Boris Nikolaevič El'cin
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Boris Nikolaevič El'cin Бори́с Никола́евич Е́льцин | |
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Presidente della Federazione Russa | |
Durata mandato | 25 dicembre 1991 – 31 dicembre 1999 |
Predecessore | carica creata |
Successore | Vladimir Putin |
Presidente del Soviet Supremo della RSFS Russa | |
Durata mandato | 29 maggio 1990 – 10 luglio 1991 |
Predecessore | Vitalij Ivanovič Vorotnikov |
Successore | se stesso come Presidente della Federazione Ruslan Chasbulatov come Presidente del Soviet Supremo |
Deputato del Soviet dell'Unione del Soviet Supremo dell'URSS | |
Legislature | X, XI |
Circoscrizione | Oblast' di Sverdlovsk |
Capo del governo della Federazione Russa | |
Durata mandato | 6 novembre 1991 – 15 giugno 1992 |
Predecessore | Oleg Lobov (Presidente del consiglio dei ministri della RSFS Russa) |
Successore | Egor Timurovič Gajdar (Primo ministro) |
Primo Segretario del Comitato cittadino di Mosca del Partito Comunista dell'Unione Sovietica | |
Durata mandato | 23 dicembre 1985 – 11 novembre 1987 |
Predecessore | Viktor Grishin |
Successore | Lev Zaykov |
Dati generali | |
Partito politico | PCUS (fino al 1990) Indipendente (dal 1990) |
Firma |
Boris Nikolaevič El'cin, traslitterato comunemente Eltsin, o Yeltsin (in russo: Бори́с Никола́евич Е́льцин?, bʌ'rʲis nʲikʌ'ɫajɪvʲiʧ 'jelʲʦɪn; Butka, 1º febbraio 1931 – Mosca, 23 aprile 2007), è stato un politico sovietico e, dal 1991, presidente russo. Primo presidente della Federazione russa dal 1992 al 1999, salì al Cremlino nel dicembre del 1991 succedendo a Michail Gorbačëv.
Indice
1 Biografia
1.1 Inizi
1.2 Presidente della Repubblica Russa. Il tentativo di golpe del 1991
1.3 La sanguinosa crisi del 1993
1.4 La rielezione del 1996 e le dimissioni del 1999
1.5 Gli ultimi anni
2 Onorificenze
2.1 Onorificenze sovietiche
2.2 Onorificenze russe
2.3 Onorificenze straniere
3 Note
4 Bibliografia
5 Altri progetti
Biografia |
Inizi |
Fece i suoi studi superiori nel villaggio di Butka, distretto di Talica, Oblast' di Sverdlovsk e studiò al Politecnico di Sverdlovsk (alcune fonti riferiscono che al primo tentativo non fu ammesso). Nel 1955 ottenne il diploma di ingegnere edile e per 13 anni lavorò come tale. Nel 1961 aderì al Partito Comunista dell'Unione Sovietica, di cui diventò funzionario nel 1968 e direttore della sezione edilizia dell'Obkom Kpss Oblast' di Sverdlovsk.
Nel 1975 diventò segretario fino al 1976 e proseguì, .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}con la raccomandazione del Politburo del Comitato Centrale del KPSS,[senza fonte] come primo segretario (sempre a Sverdlovsk, l'odierna Ekaterinburg) fino al 1985. In questo tempo riuscì a convincere il Politburo ad iniziare la costruzione della metropolitana, che però ebbe come conseguenza la demolizione della casa Ipatiev, che presentava un grande significato storico e dove fu ucciso l'ultimo zar, Nicola II.[senza fonte]
Proseguendo nella carriera del partito, il 24 dicembre 1985 venne promosso a segretario della sezione di Mosca. Da qui continuò a lanciare critiche alla lentezza delle riforme che Gorbačëv stava effettuando, e due anni dopo entrò in contrasto con il Politburo durante il plenario del Comitato Centrale del KPSS con un discorso che criticava direttamente i membri del Politburo, particolarmente Ligačëv e Gorbačëv, e quindi nel novembre del 1987 venne destituito. In 1987-1989 venne ministro del governo dell 'URSS.
Presidente della Repubblica Russa. Il tentativo di golpe del 1991 |
Nel marzo del 1989 venne eletto deputato al Congresso dei Deputati del Popolo dell'Unione Sovietica e nel maggio del 1990 fu nominato Presidente del Praesidium del Soviet Supremo della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.
Nel giugno del 1990 dichiarò la sovranità della Russia, dimettendosi dal Partito Comunista Sovietico e il 12 giugno 1991, Eltsin venne eletto, con il 57% dei voti, con la prima elezione democratica,[senza fonte] Presidente della Repubblica Russa. Con la sua elezione a Presidente della Russia, egli divenne rivale di Gorbačëv e deciso a imprimere un ritmo più radicale al processo riformatore. Nell'agosto 1991, in una condizione di confusione e catastrofica situazione economica, i comunisti conservatori azzardarono l'estremo tentativo di un colpo di Stato, che fallì miseramente per la resistenza opposta a Mosca, guidata fermamente da Eltsin, e per il rifiuto di Gorbačëv - tenuto prigioniero nella sua dacia - di aderire alle richieste dei golpisti.
