---|
Serbia | 9,506,174 | 40.9% | 88,361 | 35.2% | 114.0 | 7,040,272b | 32.81% |
Serbia Centrale | 7,582,611 | 24.0% | 56,169 | 22.4% | 99.4 | 5,108,463 | 23.81% |
Croazia | 4,784,265 | 20.6% | 56,524 | 22.5% | 84.6 | 4,154,200 | 19.36% |
Bosnia ed Herzegovina | 4,377,053 | 18.8% | 51,129 | 20.4% | 85.6 | 3,531,159c | 16.46% |
Macedonia | 2,033,964 | 8.8% | 25,713 | 10.3% | 79.1 | 2,103,721 | 9.80% |
Vojvodina | 1,996,367 | 8.6% | 21,506 | 8.6% | 92.8 | 1,931,809 a | 9.00% |
Kosovo | 1,956,196 | 8.4% | 10,686 | 4.3% | 183.1 | 1,920,079 | 8.95% |
Slovenia | 1,913,355 | 8.2% | 20,246 | 8.1% | 94.5 | 2,065,895 | 9.63% |
Montenegro | 615,035 | 2.6% | 13,810 | 5.5% | 44.5 | 642,550 | 2.99% |
Yugoslavia | 23,229,846 | 100% | 250,790 | 100% | 92.6 | 21,457,875 | 100% |
a 2011 census
b Serbia proper+Vojvodina (no Kosovo)
c 2013 census
Sicurezza |
La tutela della pubblica sicurezza e dell'ordine pubblico erano affidati alla polizia federale che prendeva il nome di milicija.
Le attività di controspionaggio e di repressione del dissenso erano svolte dalla Amministrazione per la sicurezza o di stato, comunemente conosciuta con l'acronimo di UDBA, divenuta famosa per numerosi omicidi e sequestri di persona compiuti all'estero a danno degli oppositori dello stato jugoslavo.
Difesa |
La particolare posizione sia geografica che politica della Jugoslavia spinse Tito a sviluppare fortemente le forze armate. La Jugoslavia era uno degli ultimi paesi della Cortina di Ferro, confinava con l'Italia che faceva parte della NATO. Allo stesso tempo non era ben vista dall'Unione Sovietica perché non faceva parte del Patto di Varsavia e mantenne sempre una politica distaccata dai vertici di Mosca. Nel 1948 Tito si rifiuto infatti apertamente di sottomettersi agli ordini di Stalin ritagliandosi così uno spazio di primo piano sulla scena politica internazionale. La Jugoslavia divenne così il solo stato comunista in Europa a non sottostare al volere sovietico. Nel 1968 quando le truppe sovietiche invasero Praga la tensione crebbe enormemente, si pensava che anche la Jugoslavia potesse essere invasa dai sovietici, così da piegarla al volere di Mosca. Tuttavia così non fu e in questo modo le forze armate della Jugoslavia divennero tra le più potenti d'Europa e del mondo, partecipando a diverse missioni internazionali per l'ONU.
Le forze armate jugoslave erano riunite nella Armata Popolare di Jugoslavia che si divideva in tre corpi:
- Esercito
- Marina
- Aeronautica
Esisteva anche un quarto corpo chiamato Difesa Territoriale, questi era una specie di milizia locale che rispondeva soprattutto alla propria repubblica federale di appartenenza. Nata nel 1968 il suo compito era quello di difendere la repubblica federale di appartenenza da attacchi esterni con tattiche di guerriglia, ereditate dal movimento di resistenza partigiana.
Economia |
Cultura |
Letteratura |
La letteratura delle lingue della Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia conobbe un periodo florido caratterizzato da grandi scrittori quali Danilo Kiš, Abdulah Sidran e Izet Sarajilić. Fondamentali sono i contributi alla letteratura europea di Miroslav Krleža, Predrag Matvejević e di Ivo Andrić, insignito del Nobel per la letteratura.
Musica |
Dal punto di vista musicale la Jugoslavia rappresenta un caso interessante poiché, a differenza dei paesi della Cortina di ferro, limitati nell'espressività artistica dalle restrizioni sovietiche, fu l'unico paese a subire le influenze del rock; a partire dagli anni '60 si svilupparono diversi gruppi rock dando vita al cosiddetto rock jugoslavo, apprezzato anche in occidente. Tra i gruppi più famosi si ricordano Yu grupa, OKO, Zabranjeno Pušenje, Bijelo Dugme.
Note |
^ come serbocroato in Serbia, serbocroato/croatoserbo iecavo in Bosnia ed Erzegovina, serbocroato iecavo in Montenegro e croato o serbo (anche croato letterario) in Croazia
^ ufficiale in Slovenia
^ ufficiale in Macedonia
^ diffuso nella provincia autonoma del Kossovo, non ufficialmente riconosciuto, ma tutelato a partire dal 1974
^ Successore legale del Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia
^ (EN) Bosnian Independence Day Divides Ethnic Communities, su balkaninsight.com. URL consultato il 25 luglio 2017.
^ .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}
Vjesnik[collegamento interrotto] Boris Tarasjuk: Ukrajina ne vodi ni proistočnu ni prozapadnu politiku, 29. veljače 2000.
"Kad je 11. prosinca 1991. godine, kao prva članica Ujedinjenih naroda, Ukrajina priznala Hrvatsku..."
^ ab
Vjesnik[collegamento interrotto] Island nije prvi priznao hrvatsku neovisnost, 27. prosinca 2001.
Bibliografia |
- S. Bianchini, La questione jugoslava, Giunti, Firenze 1996
- J. Krulic, Storia della Jugoslavia, Bompiani, Milano 1997
- J. Pirjevec Il giorno di San Vito. Jugoslavia 1918-1992. Storia di una tragedia, ERI, Roma 1993
- Sandro e Alessandro Damiani: "Jugoslavia: genesi di una mattanza annunciata", prefazione di Franco Cardini. Cooperativa Settegiorni editore, Pistoia, 1993.
- A. Floramo, recensione di R. Petrović, Il fallito modello federale della ex Jugoslavia, «eSamizdat», 2006, IV, pp. 11–16
- Zlata Filipović, Diario di Zlata, Rizzoli, Milano 1999
Voci correlate |
- Accordo di Dayton
- Guerre jugoslave
- Jugoslavia
- Repubblica Federale di Jugoslavia
Altri progetti |
Altri progetti
- Wikiquote
- Wikimedia Commons
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Collegamenti esterni |
- (EN) Ordini e medaglie della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, su medals.lava.pl. URL consultato il 1º ottobre 2006 (archiviato dall'url originale il 21 giugno 2006).
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Controllo di autorità | VIAF (EN) 151848213 · ISNI (EN) 0000 0001 2260 1075 · LCCN (EN) n79097346 · GND (DE) 4028966-7 |
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