Legione romana






































































Legione romana

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Moderna ricostruzione di soldati romani. Si possono notare il tipico scudo convesso (scutum), il giavellotto (pilum) e l'armatura a piastre d'epoca imperiale (lorica segmentata).
Descrizione generale
Attiva
VIII secolo a.C. - V secolo
Nazione Roma Antica
Tipo forza armata terrestre
Dimensione
variabile, nell'ordine delle migliaia, fino a un massimo di 20.000 (età monarchica)
4.000-6.000 (età repubblicana e alto-imperiale)
5.000-3.000 e 1.000 per le vexillationes (età tardo-imperiale)
Guarnigione/QG
Castra legionari lungo il limes e castella
Patrono
Marte ultore
Giove Capitolino
Dea Roma
Dio, Cristo e lo Spirito Santo (a partire da Costantino I)
Colori porpora, bianco
Anniversari 21 aprile
Decorazioni Dona militaria
Onori di battaglia
Trionfo
Ovatio
Spolia opima
Cognomina ex virtute
Corona trionfale


Comandanti
Comandante attuale
Tribunus militum (età monarchica)
Legatus legionis o Legatus Augusti pro praetore (età repubblicana e alto-imperiale)
Praefectus legionis (III secolo)
Magistri militum e comites (tardo impero)
Simboli

Aquila (retta da un aquilifer)
Roman aquila.jpg

Draco (retto da un draconarius)
Dacians bearing the draco on Trajan's Column.jpg

Labarum (retto da un signifer)
Labarum of Constantine the Great.svg
vedi Bibliografia

Voci su unità militari presenti su Wikipedia

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«Non si sbaglierebbe chi chiamasse le loro manovre battaglie senza spargimento di sangue e le loro battaglie esercitazioni sanguinarie.»


(Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, III, 5.1.75)

La legione romana (dal latino legio, derivato del verbo legere, "raccogliere assieme", che all'inizio indicava l'intero esercito) era l'unità militare di base dell'esercito romano. Nacque dalla trasformazione dell'esercito alto-repubblicano dal modello falangitico a quello manipolare nel IV secolo a.C. L'esercito romano passò così dall'impiego del clipeus e dell'hasta all'utilizzo dello scutum, del pilum e del gladius, che divennero le armi fondamentali dei legionari romani, conformi del tutto al tipo di utilizzo imposto dalla tattica bellica romana.


Grazie al grande successo militare della Repubblica e, in seguito, dell'Impero, la legione viene considerata come il massimo modello antico di efficienza militare, sia sotto il profilo dell'addestramento, sia dal punto di vista tattico e organizzativo. Altra chiave del successo della legione era il morale dei soldati, consolidato dalla consapevolezza che ciascun uomo doveva contare sull'appoggio del compagno, prevedendo la legione l'integrazione dei soldati in un meccanismo complessivo di lavoro di squadra.


Era assimilabile ad una grande unità complessa odierna, di rango variabile tra una brigata ed una divisione, ma soprattutto riuniva attorno a sé, oltre ai reparti dell'arma base, fanteria e cavalleria, altri reparti specializzati come frombolieri, sagittarii, esploratori e genieri. All'inizio autonoma sul piano logistico, era normalmente stanziata in una provincia, di cui aveva la responsabilità della sicurezza e della difesa militare. Nella storia di Roma, l'esercito poté contare su oltre 60 legioni (composte di 5/6.000 armati) al termine della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio,[1] e su un minimo di 28 agli inizi del principato (ridotte a 25 dopo la disfatta di Teutoburgo). Nel passaggio dalla Repubblica al Principato, e poi al Dominato, l'esercito, e con esso la struttura della legione (il cui numero di unità andò riducendosi), venne ristrutturato profondamente.




Indice






  • 1 Età regia


    • 1.1 Struttura della legione


      • 1.1.1 Prima epoca regia (VIII-VII secolo a.C.)


      • 1.1.2 La riforma di Servio Tullio (metà VI secolo a.C.)




    • 1.2 Comandi complementari interni alla legione


      • 1.2.1 Cavalleria


      • 1.2.2 Genio militare




    • 1.3 Gerarchia interna


    • 1.4 Disposizione tattica


    • 1.5 Modello strategico


    • 1.6 Armamento




  • 2 Età repubblicana


    • 2.1 Struttura della legione


      • 2.1.1 Legione liviana durante la guerra latina (340-338 a.C.)


      • 2.1.2 La legione secondo Polibio, prima della seconda guerra punica (218 a.C.)


      • 2.1.3 Da Mario a Cesare (II-I secolo a.C.)




    • 2.2 Comandi complementari interni alla legione


      • 2.2.1 Cavalleria legionaria (e ausiliaria)


      • 2.2.2 Genio militare




    • 2.3 Gerarchia interna


    • 2.4 Disposizione tattica


    • 2.5 Modello strategico


    • 2.6 Armamento




  • 3 Età alto imperiale


    • 3.1 Dalla riforma di Augusto agli Antonini


      • 3.1.1 Struttura della legione


        • 3.1.1.1 La grande riforma augustea (fine I secolo a.C.)


        • 3.1.1.2 I successori di Augusto: da Tiberio a Commodo




      • 3.1.2 Comandi complementari interni alla legione


        • 3.1.2.1 Cavalleria legionaria (e ausiliaria)


        • 3.1.2.2 Genio militare




      • 3.1.3 Gerarchia interna


      • 3.1.4 Disposizione tattica


      • 3.1.5 Modello strategico


      • 3.1.6 Armamento




    • 3.2 Dai Severi all'anarchia militare


      • 3.2.1 Struttura della legione


        • 3.2.1.1 Riforma di Settimio Severo


        • 3.2.1.2 Riforma di Gallieno




      • 3.2.2 Comandi complementari interni alla legione


        • 3.2.2.1 Cavalleria legionaria (e ausiliaria)


        • 3.2.2.2 Genio militare




      • 3.2.3 Gerarchia interna


      • 3.2.4 Disposizione tattica


      • 3.2.5 Modello strategico


      • 3.2.6 Armamento






  • 4 Tardo impero


    • 4.1 Dalla riforma di Diocleziano al consolidamento del potere costantiniano (285-324)


      • 4.1.1 Struttura della legione


      • 4.1.2 Comandi complementari interni alla legione


        • 4.1.2.1 Cavalleria


        • 4.1.2.2 Genio militare




      • 4.1.3 Gerarchia interna


      • 4.1.4 Disposizione tattica


      • 4.1.5 Modello strategico


      • 4.1.6 Armamento




    • 4.2 Dall'ascesa di Costantino alla morte di Valente (324-378)


      • 4.2.1 Struttura della legione


      • 4.2.2 Comandi complementari interni alla legione


        • 4.2.2.1 Cavalleria


        • 4.2.2.2 Genio militare




      • 4.2.3 Gerarchia interna


      • 4.2.4 Disposizione tattica


      • 4.2.5 Modello strategico


      • 4.2.6 Armamento




    • 4.3 Da Adrianopoli alla fine dell'Occidente (378-476)




  • 5 Fortificazioni


  • 6 Conduzione degli assedi e macchine da guerra


  • 7 Simboli della legione


    • 7.1 Signiferi e vessilliferi




  • 8 Servizio medico


  • 9 Vita del legionario


  • 10 Legione e flotta


  • 11 Note


  • 12 Bibliografia


    • 12.1 In letteratura




  • 13 Altri progetti


  • 14 Collegamenti esterni





Età regia |


Per tutta l'età regia di Roma l'esercito romano fu costituito da un'unica legione, tanto da identificarsi con quest'ultima e viceversa. Fu solo in seguito, con l'avvento della Repubblica e del doppio comando consolare, che l'esercito necessariamente si sdoppiò, risultando composto da due legioni. Per la verità sembra che ciò sia avvenuto anche in precedenza, al tempo della riforma serviana, quando alla legione di iuniores ne venne affiancata un'altra di seniores.[2] In quest'ultimo caso, però, si trattava solo di una seconda legione potenzialmente arruolabile, che mai nella realtà si verificò.



Struttura della legione |



Prima epoca regia (VIII-VII secolo a.C.) |





Romolo, creatore della legione e quindi dell'esercito romano, porta le spoglie di Acrone al tempio di Giove (dipinto di Jean Auguste Dominique Ingres, 1812).


Secondo la tradizione fu Romolo a creare, sull'esempio della falange greca,[3] la legione romana, formata da 3.000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites), scelti tra la popolazione.[4]


Fanti e cavalieri erano arruolati tra le tre tribù romane (1.000 fanti e 100 cavalieri ciascuna) che formavano la primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes e i Luceres. In epoca regia era formata da cittadini compresi tra i 17 e i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo dell'armamento.[5]


Si dice anche che Romolo, quando la città di Roma si ingrandì e i Romani si unirono ai Sabini, abbia deciso di raddoppiare il numero dei suoi armati in: 6.000 fanti e 600 cavalieri.[6]



La riforma di Servio Tullio (metà VI secolo a.C.) |


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Lo stesso argomento in dettaglio: riforma serviana dell'esercito romano.

In età monarchica fu eseguita, secondo la tradizione da Servio Tullio, sesto re di Roma, una riforma timocratica che divise tutta la popolazione romana in cinque classi in base al censo (secondo altre fonti 6 classi[7]) divisa a sua volta in tre categorie[2]:seniores (maggiori di 46 anni: anziani), iuniores (tra 17 e 46 anni, ovvero i più adatti a combattere: giovani) e pueri (di età inferiore ai 17 anni: ragazzi); se la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'equipaggiamento da legionario (il costo del tributo per gli armamenti veniva stabilito in base al censo[8]), quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri. L'esercito serviano era formato da 193 centurie[8]



  1. la prima classe, da 80 centurie di fanteria, disponendo di un reddito di più di 100.000 assi: era costituita da 40 centurie di seniores e 40 di iuniores. I seniores avevano il compito di difendere le mura della città mentre gli iuniores combattevano fuori dalla città.[9] La prima classe era l'unica ad essere munita di armamento pesante.[9][10] Alla prima classe, prima Tarquinio Prisco aggiunse sei coorti di cavalleria (sex suffragia[11]), poi Servio Tullio ne aggiunse altre dodici,[12] per un totale di diciotto centurie di equites.

  2. la seconda, da 20 centurie di fanteria, disponendo di un reddito tra i 100.000 e i 75.000 assi: 10 di iuniores e 10 di seniores.

  3. la terza, da 20 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 75.000 e i 50.000 assi: 10 di seniores e 10 di iuniores.[9][10]

  4. la quarta, da 20 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 50.000 e i 25.000 assi: 10 di seniores e 10 di iuniores.[13] A questa erano affiancati due centurie di suonatori di tromba (tubicines) e suonatori di corno (cornicines). Questo squadrone era formato da accensi[10], vale a dire coloro che avevano il compito di esortare l'esercito alla battaglia.[7][13] Secondo altre fonti le due centurie di suonatori appartenevano alla quinta classe.[10])

  5. la quinta, da 30 centurie di fanteria leggera, disponendo di un reddito tra i 25.000-11.000 assi: 15 di iuniores e 15 di seniores.[10][13]

  6. la sesta formata da 1 centuria senza mezzi economici propri, esonerata dalla tassazione e con un reddito inferiore alle 11.000 assi. Questa era dispensata dall'assolvere agli obblighi militari (i cui membri erano chiamati proletarii, poiché avevano un reddito inferiore alle 1.500 assi, nel significato di essere "destinato a far prole"[14], o capite censi),[10][15] tranne nel caso in cui non vi fossero particolari pericoli per la città di Roma. In quest'ultimo caso, venivano armati a spese dello Stato, servendo in formazioni speciali estranee all'ordinamento legionario.[16]


Servio Tullio oltre a creare una nuova legione, mise da parte le curie.[17]



Comandi complementari interni alla legione |



Cavalleria |




Cavaliere romano con armatura (Musei Capitolini,Tabularium).






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Lo stesso argomento in dettaglio: cavalleria legionaria e tattiche della cavalleria romana.