L'evento - che rafforzò l'immagine di Eltsin a discapito di Gorbačëv, emarginato ed accusato d'aver avuto all'interno nel suo entourage i reazionari del golpe - è passato alla storia con due immagini fotografiche: Eltsin che sale sul carro armato dal quale arringa la folla contro il golpisti, e, due giorni dopo, Eltsin che punta il dito indice contro Gorbačëv in una seduta del Congresso in cui dettò le sue condizioni di trionfatore politico della crisi. Il Partito Comunista venne messo al bando e i suoi beni confiscati. Il progetto di Gorbačëv di salvare l'U.R.S.S. fallì ed il 25 dicembre 1991 rassegnò le dimissioni; il giorno dopo l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche cessò formalmente di esistere.
La sanguinosa crisi del 1993 |
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Nell'autunno del 1993 lo scontro fra istituzioni, per determinare i centri di potere dell'era post-sovietica e la natura delle riforme economiche, culminò in una sanguinosa crisi politica. Eltsin, a capo del movimento politico che propugnava la necessità di massicce privatizzazioni, venne duramente contrastato dal Parlamento. Osteggiato dall'opposizione riguardo ai poteri presidenziali del Decreto delle riforme e minacciato di incriminazione, il Presidente "sciolse" il parlamento il 21 settembre, in aperto contrasto con la Costituzione russa,[senza fonte] e ordinò nuove elezioni e un referendum per una nuova Costituzione. Il 22 settembre il Parlamento dichiarò allora Eltsin deposto e nominò Aleksandr Ruckoj presidente ad interim.
La tensione si alzò rapidamente e la crisi giunse all'epilogo dopo i disordini del 2 e 3 ottobre, durante numerose manifestazioni popolari di protesta contro le privatizzazioni e le liberalizzazioni. Il 4 ottobre Eltsin ordinò alle teste di cuoio russe e ad unità d'elite dell'esercito di bombardare e assaltare il palazzo del Parlamento, soprannominato "Casa Bianca".[senza fonte] Con i carri armati schierati contro i difensori del parlamento, armati solo di pistole e fucili, l'esito fu subito scontato. Al termine di un duro scontro Ruckoj, Ruslan Chasbulatov e gli altri parlamentari asserragliati si arresero, venendo immediatamente arrestati e imprigionati.
Il conto ufficiale delle vittime fu di 187 morti e 437 feriti;[senza fonte] Eltsin, comunque, non venne mai processato per questo fatto. Con tale accadimento il periodo di transizione giunse al termine: una nuova costituzione fu approvata da un referendum nel dicembre 1993, conferendo alla Russia un sistema politico fortemente presidenziale, e le privatizzazioni proseguirono. I leader dei parlamentari furono rilasciati senza lo svolgimento di alcun processo il 26 febbraio dell'anno successivo, ma non assunsero più alcun ruolo di aperta opposizione. Anche se gli scontri con l'esecutivo avrebbero potuto riprendere, il nuovo parlamento russo si ritrovò da allora con poteri estremamente circoscritti.
La rielezione del 1996 e le dimissioni del 1999 |
Nel 1996 Boris Eltsin venne riconfermato presidente, in un paese in cui l'economia faticava a riprendersi, la povertà era sempre diffusa, scoppiavano focolai di guerra (come la Cecenia) e la malavita organizzata aumentava. Si stima che la sua campagna elettorale in quell'anno sia costata 600 milioni di dollari, a causa della diffusione sempre maggiore dei mezzi di informazione nella federazione russa che determinava un vertiginoso aumento dei costi delle campagne elettorali.[senza fonte] Con una salute precaria, segnata dal notevole abuso di alcool e fumo, con un'economia nazionale vicina alla rovina e con la corruzione pubblica in aumento, il 31 dicembre 1999 Boris Eltsin si dimise da presidente russo, indicando Vladimir Putin come suo successore.
Gli ultimi anni |
Dopo la caduta Boris Eltsin apparve rare volte in pubblico, mentre politicamente rimase sostenitore del suo successore, Vladimir Putin. Nel settembre del 2002 ribadì la sua innocenza nei casi di corruzione a lui imputati e si disse orgoglioso delle decisioni prese in passato, dichiarando di non voler più prender parte alla politica attiva e rifiutando la candidatura al Parlamento russo offertagli da Russia Unita, il partito di Putin. Nel febbraio 2003 vennero alla luce altri scandali che vedevano coinvolti l'ex presidente e alcuni ministri[senza fonte]. Nel gennaio 2004, partecipando a un forum ambientalista, si disse molto preoccupato per le attuali condizioni del pianeta e decise di aderire a Greenpeace.[senza fonte]Nel dicembre 2006 rilasciò una nostalgica intervista nella quale si dichiarava deluso dal fatto che il popolo russo avesse dimenticato il difficile periodo negli ultimi anni dell'Unione Sovietica.[senza fonte]
Già fragile di salute per l'alcolismo e il fumo, malato di cuore (nel 1996 aveva subito un quintuplo by-pass), di ipertensione e con grossi problemi all'apparato circolatorio il 16 aprile 2007 fu colpito da un infarto al quale sopravvisse, venendo ricoverato all'ospedale di Mosca. La notizia non fu resa pubblica. Il 20 aprile fu dimesso dal reparto di rianimazione, anche se era ritenuto necessario un altro intervento chirurgico al cuore, al quale avrebbe dovuto sottoporsi il mese successivo. Tuttavia, il 23 aprile, alle ore 15:53 locali, fu vittima di un altro infarto, fatale. L'autopsia su richiesta dei parenti non è stata effettuata.