Fu Romolo a creare un primo contingente militare di 300 cavalieri, dove ciascun squadrone di cavalleria (100 per ciascuna tribù) era alle dipendenze di un tribunus celerum.[4] Quando in seguito la città di Roma si ingrandì e i Romani si unirono ai Sabini, Romolo decise di raddoppiare il numero dei suoi armati, compresi i cavalieri, che furono così portati a 600.[6] E da ultimo, sempre Romolo costituì una guardia personale di trecento cavalieri chiamata Celeres,[18] in seguito eliminata da Numa Pompilio.[19]


Tarquinio Prisco (VII secolo a.C.- prima metà del VI secolo a.C.), quinto re di Roma, riordinò l'ordine equestre, tornando a raddoppiare il numero dei cavalieri e aggiungendo tre nuove centurie (oltre a quelle costituite dalle tribù dei Ramnes, Tities e Luceres),[20] a cui fu dato l'appellativo di posteriores[21] o sex suffragia.[22] Ciò portò nuovamente gli equites al numero di 600.[21]


Con la riforma serviana, anche i cavalieri (oltre alla prima classe) dovevano disporre di un reddito di più di 100.000 assi. Per l'acquisto dei cavalli l'erario stabilì, inoltre, lo stanziamento annuo di 10.000 assi a centuria, mentre sancì che fossero le donne non sposate a pagarne il mantenimento degli stessi con 2.000 assi annui a centuria. Tale costo fu più tardi trasferito alle classi più ricche.[12]


La funzione tattica della cavalleria si basava su: mobilità, compiti di avanguardia ed esplorazione, quale scorta, oltre che per azioni di disturbo o di inseguimento al termine della battaglia, infine per spostarsi più rapidamente sul campo di battaglia e prestare soccorso a quei reparti di fanteria in difficoltà.[23] I cavalieri usavano briglie e morsi, ma le staffe e la sella erano sconosciuti: non è quindi ipotizzabile una cavalleria "da urto". Quei cavalieri che, nelle stele funerarie appaiono armati di lancia e spada, protetti da un elmo, magari con scudo e piastra pettorale, erano molto probabilmente una sorta di fanteria oplitica mobile. Tito Livio racconta che ancora nel 499 a.C., il dittatore Aulo Postumio Albo Regillense, ordinò ai cavalieri di scendere dai cavalli e aiutare la fanteria contro quella dei Latini in prima linea.[24]









(LA)

«Dicto paruere; desiliunt ex equis, provolant in primum et pro antesignani parma obiciunt. Recepit extemplo animum pedestris acies, postquam iuventutis proceres aequato genere pugnae secum partem periculi sustinentes vidit.»


(IT)

«Essi obbedirono all'ordine; balzati da cavallo volarono nelle prime file e andarono a porre i loro piccoli scudi davanti ai portatori di insegne. Questo ridiede morale ai fanti, perché vedevano i giovani della nobiltà combattere come loro e condividere i pericoli. I Latini dovettero retrocedere e il loro schieramento dovette ripiegare.»


(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II, 20.)

Si trattava delle fasi conclusive della battaglia del lago Regillo. I cavalieri romani risalirono, infine, sui loro destrieri e si diedero ad inseguire i nemici in fuga. La fanteria tenne dietro e così venne conquistato il campo latino.



Genio militare |






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Lo stesso argomento in dettaglio: genio militare (storia romana).

Sappiamo che in seguito alla riforma militare di Servio Tullio, la prima classe disponeva di due centurie aggiuntive di fabbri, armaioli, falegnami e operai, che avevano il compito di costruire e trasportare le prime e rudimentali macchine da guerra romane[12] (secondo altre fonti erano, invece, schierate insieme alla seconda classe[7][13]).



Gerarchia interna |


La massa di cittadini romani arruolabile, era formata da uomini, che avevano un'età compresa tra i 17 e i 46 anni (iuniores), in grado di potersi permettere il costo dell'armamento.[5] A questi, in seguito alla riforma serviana, vennero aggiunti tutti gli uomini di età superiore ai 46 anni (i cosiddetti seniores), anch'essi in grado di potersi permettere l'armamento, i quali vennero però raramente impiegati, costituendo di fatto una riserva strategica. Erano, infatti, utilizzati in caso di estrema necessità, quando la città di Roma era minacciata da forze nemiche.


Il Rex era il comandante supremo dell'esercito romano, a cui spettava il compito di scioglierlo al termine della campagna militare dell'anno. A lui erano subordinati tre tribuni militum, ciascuno dei quali posto a capo di una delle tre tribù o file di 1.000 fanti; gli squadroni di cavalleria erano invece sottoposti al comando di tribuni celerum.[25]


Con la riforma serviana, vi fu un'importante novità: coloro i quali si erano distinti in battaglia diventavano centurioni.[26]



Disposizione tattica |




Dettaglio del vaso Chigi, con scontro tra fanterie oplitiche del 650-640 a.C. (Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, Roma)






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Lo stesso argomento in dettaglio: tattiche della fanteria romana e tattiche della cavalleria romana.

La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange,[27] con la cavalleria ai lati, chiamate alae.[28] Vi era la consuetudine di lanciare un potente grido di guerra per intimorire l'avversario, prima dello scontro, come del resto in tutto il mondo antico.[29] A ciò si aggiunga il fatto che spesso, sempre per scoraggiare il nemico, venivano battute le aste o le spade contro gli scudi, generando un grande fragore.[30]


Il combattimento, in verità, prevedeva, sulla base delle tradizioni omeriche, una serie di duelli tra i "campioni" dei rispettivi schieramenti, in genere tra i guerrieri più nobili, dotati di maggior coraggio e abilità (vedi ad esempio l'episodio tramandatoci degli Orazi e Curiazi[31]), equipaggiati con il miglior armamento.


Con la riforma serviana dell'esercito romano, la prima classe risultava la più avanzata schiera rispetto alle altre.[10][13] Gli opliti della prima fila formavano un "muro di enormi scudi rotondi" parzialmente sovrapposti, in modo che il loro fianco destro venisse protetto dallo scudo del vicino commilitone. Sostenevano un addestramento costante. Effettuavano il combattimento in modo estremamente compatto, armati di lancia e spada, difesi da scudo, elmo e corazza (o comunque con una protezione pettorale). Dietro la prima classe, in battaglia era posizionata la seconda, poi la terza classe che chiudeva lo schieramento.[9] Quarta e quinta classe costituivano la fanteria leggera[13] che solitamente era disposta al di fuori dallo schieramento.[10][13]




Ricostruzione moderna di una falange oplitica romana dell'epoca di Servio Tullio.









«Quel giorno, tra la terza e ottava ora, l'esito del combattimento era così incerto, che il grido di guerra lanciato al primo assalto, non fu più ripetuto, né le insegne avanzarono o ripiegarono, e neppure entrambe le parti indietreggiarono per prendere una nuova rincorsa.»


(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 38.)

L'obiettivo rimaneva quello di far cedere lo schieramento opposto, cercando di incunearsi nel punto in cui l'avversario era in maggiori difficoltà, e spezzare così le file nemiche. La spinta avveniva anche grazie alla pressione delle formazioni più arretrate che si accalcavano, premendo con grande impeto e sospingendo la propria prima fila contro il "muro" umano nemico. Sembrava di assistere ad una gara di forza, dove dopo alcuni ondeggiamenti iniziali di due "muri umani" ormai a stretto contatto, una delle due parti subiva l'inevitabile sfondamento e successivo travolgimento, fino alla sconfitta finale. Da qui l'importanza che i comandanti delle retroguardie assumevano per dirigere la spinta da tergo.[32]









«Fermi ognuno al proprio posto, premendo con gli scudi, combattevano senza prendere il respiro e senza guardarsi indietro; [...] avevano come obiettivo l'estrema stanchezza o la notte.»


(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 38.)


Modello strategico |


Con la riforma serviana dell'esercito romano, gli armati arruolabili nella legione romana passarono dai 3.000 fanti + 300 cavalieri dell'epoca di Romolo, ai 17.000 fanti + 1.800 cavalieri (oltre a 500 uomini tra fabri e tubicines/cornicines).[9][10] Va specificato che, alla legione "da campagna militare" (formata da iuniores[9][10]) poteva essere ora affiancata una seconda legione, almeno sulla carta, "a difesa dell'Urbe" (formata da quei seniores che costituivano la riserva strategica dell'esercito romano), anticipando, almeno nelle intenzioni, ciò che sarebbe divenuto il doppio comando consolare repubblicano.


Alcuni storici moderni hanno preferito fare una netta distinzione tra ciò che era il potenziale numero di armati messo a disposizione dai comizi centuriati e gli effettivi realmente utilizzati. Se consideriamo, infatti, che quasi mai i seniores (con età superiore ai 46 anni, gli anziani) furono impiegati (avendo il solo compito di difendere Roma, mai seriamente minacciata fino al sacco gallico del 390-386 a.C.), gli unici ad essere arruolati annualmente risultarono i soli iuniores (con età inferiore ai 46 anni, i giovani). Alcuni storici moderni hanno, perciò, ipotizzato:



  1. o un loro utilizzo parziale, pari al numero di iuniores della I classe (4.000 fanti) oltre a 600 cavalieri;[33]

  2. oppure, al massimo, tutti gli iuniores (8.500 fanti delle classi I, II, III e IV e V) oltre ai cavalieri (fino a 1.800), escludendo l'impiego dei seniores.[34][35]



Armamento |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Armi ed armature romane § Periodo regio e Legionario romano.


Età repubblicana |



Struttura della legione |


A differenza delle successive formazioni legionarie, composte esclusivamente di fanteria pesante, le legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante. Il termine esercito manipolare, cioè un esercito basato su unità chiamate manipoli (lat. manipulus singolare, manipuli plurale, da manus, "mano"), è pertanto utilizzato in contrapposizione con il successivo "esercito legionario" del tardo periodo repubblicano e alto imperiale, che era incentrato invece su un sistema di unità chiamate coorti. L'esercito manipolare si basava in parte sul sistema di classi sociali e in parte sull'età e sull'esperienza militare,[36] e rappresentava quindi un compromesso teorico tra il precedente modello basato interamente sulle classi e gli eserciti degli anni che ne erano indipendenti.



Legione liviana durante la guerra latina (340-338 a.C.) |




La legione manipolare liviana al tempo della guerra latina (340-338 a.C.).[37]


Ciascuna legione risultava composta da 5.000 fanti e 300 cavalieri.[38] La legione a sua volta era divisa in tre differenti schiere:



  1. la prima era costituita dagli Hastati ("il fiore dei giovani alle prime armi", come racconta Livio[39]) in formazione di quindici manipoli (di 60 fanti ciascuno[37]) oltre a 20 fanti armati alla leggera (dotati di lancia o giavellotti, non invece di scudo), chiamati leves.[40]

  2. la seconda era formata da armati di età più matura, chiamati Principes, anch'essi in formazione di quindici manipoli, tutti forniti di scudo e armi speciali.[39] Queste prime due schiere (formate da 30 manipoli) erano chiamate antepilani.[41]

  3. la terza era formata da altri quindici "ordini", formati ciascuno da 3 manipoli (il primo di Triarii, il secondo di Rorarii e il terzo, di Accensi) di 60 armati ognuno.[41] Ognuna di queste quindici unità constava di due vessilliferi e quattro centurioni, per un totale di 186 uomini. I Triari erano soldati veterani di provato valore, i Rorarii, più giovani e meno esperti, e infine gli Accensi, ultima schiera di scarso affidamento.[42]


Questa differenziazione esisteva, oltre che sulla base dell'esperienza dei soldati, anche sulla base del censo, tanto che ogni soldato era tenuto a provvedere autonomamente all'equipaggiamento. Tra i fanti, i più "benestanti" erano i triarii, che potevano permettersi l'equipaggiamento più completo e pesante, mentre gli accensi erano i più poveri, presi dalla quarta classe di cittadini, secondo l'ordinamento censitario di Servio Tullio.



La legione secondo Polibio, prima della seconda guerra punica (218 a.C.) |


L'organizzazione interna dell'esercito romano descritta da Polibio nel suo VI libro delle Storie, è da datarsi al principio della seconda guerra punica (218-202 a.C.).






Velite repubblicano: indossa una pelliccia di volpe, un pesante mantello di lana, una tunica corta, alcuni veruta (giavellotti corti) appesi al budriere, un parma e caligae.




La legione manipolare polibiana al principio della seconda guerra punica (218 a.C.).[43]




Non possiamo escludere, però, che tale riorganizzazione (rispetto a quella proposta da Tito Livio nel paragrafo precedente), non possa appartenere ad un'epoca antecedente e databile addirittura alla stessa guerra latina (340-338 a.C.),[44] o alla terza guerra sannitica (298-290 a.C.) oppure alla guerra condotta contro Pirro e parte della Magna Grecia (280-272 a.C.).


Ogni legione era formata da 4.200 fanti (portati fino a 5.000, in caso di massimo pericolo) e da 300 cavalieri.[45]


I fanti erano poi suddivisi in quattro differenti categorie, sulla base della classe sociale/equipaggiamento ed età:[46]



  1. primi ad essere arruolati erano i Velites, in numero di 1.200[47] (tra i più poveri e i più giovani);[48]

  2. seguono gli Hastati, il cui censo ed età erano ovviamente superiori,[48] in numero di 1.200.[47]

  3. poi vengono i Principes, di età più matura,[48] sempre in numero di 1.200.[47] Questi soldati formavano la seconda linea;[49]

  4. e infine i Triarii, i più anziani,.[48] in numero di 600,[47] non aumentabile nel caso in cui la legione fosse incrementata nel suo numero complessivo (da 4.200 fanti a 5.000), a differenza di tutte le altre precedenti classi, che potevano passare da 1.200 a 1.500 fanti ciascuna.[50] Erano i guerrieri più esperti e temprati dalle battaglie, che venivano scelti dai migliori della prima classe e dai veterani delle altre, in grado di permettersi una corazza pesante.[51]


Con la riforma manipolare del IV secolo a.C., i cittadini romani erano obbligati a prestare servizio militare, entro il quarantaseiesimo anno di età, per 16 anni i fanti (o anche 20 in caso di pericolo straordinario).[52] Sono esclusi dal servizio militare legionario coloro che avevano un censo inferiore alle 400 dracme (paragonabili a 4.000 assi secondo il Gabba[53]), anche se vengono impiegati nel servizio navale.[54]



Da Mario a Cesare (II-I secolo a.C.) |





Busto in marmo di Gaio Mario (Museo Chiaramonti)




Struttura della legione imperiale dopo la riforma mariana.




In un processo noto come "riforma mariana", il console romano Gaio Mario portò avanti un programma di riforme dell'esercito romano. Nel 107-104 a.C., tutti i cittadini potevano accedere all'arruolamento, indipendentemente dal benessere e dalla classe sociale[55]. Grazie alla sua iniziativa, ora anche i nullatenenti, ovvero i capite censi (così chiamati perché venivano semplicemente inseriti nell'elenco dei cittadini durante il censimento), potevano militare nelle legioni, riforma fondamentale che gli consentì di sfruttare al massimo gli alleati italici e di ottenere grande superiorità numerica rispetto a quella di tanti altri eserciti dell'epoca. Questa mossa formalizzava e concludeva un processo, sviluppatosi per secoli, di graduale rimozione dei requisiti patrimoniali per l'accesso al servizio militare[56].


La distinzione tra hastati, principes e triarii, che già era andata assottigliandosi, era ufficialmente rimossa,[57][58] e fu creata quella che, nell'immaginario popolare, è la fanteria legionaria, che formava una forza omogenea di fanteria pesante. I suoi componenti erano reclutati da stirpi di cittadini; a questa epoca, la cittadinanza romana o latina era stata territorialmente estesa ben al di fuori dell'Italia antica e della Gallia cisalpina[59] All'interno poi delle singole centurie i legionari formavano gruppi di 8-10 soldati, chiamati contubernium, a capo dei quali veniva posto un decanus (o caput contubernii).[60] Questa nuova unità ebbe una grande importanza a livello strutturale nella legione (non forse a livello tattico), sia nella gestione interna della centuria, sia per la vita quotidiana che gli 8-10 soldati compivano insieme, montando la tenda al termine di una lunga marcia in territorio nemico, dividendo i pasti e condividendo molte delle comuni fatiche della vita militare. La fanteria leggera di cittadini, come i velites e gli equites, furono sostituite dalle auxilia, le truppe ausiliarie dell'esercito romano che potevano consistere anche di mercenari stranieri[61]




Soldati di epoca repubblicana. Si distinguono un gruppo di triarii, hastati dei velites, un optio; in prima fila l'aquilifero.


L'organizzazione interna subiva inoltre un cambiamento fondamentale: il manipolo perse ogni funzione tattica in battaglia e fu sostituito in modo permanente dalle coorti (sull'esempio di ciò che era già stato anticipato da Scipione l'Africano un secolo prima), organizzate in numero di 10 per legione e numerate da I a X.[62][63] Ogni coorte era formata da tre manipoli oppure da sei centurie, composte a loro volta da un centurione, un optio, un signifer, un cornicen (che si alternava con un tubicen nello stesso manipolo, ma dell'altra coorte) e 60 legionari, per un totale di 64 armati a centuria, ovvero 384 a coorte. La legione contava così 3.840 fanti.[64] Furono poi eliminate le divisioni precedenti tra Hastati, Principes e Triarii, ora tutti equipaggiati con il pilum (non più l'hasta, che fino ad allora era in dotazione ai Triarii).[62] Era, inoltre, abolita sia la cavalleria legionaria, sia i velites (ovvero la fanteria leggera), che furono però sostituiti con speciali corpi di truppe ausiliarie o alleate, a supporto e complemento della nuova unità legionaria.[62]


La trasformazione del nucleo base dell'esercito e il passaggio alla coorte fu reso necessario dall'esigenza di rafforzare l'unità fondamentale della legione, implementandola nei ranghi e nella disposizione delle file, allo scopo di affrontare le cariche di nemici, come le popolazioni d'oltre Reno (Cimbri e Teutoni), che non sarebbero state gestibili, si pensa, con l'impiego del vecchio schema manipolare, fondato su piccole unità, ciascuna di 120 uomini.[65]


In seguito alla riforma mariana del 107 a.C., la Repubblica romana fu costretta ad assumersi l'onere di equipaggiare e rifornire le truppe legionarie, permettendo a tutti, compresi i nullatenenti, di arruolarsi. L'età minima per i volontari (non più costretti a prestare il servizio di leva) era ora stabilita a 17 anni, quella massima a 46. Il servizio durava invece fino ad un massimo di 16 anni.[64] Si trattava della prima forma di un esercito di professionisti dove era abolita la coscrizione per censo, mentre i soldati veterani, che dall'esercito traevano quotidiano sostentamento (vitto e alloggio, oltre all'equipaggiamento), ottennero una pensione sotto forma di assegnazioni di terre nelle colonie e, più tardi, anche della cittadinanza romana. A loro Mario e poi i successivi comandanti concedevano anche di dividere il bottino razziato nel corso delle campagne militari.[62]



Comandi complementari interni alla legione |



Cavalleria legionaria (e ausiliaria) |




Rilievo dal mausoleo di Glanum con rappresentati cavalieri romani in combattimento (anni 30-20 a.C.).


Con la riforma manipolare descritta da Livio e da Polibio, la cavalleria legionaria tornò a disporre di 300 cavalieri.[38][45] Erano divisi in dieci squadroni, a capo di ognuno dei quali erano posti tre comandanti. Il primo ufficiale comandava lo squadrone di trenta elementi, mentre gli altri due svolgevano la funzione di decadarchi, e tutti e tre erano chiamati decurioni. In caso di assenza del più alto in grado, gli succedeva il secondo e poi il terzo.[66]


I cittadini romani erano, inoltre, obbligati a prestare servizio militare, entro il quarantaseiesimo anno di età, per almeno 10 anni per i cavalieri.[52] Con la riforma mariana dell'esercito romano, veniva abolita sia la cavalleria legionaria venendo però sostituiti con speciali corpi di truppe ausiliarie o alleate, a supporto e complemento della nuova legione romana.[62] A causa della concentrazione nelle legioni di cittadini, di una forza di fanteria pesante, le armate romane dipendevano dall'affiancamento di cavalleria ausiliaria di supporto. Per necessità tattica, le legioni erano quasi sempre accompagnate da un numero eguale o superiore di truppe ausiliarie più leggere,[67] che erano reclutate fra i non cittadini dei territori sottomessi, oltre a contingenti di cavalleria alleata.


Il costante contatto con il mondo dei Celti e dei Germani durante la conquista della Gallia indusse Gaio Giulio Cesare a rivalutare il corpo della cavalleria, tanto che ne fece un impiego crescente negli anni, reintroducendo unità di cavalleria permanente accanto alla fanteria delle legioni e a quella ausiliaria. Reclutò tra le sue fila soprattutto Galli[68] e Germani, inquadrando queste nuove unità sotto decurioni romani, con grado pari a quello dei centurioni legionari. L'equipaggiamento dei cavalieri era costituito da un sago, una cotta di maglia in ferro, l'elmo e probabilmente uno scudo rotondo. La sella era di tipo gallico, con quattro pomi, ma senza staffe. I cavalli erano probabilmente ferrati come da tradizione gallica. Come armi da offesa portavano il gladio e il pilum, o un'asta più pesante detta contus.[69]



Genio militare |




Schema di un accampamento di marcia romano del II secolo a.C., descritto da Polibio.






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Lo stesso argomento in dettaglio: genio militare (storia romana).

Fondamentale novità del periodo relativo alla legione manipolare, dovendosi condurre campagne militari sempre più lontane dalla città di Roma, vide il proprio gruppo di genieri costretti a trovare nuove soluzioni difensive adatte al pernottamento in territori spesso ostili. Ciò indusse i Romani a creare, sembra a partire dalle guerre pirriche, un primo esempio di accampamento militare da marcia fortificato, per proteggere le armate romane al suo interno.









«Pirro re dell'Epiro, istituì per primo l'utilizzo di raccogliere l'intero esercito all'interno di una stessa struttura difensiva. I Romani, quindi, che lo avevano sconfitto ai Campi Ausini nei pressi di Malevento, una volta occupato il suo campo militare ed osservata la sua struttura, arrivarono a tracciare con gradualità quel campo che oggi a noi è noto.»


(Sesto Giulio Frontino, Stratagemata, IX, 1.14.)

Altra importante novità a cui i genieri, i Fabbri, ecc. dovettero dedicarsi in questo periodo, fu la costruzione di strade militari, utilizzate inizialmente per migliorare e velocizzare gli spostamenti delle armate, in seguito dalla stessa popolazione civile dopo che l'area era stata pacificata. Erano talmente ben costruite, grazie a una meticolosa opera di pavimentazione, che ancora oggi è possibile trovarne alcuni tratti integri, come la famosa Via Appia, la prima strada costruita nel 312 a.C., durante la seconda guerra sannitica.[70].





Ricostruzione grafica delle fortificazioni realizzate dal gruppo dei genieri di Cesare durante l'assedio di Alesia (52 a.C.).





Il ponte di Cesare sul Reno realizzato nel 55 e 53 a.C.




Appartengono, inoltre, a questo periodo i primi importanti assedi ad opera dei Romani. Nel 250 a.C. l'assedio di Lilibeo comportò per la prima volta l'attuazione di tutte le tecniche d'assedio apprese durante le guerre pirriche degli anni 280-275 a.C., tra cui torri d'assedio, arieti e vinea.[71] Vi è da aggiungere che un primo utilizzo di macchine da lancio da parte dell'esercito romano sembra sia stato introdotto dalla prima guerra punica, dove fu necessario affrontare i Cartaginesi in lunghi assedi di loro potenti città, difese da imponenti mura e dotate di una sofisticata artiglieria, comportando un miglior e maggior impiego del genio militare legionario.[72]


Cesare apportò nel settore dell'ingegneria militare innovazioni determinanti, con la realizzazione di opere sorprendenti costruite con grande perizia e in tempi rapidissimi. Vale la pena ricordare il ponte sul Reno costruito in pochi giorni per ben due volte,[73] o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico.[74]. Cesare scoprì infine, nel corso della Conquista della Gallia e in particolare durante l'assedio di Alesia, il principio dell'accoppiamento delle fortificazioni, che sarebbe stato utilizzato quasi duecento anni più tardi da Adriano nel corso della costruzione del famoso Vallo in Britannia, tra il fiume Tweed e il Solway[75].



Gerarchia interna |


Il cursus honorum prevedeva che nessuno potesse intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare.[76] Ogni manipolo era comandato da un centurione, scelto tra la sua unità e distinguibile per gli schinieri, cioè i gambali, nonché dall'elmo con la cresta trasversale ed il bastone di vite, simbolo del comando. Il più importante dei centurioni era il primus pilus (primipilo), comandante di triarii, il quale era uno dei pochi a servirsi del cavallo durante la marcia. Il primus pilus veniva scelto tra i soldati più coraggiosi ed esperti. Il comando generale era affidato al legatus.