Il primo a porgere le condoglianze alla famiglia di Eltsin fu il suo vecchio rivale Michail Gorbačëv; arrivarono in seguito quelle del suo "delfino", Vladimir Putin. Eltsin oggi riposa nel Cimitero di Novodevičij, a Mosca.
Sua moglie è stata Naina Iosifovna El'cina. Aveva due figlie, Tatiana ed Elena.
Onorificenze |
Onorificenze sovietiche |
Ordine di Lenin | |
«Per i servizi al Partito comunista e allo Stato sovietico e in occasione del cinquantesimo compleanno» — 30 gennaio 1981 |
Ordine della Bandiera rossa del Lavoro | |
«Per i servizi all'attuazione del piano quinquennale» — agosto 1971 |
Ordine della Bandiera rossa del Lavoro | |
«Per i risultati ottenuti nella prima fase di costruzione dell'impianto di laminati a freddo "Iset Metallurgical"» — gennaio 1974 |
Ordine del Distintivo d'Onore | |
«Per i risultati ottenuti nell'attuazione del piano settennale per la costruzione» — 1966 |
Medaglia commemorativa per il giubileo dei 100 anni dalla nascita di Vladimir Il'ich Lenin per lavoro valente | |
— novembre 1969 |
Medaglia per il giubileo dei 30 anni della vittoria della grande guerra patriottica del 1941-1945 | |
— aprile 1975 |
Medaglia per il giubileo dei 60 anni delle forze armate dell'Unione Sovietica | |
— gennaio 1978 |
Onorificenze russe |
Collare dell'Ordine al merito per la Patria | |
«Per il contributo eccezionale alla creazione e allo sviluppo dello Stato» — 12 giugno 2001 |
Medaglia commemorativa per il 1000º anniversario di Kazan' | |
— 2006 |
Cavaliere di I classe dell'Ordine del santo granduca Dimitri di Russia | |
Onorificenze straniere |
Medaglia "Betlemme 2000" (Autorità Nazionale Palestinese) | |
— 2000 |
Ordine di Skarina (Bielorussia) | |
«Per il suo grande contributo personale allo sviluppo e al rafforzamento della cooperazione russo-bielorussa» — 31 dicembre 1999 |
Collare d'oro dell'Ordine olimpico (CIO) | |
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine della Legion d'Onore (Francia) | |
Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Italia) | |
— Roma, 19 dicembre 1991[1] |
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila d'Oro (Kazakistan) | |
— 1997 |
Gran Croce dell'Ordine della Croce di Vytis (Lituania) | |
— 10 giugno 2011 |
Medaglia commemorativa del 13 gennaio (Lituania) | |
— 9 gennaio 1992 |
Commendatore di Gran Croce dell'Ordine delle Tre Stelle (Lettonia) | |
— 2006 |
Gran Croce dell'Ordine della Buona Speranza (Sudafrica) | |
— 1999[2] |
Ordine del Coraggio Personale (Transnistria) | |
— 18 ottobre 2001 |
Ordine di Jaroslav il Saggio di I Classe (Ucraina) | |
«Per il suo significativo contributo allo sviluppo della cooperazione russo-ucraina» — 22 gennaio 2000 |
Note |
^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
^ Elenco dei premiati dell'anno 1999.
Bibliografia |
- Giulietto Chiesa: Cronaca del Golpe Rosso, Baldini & Castoldi, 1991
- Giulietto Chiesa: Russia Addio, Editori Riuniti, 1997
- Boris Eltsin, Diario del Presidente, traduzione di Igor Francia, Marina Ghiglione, Elena Kostjukovich, Lucia Tonini, Sperling & Kupfer, 1994
- Roj Medvedev: La Russia post-sovietica: un viaggio nell'era Eltsin, Einaudi, Torino: 2002
- Enrico Melchionda: Eltsin a Mosca. I meccanismi del successo politico in Unione Sovietica, Edizioni Lavoro, Roma: 1990
- Antonio Rubbi: La Russia di Eltsin, Editori Riuniti, Roma: 2002
- Vladimir Solovyov, Elena Klepikova: Corvo bianco. Biografia di Boris Eltsin, Baldini & Castoldi, Milano: 1992
Altri progetti |
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Controllo di autorità | VIAF (EN) 39414592 · ISNI (EN) 0000 0001 2278 5409 · LCCN (EN) n83228407 · GND (DE) 118900048 · BNF (FR) cb121472282 (data) · NLA (EN) 35084333 |
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