Secondo nella gerarchia era un tribuno esperto, il tribuno laticlavio (tribunus laticlavius), di rango senatorio, coadiuvato da altri cinque tribuni, detti angusticlavi (da angustum, a denotare il fatto che la striscia purpurea sulla tunica indicante il rango equestre fosse più stretta). I tribuni militari eletti annualmente, erano 24 (quattordici dei quali con cinque anni di servizio e dieci con dieci anni di servizio), sei per ciascuna delle 4 legioni arruolate e disposte lungo i fronti settentrionali, meridionali e a difesa dell'Urbe.[52][77]. L'arruolamento delle 4 legioni avveniva con l'estrazione a sorte delle tribù tra i 24 tribuni militari, e quella che era stata via via sorteggiata era chiamata dal singolo tribuno.[78]


In assenza del tribuno laticlavio, il comando era affidato al prefetto degli accampamenti (praefectus castrorum). Altre figure presenti nella gerarchia, uno per centuria, erano l'optio, vice del centurione che ne poteva prendere il posto in caso di sua inabilità al comando, il signifer, che portava l'insegna della centuria, il cornicen, che si alternava con il tubicen che trasmetteva col corno o la tuba gli ordini ai sottoreparti.[64]


Fu in seguito Gaio Giulio Cesare a creare un cursus honorum per il centurionato, che si basasse sui meriti del singolo individuo: a seguito di gesti di particolare eroismo, alcuni legionari erano promossi ai primi ordines, dove al vertice si trovava il primus pilus di legione. Ma poteva anche avvenire che un primus pilus venisse promosso a tribunum militum. Il merito permetteva così, anche ai militari di umili origini, di poter accedere all'ordine equestre. Si andava indebolendo, pertanto, la discriminazione tra ufficiali e sottufficiali, e si rafforzava lo spirito di gruppo e la professionalità delle truppe[79]



Disposizione tattica |




Struttura manipolare di una legione romana all'epoca delle guerre puniche secondo Polibio:
(a sinistra) formazione coortale composta da tre manipoli di triarii, principes e hastati di una legione di 4.200 fanti ("fronte manipolare" = 12/18 metri);
(al centro) una legione di 5.000 armati ("fronte manipolare" = 12/18 metri);
(a destra) legione di 5.000 armati durante la battaglia di Canne, con uno schieramento estremamente compatto ("fronte manipolare" = 7,2/10,8 metri).






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Lo stesso argomento in dettaglio: tattiche della fanteria romana.

Sappiamo da Tito Livio che prima della guerra latina, la legione romana abbandonò lo schieramento di tipo falangitico per assumere la formazione di battaglia manipolare.[3] L'esercito manipolare deve il suo nome alle modalità tattiche con cui la sua fanteria pesante era dispiegata in battaglia. I manipoli erano unità di 120 uomini, tutti provenienti da una medesima classe di fanteria. I manipoli erano piccoli abbastanza da permettere, sul campo di battaglia, movimenti tattici di singole unità di fanteria, nel contesto del più grande esercito. I manipoli, tipicamente, erano dispiegati in tre linee distinte (triplex acies). La prima linea era composta dagli hastati, la seconda dai principes e la terza dai triarii.[57]. La fanteria al centro, era sempre coperta ai fianchi da unità di cavalleria, un'avanguardia di tiratori o schermagliatori che davano inizio alla battaglia scagliando dardi o giavellotti sul nemico per poi ritirarsi al sicuro. La cavalleria si assicurava che i lati rimanessero difesi, e grazie al rapido movimento tentavano di aggirare il nemico, mentre la prima linea romana lo impegnava, per colpire alle spalle.









«Quando l'esercito aveva assunto questo schieramento, gli Hastati iniziavano primi fra tutti il combattimento. Se gli Hastati non erano in grado di battere il nemico, retrocedevano a passo lento e i Principes li accoglievano negli intervalli tra loro. [...] i Triarii si mettevano sotto i vessilli, con la gamba sinistra distesa e gli scudi appoggiati sulla spalla e le aste conficcate in terra, con la punta rivolta verso l'alto, quasi fossero una palizzata... Qualora anche i Principes avessero combattuto con scarso successo, si ritiravano dalla prima linea fino ai Triarii. Da qui l'espressione latino "Res ad Triarios rediit" ("essere ridotti ai Triarii"), quando si è in difficoltà.»


(Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 9-12.)

I Triarii, dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, serravano le file ed in un'unica ininterrotta schiera si gettavano sul nemico.[80]


In formazione da combattimento i leves (sostituiti in seguito dai velites), elementi della quarta classe, erano armati alla leggera con armi prevalentemente da lancio come archi, piccoli giavellotti e fionde. Essendo poveri non potevano permettersi un equipaggiamento particolarmente raffinato ed agivano così più che altro come schermagliatori, spesso senza neanche una minima protezione. Essi si disponevano davanti alla legione e venivano impiegati come fanteria di disturbo. In genere nell'esercito ve ne erano 300, integrati in ogni manipolo piuttosto che a formare unità proprie.


Normalmente, assieme ai triarii, erano disposti anche i rorarii e gli accensi: i primi erano truppe giovani ed inesperte, mal equipaggiate anche perché non potevano permettersi armamenti di buona qualità, ed erano impiegati più che altro come riserve con cui riempire eventuali vuoti sul campo di battaglia. Gli accensi erano ancora più poveri e solitamente, se combattevano, fungevano da supporto con fionde e sassi, ma spesso erano impiegati più che altro come legati e portamessaggi fra gli ufficiali. Questi ultimi due ordini rappresentavano un retaggio della quarta e della quinta fila dell'ormai scomparsa falange oplitica. Triarii, rorarii ed accensi erano articolati in 3 manipoli di 180 uomini l'uno.[81]




Schieramento in battaglia dell'esercito consolare polibiano nel III secolo a.C., con al centro le legioni e sui fianchi le Alae Sociorum (gli alleati italici) e la cavalleria legionaria e alleata.[82]


Con la riforma mariana, le legioni, ora schierate secondo il nuovo ordinamento coortale, venivano disposte normalmente su due linee (duplex acies), soluzione che permetteva di avere un fronte sufficientemente lungo ma anche profondo e flessibile.[83] Vi erano poi altri tipi di schieramenti praticati dalle armate romane del tardo periodo repubblicano: su una sola linea, ovviamente quando era necessario coprire un fronte molto lungo come nel caso del Bellum Africum durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo;[84] o su tre linee (triplex acies), formazione spesso utilizzata da Cesare durante la conquista della Gallia, con la prima linea formata da 4 coorti, e le restanti due, formate da tre coorti ciascuna. Le coorti schierate lungo la terza linea costituivano spesso una "riserva tattica" da utilizzare in battaglia, come avvenne contro Ariovisto in Alsazia.[85] E sempre Cesare ci parla di un ordine coortale su quattro linee a battaglia di Farsalo a protezione della cavalleria di Pompeo.[86] Tale schieramento risultava così molto più compatto e "profondo" da sfondare, rispetto al precedente ordinamento manipolare (vedi sopra).



Modello strategico |




Il mondo romano in tarda epoca repubblicana.






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Lo stesso argomento in dettaglio: Limes romano, dimensione dell'esercito romano e dislocazione delle legioni romane.

Sappiamo da Tito Livio che al tempo della guerra latina (340-338 a.C.) si arruolavano normalmente due eserciti composti ciascuno da due legioni di 4.200/5.000 fanti e 300 cavalieri, per un totale complessivo di 16.800/20.000 fanti e 1.200 cavalieri,[87] a cui andava sommato un numero pari di truppe alleate di fanteria e tre volte di cavalleria.[88]


Ai tempi delle guerre pirriche l'esercito romano messo in campo era costituito da 4 armate,[89] ciascuna formato da 2 legioni di cittadini romani e da 2 unità (dette Alae, poiché erano posizionate sulle ali dello schieramento) di Socii (alleati italici).


Attorno alla metà del III secolo a.C. l'esercito romano era composto da un corpo di occupazione di Sicilia e Taranto (2 legioni di 4.200 fanti e 300 cavalieri ciascuna); due eserciti consolari (ciascuno composto da 2 legioni ad effettivi rinforzati, pari a circa 5.200 fanti e 300 cavalieri per ciascuna legione) ed un numero di soldati alleati pari a circa 30.000 armati (di cui 2.000 cavalieri).


Durante la guerra contro Annibale l'esercito romano arrivò a contare ben 23 legioni[90] tra cittadini romani e Socii (nel 212-211 a.C.), dislocate in Italia, Illirico, Sicilia, Sardegna, Gallia Cisalpina e di fronte alla Macedonia. Si trattava di una forza pari a circa 115.000 fanti e 13.000 cavalieri circa (sulla base dei conteggi forniti da Polibio[45][91]), a cui andava sommata la piccola squadra degli Scipioni in Spagna (i fratelli Gneo e Publio), la flotta dello Ionio (di 50 navi) e di Sicilia (di 100 navi).[90]


Cesare fu il primo a comprendere che la dislocazione permanente (in forti e fortezze), non più semi-stanziali, di una parte delle forze militari repubblicane (legioni e truppe ausiliarie) doveva costituire la base per un nuovo sistema strategico di difesa globale lungo i confini del mondo romano, in particolare in quelle aree "a rischio". Tale sistema fu, infatti, ripreso ed attuato dal "figlio adottivo", Ottaviano Augusto, che ne potenziò i criteri base, adattandolo al costituendo Impero romano, ed attribuendo le forze armate alle cosiddette province "non pacate".[92]


Alla morte di Gaio Giulio Cesare c'erano 37 legioni romane in tutto il mondo romano,[93] di cui ben 6 in Macedonia, 3 in Africa Proconsolare e 10 nelle province orientali.[94] Non dimentichiamo che queste truppe erano estremamente mobili, tanto che i loro hiberna erano ancora rudimentali e poco più di un “campo di marcia”.


Al termine delle guerre civili tra Marco Antonio ed Ottaviano si contavano 60 legioni circa, pur se non a ranghi completi.



Armamento |





Aquilifero del tempo della guerra gallica. Il signum, un'aquila, adottata da pochi decenni come simbolo della legione, appare fissata su un supporto di legno. L'ufficiale è equipaggiato di una lorica hamata, indossata su un linothorax alla greca, un reticolo di strisce di cuoio che tiene insieme le numerose decorazioni conquistate, un elmo di tipo Coolus, gladius hispaniensis, schinieri e scarponi adatti alle regioni fredde.






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Lo stesso argomento in dettaglio: armi ed armature romane § Periodo repubblicano e legionario romano.


Età alto imperiale |



Dalla riforma di Augusto agli Antonini |



Struttura della legione |



La grande riforma augustea (fine I secolo a.C.) |





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Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma augustea dell'esercito romano.



Busto di Augusto che indossa la corona civica
Monaco, Gliptoteca


La "spina dorsale" dell'esercito romano rimase la legione, in numero di 28 (25 dopo Teutoburgo). Ogni legione era composta di circa 5.000 cittadini, in prevalenza Italici (attorno al 65%,[95] per lo più provenienti dalla Gallia Cisalpina, rispetto ad un 35% di provinciali, muniti anch'essi di cittadinanza romana), per un totale di ca. 140.000 uomini (e poi ca. 125.000), che si rinnovavano con una media di 12.000 armati all'anno. L'ufficiale a capo della legione divenne ora un membro dell'ordine senatorio con il titolo legatus Augusti legionis. Le legioni erano arruolate fra i circa 4.000.000 di cittadini romani.


È con Ottaviano Augusto che la legione cambiò struttura, aumentando i suoi effettivi fino almeno a 5.000 soldati, essenzialmente fanti ma anche cavalieri (120 per legione, comandati da centurioni, non da decurioni),[96] questi ultimi con funzioni di esplorazione, messaggeri o scorta del legatus legionis.[97] La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta in modo definitivo da Augusto. Si trattava però di una forza alquanto ridotta, i cui cavalieri erano dotati di uno scudo più piccolo e rotondo (detto parma o clipeus), come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica.[98][99] Potrebbe essere stata, infine, abolita da Traiano.[96]


La fanteria legionaria era divisa in 10 coorti (di cui nove di 480 armati ciascuna), che al loro interno contavano 3 manipoli oppure 6 centurie. La riforma della prima coorte avvenne in un periodo imprecisato,[100] sicuramente tra l'epoca di Augusto[101] e quella dei Flavi.[102] Si trattava di una coorte milliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 centurie (non 6) di un numero doppio di armati (160 ciascuna), pari a 800 legionari complessivi, ed a cui era affidata l'aquila della legione.[102]


Sempre ad Augusto si deve l'introdurre un esercito di professionisti che rimanessero in servizio non meno di sedici anni per i legionari,[103] portati a venti nel 5[104] (come era successo fin dai tempi di Polibio, in caso di massima crisi[105]), e venti-venticinque per le truppe ausiliarie. A questo periodo di servizio poteva subentrarne uno ulteriore di alcuni anni tra le "riserve" di veterani,[104] in numero di 500 per legione[106] (sotto il comando di un curator veteranorum).



I successori di Augusto: da Tiberio a Commodo |

Tiberio dispose che l'acquartieramento delle legioni lungo il limes acquisisse le caratteristiche di una maggiore permanenza e stabilità, tanto che i terrapieni, rinforzati con una palizzata in legno, diventassero sempre più massicci, mentre gli alloggiamenti più confortevoli, mentre in rari casi sembra che alcuni accampamenti legionari siano stati costruiti in pietra (come ad Argentoratae e Vindonissa);[107]


Al tempo di Vespasiano sembra si attuò la riforma della prima coorte, che secondo alcuni studiosi moderni potrebbe essere invece avvenuta all'epoca di Augusto.[102][108] Si trattava di una coorte milliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 manipoli (non quindi 6) di 160 armati ciascuno (pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della legione.[102] Primo esempio di costruzioni che ospitassero una coorte di queste dimensioni lo troviamo nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia.[109]


Al tempo delle guerre marcomanniche fu l'utilizzo da parte di Marco Aurelio di vexillationes, al fine di comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a Leugaricio, delle legioni I Adiutrix e II Adiutrix.[110]



Comandi complementari interni alla legione |



Cavalleria legionaria (e ausiliaria) |




Cavalieri del contingente legionario, abolito al tempo di Traiano.




Cavaliere ausiliario con cotta di maglia, budriere, scudo esagonale; non usa staffe o sella, solo una gualdrappa








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Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e cavalleria (storia romana).

La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta da Augusto. Si trattava però di una forza alquanto ridotta, composta di soli 120 cavalieri (comandati da centurioni, non da decurioni;[96] dotati di uno scudo più piccolo e rotondo, detto parma o clipeus), come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica.[98][99]


Potrebbe essere stata abolita, almeno per un breve periodo di tempo dall'imperatore Traiano,[96] considerando che viene citata in un discorso del suo successore, Adriano.[111] In questo periodo esistevano, infatti, numerosi reparti di cavalleria ausiliaria (formata da provinciali e alleati, i cosiddetti peregrini), quale degno completamento tattico e strategico alla fanteria legionaria (formata invece da cittadini romani).[112]


Si trattava di unità altamente specializzate, arruolate in aree territoriali di antiche tradizioni, come segue:



  • "pesante", come i catafratti (di origine orientale o sarmata, a partire dai principati di Traiano ed Adriano; vedi sotto), dotati di una lunga e pesante lancia, chiamata contus (usata normalmente con l'ausilio di entrambe le mani, poiché a volte raggiungeva i 3,65 metri di lunghezza[113]), oltre al fatto di essere interamente rivestiti di una maglia di metallo, cavaliere e cavallo (chiamata lorica squamata, formata da "scaglie" di metallo; o lorica hamata, fatta invece da anelli del diametro di 3-9 mm[114]);

  • "leggera", come quella numida o maura, dotata di un piccolo scudo rotondo (clipeus), una spatha che a volte raggiungeva i 90 cm[115] (certamente più lunga rispetto al gladio del legionario), una lancea più leggera (normalmente lunga 1,8 metri[115]) ed in alcuni casi un'armatura (lorica hamata o squamata);


  • sagittaria, come gli arcieri orientali[116] o quelli Traci[117] a cavallo;

  • ed infine "mista", come le coorti equitate.



Genio militare |





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Lo stesso argomento in dettaglio: genio militare (storia romana).

Venne riorganizzato anche il reparto di tecnici e ingegneri militari atti a rendere più agevole il cammino delle armate romane durante le campagne militari o la loro permanenza negli alloggiamenti estivi (castra aestiva) ed invernali (hiberna). E così se le strade romane potevano essere utilizzate per velocizzare lo schieramento degli eserciti durante le operazioni di "polizia" lungo i confini imperiali, alcuni tipi di ponti potevano essere montati e smontati velocemente senza l'utilizzo di chiodi: in questo modo i legionari, che trasportavano un equipaggiamento di circa 40 chili (comprendente anche un palo per la palizzata del campo) potevano percorrere nella marcia circa 24 chilometri al giorno (40 quando potevano viaggiare più leggeri)[118]. In altri casi si provvedeva alla costruzione di strade in zone acquitrinose (pontes longi), come avvenne in Germania durante il periodo della sua occupazione (dal 12 a.C. al 9 d.C.).


L'artiglieria romana comprendeva baliste (ogni legione ne aveva 55, servite ciascuna da 11 uomini), ossia grandi balestre montate su ruote, che grazie alla torsione delle loro corde riuscivano a scaraventare anche a molti metri di distanza enormi dardi, che potevano essere anche incendiati. Insieme alle baliste c'erano anche gli "scorpioni", simili alle precedenti ma molto più piccoli e maneggevoli. Insieme alle baliste venivano schierati anche gli onagri (catapulte chiamate così per il rinculo che producevano durante il lancio), che lanciavano massi ricoperti di pece, cui si appiccava il fuoco, creando vere "bombe incendiarie", con lo scopo di abbattere le difese nemiche, distruggendo mura ed edifici. L'artiglieria era naturalmente usata anche nelle battaglie campali. Tale uso fu fatto da Germanico nel 14 d.C. contro i Catti e nel 16 d.C. contro i Cherusci nell'assalto delle truppe romane contro un terrapieno difeso dai barbari.[119]


I genieri in forza alle legioni erano in grado di costruire e schierare potenti armi collettive, in funzione sia offensiva che difensiva, come catapulte, onagri (10 per legione, ovvero 1 per coorte[120]), scorpioni e carrobaliste (55 per legione[120]), con una funzione tattica analoga a quella della attuale artiglieria campale; inoltre vi erano altre macchine usate esclusivamente per l'assedio, come baliste, arieti, torri d'assedio, vinee[121].


Addetti alle armi da lancio erano in primo luogo i ballistarii, i quali grazie ad un'elevata specializzazione, appartenevano a quel gruppo di legionari privilegiati, chiamati immunes. Erano alle dipendenze di un Magister ballistarius (attestato fin dal II secolo), che a sua volta era coadiuvato da un optio ballistariorum (attendente alla cura del comandante) ed un certo numero di doctores ballistariorum (sott-ufficiali).[122][123]


Funzioni civili

Ma il genio della legione non assolveva soltanto a funzioni militari. Sappiamo di addetti e veterani delle legioni che erano richiamati anche per incarichi civili nelle città e servivano da collaboratori delle autorità provinciali. Si segnala il caso del veterano librator Nonio Dato che fu richiamato dal proconsole della Mauretania Cesariense come addetto alla supervisione per la costruzione dell'acquedotto della città di Saldae.[124] Lo stesso Plinio in Bitinia ricevette la richiesta di selezionare dei tecnici della più vicina legione per l'edificazione di un canale.[125] Quest'impiego del personale tecnico specializzato delle legioni poté riguardare tutte le legioni e le province dell'impero. Spesso le stesse coorti assolvevano anche a compiti di polizia nelle città, come a Cartagine, dove ogni coorte della III Augusta si alternava periodicamente nel presidio della città.[126]



Gerarchia interna |





Ricostruzione di un centurione dell'inizio del II secolo della Legio XXX Ulpia Traiana Victrix. Indossa lorica hamata con phalerae, humeralis e pteruges, elmo imperiale gallico crestato, schinieri e cingulum. È armato di gladio e pugio e regge nella mano destra un grosso clipeo ovaliforme.




Colonna di legionari disposta su due file e guidata da un optio a sinistra e un cornicen a destra. Il primo indossa: lorica hamata con humeralis e pteruges; elmo Weisenau e un balteus a cui sono appesi un pugio e un gladio; nella mano destra un bastone, nella sinistra uno scudo rettangolare concavo. A destra il cornicen indossa una lorica segmentata sopra una tunica rossa da ufficiale, pelle di orso e elmo di tipo imperiale.




Le gerarchie di comando rimasero pressoché identiche a quelle dell'epoca di Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare, anche se ora ogni coorte disponeva di un vessillifero, vestito con pelle di leone o d'orso, e che serviva per riconoscere le proprie insegne. Partendo dalla base troviamo:



  1. il semplice miles (legionario romano), poi

  2. gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): genieri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius), il decanus (a capo di un contubernium di 8 miles[127]);

  3. i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium):


    1. sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e


    2. duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero l'optio, l'aquilifer, il signifer, l'imaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor. A questo punto troviamo gli ufficiali della legione imperiale.[96][102][128]



  4. i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dall'hastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, all'hastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);[129][130][131]

  5. i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, l'hastatus posterior, al princeps posterior, all'hastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus;[129] quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;[131][132]

  6. un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni[102]);[96]

  7. i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni[131]);[96][102]

  8. un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);[131]

  9. un praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento);[96][102]

  10. un tribunus laticlavius (di solito il primo incarico per un giovane dell'ordine senatoriale);[96][102][133]

  11. un legatus legionis, sempre di rango senatorio, a cui era affidato il comando di una singola legione, normalmente per due o tre anni. Nel caso in cui la provincia fosse stata difesa da una sola legione, il comando della stessa veniva affidato direttamente al governatore, il legatus Augusti pro praetore.[96][102][134]

  12. un praefectus legionis di rango equestre (per la legione della sola provincia d'Egitto; a partire da Settimio Severo anche per le tre legioni partiche, legio I, II e III; a partire da Gallieno sostituisce tutti i legati legionis).



Disposizione tattica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: tattiche della fanteria romana.




Contubernio in fase di attacco. I legionari avanzavano riparandosi dietro lo scudo e impugnando il gladio, che veniva utilizzato colpendo velocemente di punta (e non di taglio) dal basso verso l'alto, puntando alla zona addominale.[135]


Il modello ideale di disposizione tattica della legione in epoca alto-imperiale è fornito dal racconto di Tacito della vittoria della Legio III Augusta, comandata dal proconsole Furio Camillo, su Tacfarinace nel 17 d.C.[136]


In questo scontro il proconsole riunì tutte le truppe sotto il suo comando, comprese alcune unità ausiliarie, e mosse battaglia contro il ribelle numida, quest'ultimo supportato da unità maure. La legione fu schierata, non sappiamo in quante acies (se singula, duplex o triplex),[137] con le centurie (o i manipoli) al centro dello schieramento (10 coorti di 480 uomini l'una, per un totale di 60 centurie): la prima coorte disposta a partire da destra, in prima fila, e la cavalleria legionaria, i tribuni e il legato Camillo davanti al contingente di cavalleria legionaria collocata immediatamente dietro l'ultimo ordine delle coorti.[138] A destra e a sinistra dei legionari "le coorti leggere e due ali di cavalleria".[136] Immediatamente a sinistra e a destra la prima e la seconda coorte di ausiliari, composte ciascuna da 480 uomini, mentre alle parti estreme le due ali di cavalleria ausiliaria (probabilmente numidica), formata ciascuna da 500 cavalieri divisi in 16 turmae.


In questo episodio appare evidente come la legione si reggesse, per quanto attiene alle forze di cavalleria, sull'esclusivo apporto di ausiliari e numeri alloctoni. Allo stesso modo si comprende come essa non fosse adatta alle schermaglie, alle scaramucce di confine e al presidio delle zone frontaliere, a motivo della sua struttura lenta e poco manovrabile. La sconfitta di Crasso a Carre rimane l'emblema delle debolezze di un esercito privo di forze mobili, esposto ai colpi di una cavalleria sfuggente e dedita alla tattica d'incalzo. La stessa cavalleria legionaria in servizio presso le legioni non aveva una funzione tattica sul campo, ma era utilizzata per compiti di ricognizione, di picchetto e avanscoperta. Si capisce quindi come le forze ausiliarie (fanteria e cavalleria leggere, tiratori) fossero componenti complementari e non alternative alle legioni; una campagna di conquista senza queste forze e senza l'apporto della loro cavalleria (organizzata in alae e cohortes equitatae), sarebbe stata altrimenti inattuabile.


Il non uso delle staffe da parte dei romani non impediva del resto l'uso della cavalleria romana ausiliaria, pesante e leggera, come forza d'attacco.[139] Tale cavalleria costituiva quindi anche un elemento d'urto e non solo una forza di ricognizione, compito cui era assegnato semmai, come già detto, il piccolo contingente a cavallo della legione.



Modello strategico |




Il mondo romano poco dopo la morte di Vespasiano (nell'80) e la relativa dislocazione delle legioni romane.






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Lo stesso argomento in dettaglio: Limes romano, dimensione dell'esercito romano e dislocazione delle legioni romane.

Riordinò l'intero sistema di difese dei confini imperiali, acquartierando in modo permanente legioni e auxilia in fortezze e forti lungo il limes. Delle legioni sopravvissute alla guerra civile, 28 rimasero dopo Azio, e 25 dopo la disfatta di Teutoburgo, oltre ad un numero crescente di auxilia. In totale vi erano circa 340 000 uomini, di cui 140 000 servivano nelle legioni.[140]


Caligola creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia;[141][142]


Nerone creò una nuova legione nel 66-67,[143] composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”, circostanza che denotò le grandiose idee che si celavano nella sua mente. L'obiettivo della campagna militare consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord.[144]


Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna)[141] e VII Gemina.[145]


Vespasiano, al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI Gallica[146]) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis,[141]IV Flavia Felix,[146] e XVI Flavia Firma[146]) dando la possibilità ad alcuni di fare pubblica ammenda. Il figlio Domiziano creava una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri decumates: la I Minervia.[141]


Traiano formò due nuove legioni, la prima in vista della conquista della Dacia (la XXX Ulpia Victrix, il cui numerale indicava che in quel momento vi erano esattamente 30 unità legionarie),[141][147] la seconda prima delle campagne partiche (la II Traiana Fortis).[141]Marco Aurelio, infine, formò attorno al 165-166 due nuove legioni. Si trattava della II e III Italica.[148]



Armamento |




Equipaggiamento standard del legionario romano in età alto-imperiale (I secolo).






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Lo stesso argomento in dettaglio: armi ed armature romane § Periodo alto imperiale e legionario romano.

Come illustrato nell'immagine qui a fianco, il legionario romano di età alto imperiale era equipaggiato con il gladius hispaniensis (una spada a doppio taglio), un giavellotto detto pilum, il classico pugnale (il pugio), appeso alla vita tramite una cintura, e lo scudo rettangolare di legno dotato di una parte centrale in ferro usato per lo sfondamento (scutum). Per quanto riguarda l'armamento difensivo il legionario era dotato di una corazza a piastre di ferro sovrapposte, detta lorica segmentata e da un elmo di derivazione gallica.



Dai Severi all'anarchia militare |



Struttura della legione |



Riforma di Settimio Severo |



L'impero romano un anno prima della morte di Settimio Severo, avvenuta nel 211.


Settimio Severo avviò importanti riforme militari che toccarono numerosi aspetti dell'esercito romano e che costituirono le basi del successivo sistema fondato sugli imperatori militari del III secolo. Creò la prima forma di autocrazia militare, togliendo potere al Senato dopo aver messo a morte numerosi membri dello stesso.[149] Sebbene la struttura base della legione continuò ad essere quella della riforma augustea, il numero delle legioni venne aumentato di un 10% e portato a 33 (con la creazione delle legioni I, II e III Parthica). Egli favorì i legionari in svariati modi:



  • aumentando loro la paga, oltre a distribuire loro frequenti donativa al termine di ogni campagna militare, tanto che il figlio Caracalla concesse un ulteriore aumento della paga del 50% ai legionari;[150]

  • riconoscendo loro il diritto di sposarsi durante il servizio militare,[151] oltre a permettere loro di abitare con la propria famiglia, non lontano dalle fortezze legionarie (canabae), di fatto introducendo una maggior "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma anche al territorio;

  • aumentando il reclutamento di provinciali, tanto che, una volta entrato a Roma sostituì gli effettivi delle coorti pretorie (ora raddoppiati) con soldati scelti delle legioni pannoniche, per punire coloro che si erano in precedenza schierati contro di lui durante la guerra civile;[152]

  • favorendo la nomina di comandanti dell'ordine equestre nelle legioni di sua fondazione (I, II e III Parthica), ponendo a capo delle stesse non un legatus legionis, bensì un praefectus legionis, cominciando quel lento processo che culminerà con Gallieno nell'abolizione delle cariche senatoria nell'esercito romano (a questo aspetto va aggiunta la naturale ostilità di Severo verso il senato). Non a caso troviamo un altro praefectus legionis in Britannia al tempo delle campagne dello stesso Severo.[153]

  • operando, infine, una serie di altre concessioni, tese a migliorare la condizione dei soldati, tra le quali l'istituzione dell'annona militare, il miglioramento del rancio, la possibilità per i graduati di riunirsi in scholae (sorte di associazioni, di collegia), riconoscendo inoltre segni di distinzione particolari: la veste bianca per i centurioni (che Gallieno avrebbe esteso a tutti i soldati) e l'anello d'oro per i principales.



Riforma di Gallieno |



L'imperatore Gallieno che regnò per quindici anni, mise in atto la prima vera riforma dell'esercito romano dai tempi di Augusto.


Non è chiaro se sia stato l'imperatore Gallieno ad aumentare il contingente di cavalleria interno alla legione stessa, portandolo da soli 120 cavalieri a 726 (pari a 22 turmae), o i suoi successori, gli imperatori illirici, come una parte della storiografia moderna sembra sostenere.[154] La verità è che la nuova unità di cavalleria legionaria risultava divisa tra le dieci coorti legionarie, dove alla prima coorte erano affiancati 132 cavalieri (4 turmae), mentre alle altre nove 66 ciascuna (2 turmae per ciascune delle nove coorti). Questo incremento della cavalleria fu dovuto proprio alla necessità di avere un esercito sempre più "mobile" e versatile nel corso del III secolo,[155][156] come conseguenza delle continue invasioni, sia da parte dei barbari lungo i confini settentrionali, sia a causa della crescente minaccia orientale, dove alla dinastia dei Parti Arsacidi subentrò (dal 224) quella dei Sasanidi, assai più bellicosa e che intendeva replicare ai fasti dell'antico Impero achemenide.[157]


Gallieno promosse il rafforzamento delle vexillationes equitum, i reparti mobili a cavallo, in particolare svincolando la cavalleria dal controllo dei governatori provinciali e collocandola in alcuni centri strategici come Mediolanum (Milano). Promossa o meno da Gallieno, si assistette al consolidamento delle forze di uomini a cavallo, detti Equites promoti (con base nella già citata Milano) formati da unità reclutate nell'Illirico (dalmatae), in Nord Africa (mauri) e in aggiunta da forze d'élite (scutarii), sempre svincolati dalla legione, non è chiaro se preposte all'intervento come forza d'emergenza nel caso di invasione ("riserva mobile").[158][159] Queste forze insieme erano definite Equites illyriciani o vexillatio. L'importanza di questa nuova organizzazione crebbe a tal punto che chi guidava queste unità di cavalleria poteva aspirare a ruoli di maggiore prestigio e addirittura a proclamarsi imperatore (si pensi a Claudio il Gotico e Aureliano). Con Gallieno, inoltre, si completava la fine delle responsabilità militari dell'ordine senatorio a tutto vantaggio dell'ordine equestre, procedimento iniziato sotto Settimio Severo e che portò all'abolizione della figura del legatus Augusti pro praetore di rango pretorio. Con un editto infatti l'imperatore abrogò l'accesso dei senatori alla legazione di legione.[160]



Comandi complementari interni alla legione |



Cavalleria legionaria (e ausiliaria) |





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Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e Cavalleria (storia romana).

La cavalleria legionaria di questo periodo appare divisa ancora in turmae e guidata da decurioni. In battaglia, il decurione era affiancato dal draconarius, portatore dell'insegna del draco (simbolo di nuova introduzione per le coorti e le unità di cavalleria, di derivazione dacico-sarmatica), e seguito da un calo (lo schiavo del decurione che montava il suo cavallo di riserva).


Premesso ciò, al tempo di Alessandro Severo, aumentò il ricorso sempre più frequente ad unità ausiliarie di arcieri montati (tra osroeni, palmireni ed emesiani), integrati nei numeri di cavalieri dalmati e mauri, operativi già nel II secolo; oltre a cavalieri in particolar modo quelli corazzati (i cosiddetti catafrattari, clibanarii), reclutati sia in Oriente, sia tra i Sarmati, ma anche di quelli "leggeri" provenienti dalla Mauretania.[161]





Catafratti tra i sarmati Roxolani che combatterono contro Traiano durante la conquista della Dacia degli anni 101-106.[162]


Le prime unità di catafratti erano state, infatti, create da Adriano.[163] A partire da questo periodo si cominciò a fare ricorso ad unità di contarii, truppe armate di contus, ad imitazione dello stile di combattimento aggressivo tipico di sarmati e iazigi, fondato sulla carica diretta.[164] Già all'inizio del 69 unità sarmatiche erano state assoldate per presidiare la frontiera in Mesia, anche se tali truppe erano sospettate di essere facilmente corruttibili.[165] Una delle prime unità di contarii fu l'Ala I Ulpia contariorum militaria, di stanza nella vicina Pannonia inferiore, costituita successivamente alla campagna dacica di Traiano. Questi cavalieri non avevano elmo o armatura, ma erano muniti solo di lancia.


Il successore di Alessandro Severo, Massimino il Trace, promosse la barbarizzazione dell'esercito romano,[166] essendo lo stesso Imperatore nato senza la cittadinanza romana,[167] ed aumentò l'importanza della cavalleria di origine germanica e catafratta sarmatica, arruolata dopo aver battuto queste popolazioni durante le guerre del 235-238.[168] L'aumento degli effettivi della cavalleria, non solo andava ad accentuare la caratteristica di maggior mobilità dell'esercito romano, constituendone una nuova "riserva strategica" interna (insieme alla legio II Parthica, formata imn precedenza da Settimio Severo), ma anche quella di tradursi in un esercito meno di "confine o sbarramento" che ne aveva caratterizzato il periodo precedente fin dai tempi di Adriano.[169]


Questo processo di graduale incremento di reparti di cavalleria, potrebbe aver generato una maggiore "mobilità" anche nella legione stessa, che culminò con la riforma di Gallieno. Di fatto la cavalleria andava a costituire una sorta di "nuova riserva strategica" collocata nelle retrovie, in aggiunta alla legio II Parthica. L'esercito iniziava a tradursi in una forza meno stanziale, non più puramente di "confine o sbarramento", come era stato per i due secoli precedenti, in cui era apparsa legata in prima istanza alle forze di fanteria e in misura ridotta a quelle montate.[170][171]



Genio militare |





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Lo stesso argomento in dettaglio: genio militare (storia romana).

Ad Alessandro Severo si deve un crescente utilizzo presso tutte le fortezze del limes di nuovi modelli di catapulte (ballistae, onagri e scorpiones), al fine di tenere impegnato il nemico fino all'accorrere delle "riserve strategiche" (concetto iniziato con Settimio Severo, sviluppato da Gallieno, Diocleziano e Costantino I.[172]



Gerarchia interna |


Con Gallieno, che di fatto abolì le cariche senatoriali all'interno dell'esercito romano e, di conseguenza, anche all'interno della legione stessa (le cariche di tribunus laticlavius e legatus legionis scomparvero),[160] la gerarchia subì una parziale modifica almeno nella parte concernente l'alto comando. Ciò potrebbe essere spiegato anche tenendo conto del fatto che il ceto senatorio era ormai disabituato a ricoprire responsabilità militari e appariva sguarnito delle competenze idonee a condurre gli eserciti. Questo punto della riforma, però, eliminò definitivamente ogni legame tra le legioni e l'Italia, poiché i nuovi comandanti, che erano spesso militari di carriera partiti dai gradi più bassi e arrivati a quelli più alti, erano interessati solo al proprio tornaconto o al massimo agli interessi della provincia d'origine, ma non a Roma. Il resto del corpo di truppa, degli ufficiali e sotto-ufficiali rimase pressoché invariato:



  • il semplice miles (legionario romano);

  • gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): ingegneri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius);

  • i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium):


    • sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e


    • duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero l'optio, l'aquilifer, il signifer, l'imaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor. A questo punto troviamo gli ufficiali della legione imperiale.[96][102]



  • i 22 decurioni, uno per turma, della riforma di Gallieno (o degli Imperatori illirici).[156]

  • i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dall'hastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, all'hastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);[129][130][131]

  • i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, l'hastatus posterior, al princeps posterior, all'hastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus;[129] quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;[131][132]

  • un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni[102]);[96]

  • i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni[131]);[96][102]

  • un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio);[131]

  • un praefectus legionis di rango equestre, identificabile con il "vecchio" praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento).



Disposizione tattica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: tattiche della fanteria romana.

Ad Alessandro Severo risalirebbe un'importante modifica tattica, come il ritorno allo schieramento falangitico di più legioni contemporaneamente, fino a costituire una massa d'urto di 6 legioni complessive (per un totale di 30.000 armati), fianco a fianco, senza alcun intervallo tra loro.[173]



Modello strategico |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Limes romano, dimensione dell'esercito romano e dislocazione delle legioni romane.

Sotto Settimio Severo venne aumentato il numero delle legioni romane a 33, con la costituzione di ben tre unità, in vista delle campagne partiche: la legio I, II e III Parthica. Venne posta una legione di riserva in prossimità di Roma, nei Castra Albana, dove fu alloggiata la II Parthica. L'esercito ora poteva contare su 400.000 armati complessivamente. Un numero comunque esiguo se si pensa che dovevano presidiare circa 9.000 chilometri di confine, controllare e difendere i 70 milioni di abitanti dell'Impero e che per raggiungere il confine dall'Italia occorrevano mediamente 2 mesi di marcia.[174]


Ai tempi di Aureliano le legioni scesero a 31, per un totale di 150.000 legionari, affiancati probabilmente da un'altra metà di ausiliari, certamente maggiore in alcune province, per un esercito complessivamente composto da 300.000 uomini, di molto inferiore a quello di settant'anni prima a causa dell'incidenza delle guerre civili, delle numerose sconfitte e delle difficoltà di reclutamento.[175] Il ricorso alle vessillazioni si era fatto sempre più frequente.



Armamento |




Armamento tipico di legionario operante nelle province settentrionali intorno al 275 circa. Il soldato indossa un cassis imperiale italico con rinforzo incrociato sul coppo, una lorica hamata con un focale al collo per evitare le abrasioni, un balteo cui sono appesi il gladio e il pugio, mentre nella mano destra regge un pilum pesante. Nella sinistra reca un clipeo ovaliforme. Indossa pantaloni, tunica a maniche a tubo e scarponi, essenziali per operare nei climi freddi del limes renano.






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Lo stesso argomento in dettaglio: armi ed armature romane § Crisi del III secolo e legionario romano.


Tardo impero |



Dalla riforma di Diocleziano al consolidamento del potere costantiniano (285-324) |




Le 4 parti e le 12 diocesi nella nuova divisione tetrarchica dell'impero romano voluta da Diocleziano attorno al 300.


La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico.[176] Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari),[177] compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto.


Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.[178]. La presenza di due Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidità dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilità dell'Impero.


Diocleziano creò una vera e propria gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era l'Augusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un semidio, Ercole), a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari,[177] ovvero i "successori designati".[176]


In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il più possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Augusta Treverorum e Mediolanum-Aquileia in Occidente; Sirmium e Nicomedia in Oriente[176]), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo.


Diocleziano riorganizzò l'esercito, trasformando la "riserva mobile" introdotta da Gallieno (formata di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, distinto dalle forze poste ai confini, probabilmente costituito da due vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii).[179]



Struttura della legione |


Non sembra vi fossero particolari cambiamenti interni alla struttura della legione. Ciò che cominciò, invece, a delinearsi con maggiore frequenza, fu il costante invio di vexillationes (di 1.000-2.000 legionari) da parte della "legione madre" (attraverso la suddivisione di unità più antiche) che, sempre più spesso, non fecero più ritorno.[178] La legione però rimaneva ancora legata al territorio, alla provincia di appartenenza, anche se essa andò perdendo di consistenza, passando dai circa 6.000 componenti dell'età alto-imperiale, ai 5.000 dell'età dioclezianea e ai 3.000 di quella valentiniana.[180] I principali motivi furono determinati dalle situazioni contingenti del momento:



  • il prolungarsi di numerose guerre lungo i vari fronti imperiali;

  • la frequenza con cui la guerra civile, che determinò nel 324 la fine della tetrarchia, portò ad un continuo avvicendarsi di augusti e cesari nelle varie parti dell'impero, e di conseguenza il cambio di potere al vertice, impedendo di fatto il ritorno di queste vexillationes migrate spesso molto lontane dalle fortezze originarie.



Comandi complementari interni alla legione |



Cavalleria |





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Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e Cavalleria (storia romana).

Diocleziano comprese quale importanza ora rivestissero le forze di cavalleria. Egli, infatti, trasformò la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus,[181] nettamente distinto da un "esercito di confine". Qui nel comitatus, costituito da due vexillationes di cavalleria (tra Promoti e Comites), e tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), ebbero ancora grande importanza le forze di cavalleria (vexillationes), che, ricordiamo, al tempo di Gallieno ne costituirono l'intera "riserva strategica mobile"[182].



Genio militare |





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Lo stesso argomento in dettaglio: Genio militare (storia romana).


Gerarchia interna |


Non sembra vi furono sostanziali modifiche riguardo alla gerarchia interna delle legioni, rispetto all'epoca di Gallieno.



Disposizione tattica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: tattiche della fanteria romana.

Lo Strategikon, prontuario di guerra attribuito all'imperatore bizantino Maurizio, metteva in guardia dal comporre una formazione da battaglia con meno di quattro ordini. Dunque, è probabile che in quest'epoca prevalessero formazioni, di assetto prettamente difensivo, date dalla sovrapposizione di più ordini, che potevano anche arrivare a sedici.[183]Arriano riferisce invece la disposizione in otto ordini: i primi quattro composti da uomini armati di hasta; tra questi gli uomini assegnati al primo rango protendevano in avanti le aste, alla maniera della falange, mentre nel secondo, terzo e quarto rango i compagni nelle retrovie si apprestavano a mettere mano alle armi da lancio (dardi e giavellotti), e una volta scagliate, riprendevano in mano le lunghe lance e le spade per farsi sotto il nemico. I successivi quattro ordini invece dovevano essere armati di lancea (sempre giavellotti), con cui bersagliare il nemico. Un nono ordine era formato da numeri di arcieri barbari.[183]


Vegezio inoltre prescriveva che tra un soldato e l'altro nella fila successiva ci fossero sei piedi (1,77 m) di distanza (un soldato occupava 3 piedi di spazio, corrispondenti a 88 cm).[184] Si ritiene che nell'avvicinamento al nemico le truppe serrassero i ranghi, mediante l'avvicinamento, a partire dalla retroguardia, delle file precedenti a quelle successive, per evitare che qualcuno nel mezzo, come allerta l'autore dello Strategikon, fermasse la marcia o si provocassero sfasamenti nella linea di schieramento.[185]


Il ruolo tattico della cavalleria sembra essere rimasto sostanzialmente subalterno alla fanteria.[186][187][188] Essa appare più che altro destinata a ruoli di schermaglia e "di contrappeso" con la cavalleria nemica, incaricata di svolgere missioni esplorative e azioni di disturbo, ma mai, se non in rari casi, di condurre attacchi risolutivi.[187][188]Asclepiodoto informa (siamo nel I secolo a.C. però) che la cavalleria poteva assumere varie formazioni: quadrate, a losanga, allungate, a cuneo[189]. Occorreva però che non fosse sviluppata molto in profondità per evitare di creare il panico tra i cavalli nel caso in cui questi si sovrapponessero gli uni agli altri in una formazione troppo affastellata.[190]



Modello strategico |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Difesa in profondità (esercito romano), Limes romano, dimensione dell'esercito romano e dislocazione delle legioni romane.

Lo sfondamento ripetuto di tutte le frontiere romane, eredità della crisi del III secolo, costrinse Diocleziano a creare un modello di difesa che moltiplicasse il normale ed unico comando imperiale in uno formato ora da quattro imperatori: la tetrarchia. Ciò determinò, di conseguenza, la necessità di dover creare nuove e numerose legioni da porre lungo i confini imperiali. Questa necessità strategica di difesa del limes, portò inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 450.000/500.000 uomini. Si rese così necessaria una ulteriore tassazione del cittadino romano ed una miglior distribuzione della circolazione monetaria per meglio rifornire le truppe alloggiate e distribuite a guardia dei confini provinciali.



Armamento |






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Lo stesso argomento in dettaglio: armi ed armature romane § Periodo tardo imperiale e legionario romano.


Dall'ascesa di Costantino alla morte di Valente (324-378) |


Una volta divenuto unico augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324,[191]Costantino I avviò una nuova riforma dell'esercito romano. Il percorso che egli compì, fu però graduale nel corso degli ultimi tredici anni di regno (dal 324 al 337, anno della sua morte), continuando poi con i suoi figli. Suddivise, prima di tutto, l'"esercito mobile" in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses),[192][193] contemporaneamente rovesciò l'assetto complessivo dell'apparato bellico romano tetrarchico, continuando ad espandere la componente mobile, a vantaggio di quella di frontiera.[194]


In genere le unità palatinae costituivano l'esercito dedicato ad una intera Prefettura del Pretorio, mentre le unità comitatenses costituivano l'esercito dedicato ad una singola Diocesi nell'ambito della Prefettura. Analogamente conferì all'"esercito di confine" una connotazione più peculiare: le unità che lo costituivano furono definite limitanee (stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana alcune di esse furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile").


In sintesi possiamo così riassumere la nuova organizzazione delle unità militari, classificandola in tre differenti tipologie, ognuna delle quali era a sua volta divisibile in sotto-unità, come segue:[195]



  1. le Scholae palatinae, ovvero quelle unità che costituivano la guardia personale dell'imperatore, dopo lo scioglimento della guardia pretoriana, operata da Costantino I nel 312;

  2. l'esercito "mobile" (comitatus), che dipendeva direttamente dall'imperatore. La vastità dell'Impero costrinse Costantino I a dover creare altri eserciti mobili, dislocati in varie regioni, al comando dei propri figli: Crispo, Costante, Costanzo e Costantino.[196] Per distinguere l'esercito comitatensis regionale da quello sotto il diretto controllo dell'imperatore, quest'ultimo prese il titolo di praesentalis. Questo esercito "mobile" era a sua volta diviso nelle seguenti sotto-unità, differenziate tra loro per rango gerarchico:

    • unità Palatinae (di palazzo o praesentalis), che rappresentavano l'élite dell'esercito romano, e che facevano parte dell'armata sotto il diretto controllo dell'Imperatore (nell'evoluzione successiva, affidato al Magister militum praesentalis) a loro volta suddivise in:


      • Legiones palatinae, ovvero i reparti di fanteria pesante dell'esercito mobile praesentalis;


      • Auxilia palatina ovvero la fanteria leggera dell'esercito mobile praesentalis;[197]


      • Vexillationes palatinae, ovvero la cavalleria dell'esercito mobile praesentalis;



    • unità Comitatenses vere e proprie, che rappresentavano le unità "mobili regionali", ovvero quelle unità a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte"), a loro volta suddivise in:


      • Legiones comitatenses, ovvero la fanteria pesante dell'esercito mobile non-praesentalis;


      • Vexillationes comitatenses, ovvero la cavalleria dell'esercito mobile non-praesentalis;



    • unità Pseudocomitatenses, che rappresentavano quelle unità di frontiera (limitanei) distaccate presso l'esercito campale (comitatus) in occasione di particolari campagne militari, e che spesso rimasero a far parte dell'esercito "mobile" in modo permanente. Esse poteveno essere solo di un tipo:

      • Legiones pseudocomitatenses, ovvero unità "prestate" dalle frontiere imperiali, all'esercito "mobile";




  3. l'esercito "lungo le frontiere" (limes), ovvero dei Limitanei e/o Riparienses (questi ultimi erano soldati, posti a protezione delle frontiere fluviali di Reno, Danubio ed Eufrate), unità "fisse" di frontiera aventi compiti principalmente difensivi e costituenti il primo ostacolo contro le invasioni esterne. Queste unità erano a loro volta suddivise, sempre in ordine di importanza gerarchica in:


    • legiones limitaneae, ovvero la fanteria pesante dell'esercito stabile lungo le frontiere (formate da 1.200[198] fino a 5.000 armati ciascuna; normalmente quelle in Occidente erano di consistenza inferiore, rispetto a quelle della parte orientale);


    • Auxilia (o auxiliares o auxilium), di difficile interpretazione allo stato attuale delle conoscenze, ma comunque di dimensioni e qualità inferiori rispetto alle legiones di limitanei;


    • Milites o Numeri, i primi rappresentavano forse dei distaccamenti di altre unità, mentre i secondi, erano unità di dimensioni sempre più ridotte e di formazione "indigena";


    • Equites e Cunei, erano invece reparti di cavalleria limitanea;


    • Alae e Cohortes erano forse i residui di vecchie unità alto-imperiali.




In aggiunta, va precisato che si rese necessario un crescente reclutamento obbligatorio dei barbari (chiamati laeti), già inquadrati nei numeri sin dall'epoca di Marco Aurelio, stanziati all'interno dell'Impero con l'obbiettivo di ripopolare alcuni territori abbandonati o falcidiati dalle pestilenze. In virtù della ereditarietà dei mestieri decisa da Diocleziano, si impose ai figli di ex militari la ferma obbligatoria, anche se però questi godevano di privilegi dovuti alla carriera dei propri padri. Con il passare dei secoli l'ingresso nell'impero di gruppi barbari fu visto come l'occasione per acquisire nuove reclute. L'esercito, quindi, svolse un grande ruolo nella romanizzazione dei barbari (costituendo praticamente l'unico modo per conquistare un ruolo sociale di rilievo), garantendo una integrazione talmente forte da consentire di intraprendere la stessa carriera dei colleghi romani. La politica di integrazione perseguita tra il III e il IV secolo rese inutile a partire dal regno di Costantino I un documento che concedesse formalmente la cittadinanza ai veterani barbari poiché questi si erano già integrati e romanizzati.[199]



Struttura della legione |


A partire dalla seconda parte del regno di Costantino (dopo la vittoria su Licinio del 324),[200] molte delle legioni tradizionali (composte da 5.000/5.500 armati) cominciarono, in modo assai più evidente, ad inviare loro vexillationes in forti/fortezze di nuova costruzione, o in città/borghi,[201] perdendo la loro abituale numerazione, ma soprattutto non facendo più ritorno alla sede principale della "legione madre". Alcuni studiosi hanno creduto che ciò andasse ad aumentare considerevolmente il numero delle legioni, in realtà molte di queste legioni erano semplici "distaccamenti legionari" (es. gli Ioviani dalla legio I Iovia, i Septimiani dalla legio VII Claudia, ecc.) formati ora da 800/1.200[198] armati, prelevati dalla "legione madre" (di 5.500 armati), che andava così in modo definitivo a ridurre i propri effettivi. Contemporaneamente questi distaccamenti, chiamati in epoca alto imperiale vexillationes, divennero essi stessi delle unità indipendenti legionarie. È vero anche che se buona parte di queste legioni "nacquero" da questo scorporo, altre furono create ex novo, da reparti specifici dell'esercito romano (es. i Ballistari, quali reparti di artiglieria) o da vecchie unità ausiliarie (es. i Germaniciani).[202] Sulla base di quanto è stato esposto poco sopra vi erano quattro tipologie di legioni che:



  • con l'evolversi del sistema post-costantiniano si trasformarono gradualmente da unità di 5.000 armati, a unità ridotte fino a 800/1.200[198] armati circa;

  • continuavano a costituire il nerbo dell'esercito romano, costituite da fanteria pesante.


Si trattava delle seguenti legiones:



  1. la legio palatina, appartenente all'esercito mobile praesentalis che dipendeva direttamente dall'imperatore;

  2. la legio comitatensis, facente parte di quelle unità "mobili regionali" a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte");

  3. la legio pseudocomitatensis, ovvero quel genere di unità "prestate" dalle frontiere imperiali all'esercito "mobile";

  4. la legio limitanea, facente parte di quelle unità poste a difesa "lungo le frontiere" dei Limitanei e/o dei Riparienses.


Costantino introdusse, quindi, nell'"esercito mobile" un nuovo tipo di unità (in aggiunta alle legiones ed alle vexillationes): le auxiliae palatinae, eredi delle unità ausiliarie, che dopo la constitutio antoniniana di Caracalla (212) erano state integrate nel tessuto imperiale.[203] In particolare le auxiliae palatinae erano costituite da circa 500 fanti, generalmente con armamento leggero, più versatili delle legiones ed impiegabili anche in azioni di guerriglia e rastrellamento. Conseguentemente nel tardo impero la distinzione tra legiones ed auxiliae divenne tecnico-tattica, più che basata sulla cittadinanza dei combattenti che vi militavano. Le legioni, infatti, risultavano meno flessibili ed erano dotate di un'organizzazione migliore rispetto a quella delle auxilia, oltre ad essere armate in modo "più pesante".


Vi è, infine, da aggiungere che nel 365, il nuovo imperatore Valentiniano I (Augustus senior presso Mediolanum), spartì con il fratello minore Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli) tutte le unità militari dell'Impero (comprese quindi le legiones), le quali furono attribuite all'uno o all'altro in parti uguali (quelle di 1.000 armati) oppure divise in due metà (quelle con un numero di legionari ancora di consistenza superiore ai 2.000 armati) dette rispettivamente "senior" (assegnate a Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente).[204]



Comandi complementari interni alla legione |



Cavalleria |





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Lo stesso argomento in dettaglio: Cavalleria legionaria e Cavalleria (storia romana).




Cavalleria legionaria di epoca tardo imperiale; al centro il draconarius regge l'insegna del draco della coorte.


Con la riforma costantiniana post 324, sembra che i reparti di cavalleria legionaria siano stati pressoché aboliti a vantaggio di nuove unità di cavalleria specializzata, denominate vexillationes. Si trattava di unità utilizzate all'interno del comitatus.[182] L'abolizione della cavalleria interna alla legione, fu un processo lungo iniziato dalla riforma di Gallieno (o degli imperatori illirici), quando la cavalleria andò lentamente separandosi dalla fanteria legionaria, divenendo di fatto indipendente proprio sotto Costantino I (324-337) e cessando così di esistere come corpo aggregato alla legione romana.[205]


Le vessillazioni in quest'epoca designavano, non più i distaccamenti legionari alto imperiali, ma reparti di sola cavalleria. Le vexillationes equitum andarono incontro a un progressivo consolidamento nell'organico e nel numero di distaccamenti, tanto da far pensare all'assegnazione di una nuova funzione strategica alle unità di cavalleria. Con la riforma di Costantino e dei suoi figli, le vessillazioni divennero unità alla base dell'organizzazione delle forze montate: le vexillationes palatinae e quelle comitatentes erano nominalmente formate da 300 o 600 uomini. La Notitia dignitatum elenca in quest'epoca ben 88 vessillazioni.


La cavalleria poteva essere leggera o pesante a seconda dell'armamento o della pesantezza dell'armatura. Esistevano gli equites sagittarii, arcieri a cavallo di derivazione orientale, partica o barbarica, la cavalleria leggera d'avanguardia (mauri, dalmatae, cetrati), e la cavalleria pesante dei catafractarii attrezzati di lance e muniti di pesanti armature squamate e o di lorica manica, di derivazione sarmatica, partica o palmirena.[206] Soprattutto in Oriente, se si registra la presenza di ben 19 unità di catafratti secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartenneo al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti.


I corpi di cavalleria erano integrati tanto nelle legioni comitatensi, quanto in quelle limitanee, eredi o delle vecchie alae di cavalleria ausiliaria o degli equites illyriciani o dei clibanarii già operanti in epoca alto-imperiale.









«Venivano in ordine sparso i corazzieri a cavallo, chiamati di solito "clibanari", i quali erano forniti di visiere e rivestiti di piastre sul torace. Fasce di ferro avvolgevano le loro membra tanto che si sarebbero creduti statue scolpite da Prassitele, non uomini. Erano coperti da sottili lamine di ferro disposte per tutte le membra ed adatte ai movimenti del corpo, di modo che qualsiasi movimento fossero costretti a compiere, la corazzatura si piegasse per effetto delle giunture ben connesse.»


(Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XVI, 10, 8)

Unità d'élite erano le scholae, istituite all'inizio del IV secolo per opera di Costantino I a seguito dello scioglimento dell'antica Guardia pretoriana, e divise tra gentiles e scutarii. Ogni schola era comandata inizialmente da un tribuno, poi successivamente al V secolo da un comes scholarorum, che aveva sotto il suo diretto commando un certo numero di ufficiali anziani detti domestici o protectores.[207] Se all'inizio de IV secolo erano elencate tre unità, nel V secolo la Notitia dignitatum elenca sette scholae nella parte orientale dell'Impero e cinque in quella occidentale.[208]



Genio militare |





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Lo stesso argomento in dettaglio: Genio militare (storia romana).


Gerarchia interna |


Ufficiali maggiori

Se al vertice di una delle armate, almeno fino a Onorio e Arcadio, si collocava l'imperatore in persona (il quale poteva delegare gli altri eserciti ad Augusti e Cesari), ai grandi immediatamente inferiori erano preposti i magistri militum, tutti comites rei militaris in quanto parte dell'entourage imperiale. Essi erano:



  1. il Magister militum praesentalis a capo della cavalleria;[209]

  2. il Magister militum praesentalis a capo della fanteria.[209]


Sotto di loro i magistri militum regionali, per la cavalleria e per la fanteria. Alle dipendenze di questi ultimi vi erano i comites, i conti, distinti da quelli suindicati per essere assegnati al comando di regioni secondarie o considerate più sicure.[209]


Ai gradi immediatamente inferiori i duces, distribuiti uno per ogni provincia (a cui erano affidate truppe di limitanei, comprendenti anche le legiones limitanae),[210] e sottoposti all'autorità del comes territoriale. Il prepositus, invece, poteva apparire alle dipendenze del dux, oppure poteva identificare un grado di comandante di cavalleria o di una specifica unità di appiedati.[209] Sopravvivono in quest'epoca infine, per i quadri dell'esercito, i tribuni, agli ordini di un prefetto e divisi in due grandi categorie: comandanti di unità e comandanti superiori. Altri potevano essere addetti a svariate altre funzioni (dalla fabbricazione delle armi, al comando di unità della flotta ecc).[209]


Ufficiali inferiori e truppa

Con la fine della guerra civile (nel 324) e la dinastia costantiniana le "vecchie" vexillationes legionarie vennero trasformate in nuove legioni indipendenti dalla legione "madre", riducendo il numero di armati fino a 1.200 uomini (come risulta da alcuni passi di Ammiano Marcellino, a proposito della battaglia di Strasburgo[211] del 357 e di Amida del 359[212], e in Zosimo[198]). San Gerolamo in un passo aiuta a ricostruire quella che doveva essere la gerarchia per gli ufficiali subalterni in quest'epoca. Essa doveva prevedere:



  • il primicerius, addetto alla compilazione delle liste delle unità;

  • il senator;

  • il ducenarius, probabilmente al comando di due centurie o di un manipolo;[213]

  • i centenarii, corrispondente al vecchio centurione,[214] e divisi in:


    • protectores, inseriti negli eserciti provinciali, grado conferito precedentemente anche ai componenti della guardia imperiale;


    • ordinarii, a capo dei primi ordines;


    • ordinati.[215]




Per quanto riguarda la truppa, se facciamo riferimento alla gerarchia gerolamiana, troviamo nell'ordine il biarchus, il circitor, l'eques (il cavaliere) e il tiro.[215] A questa economia vanno aggiunti il pedes, il fante, e il semissalis, collocato tra il cavaliere e il circitor.[215] Va ricordato che a ciascun grado più alto, pur trattandosi di soldati, corrispondeva una paga più alta. Di conseguenza avremmo trovato:



  1. il biarchus, forse come il circitor un decurione o un ufficiale inferiore;

  2. il circitor;

  3. il semissalis (che riceveva una paga e mezza, pur svolgendo analoghe funzioni di un soldato);

  4. l'eques, di norma superiore al fante;

  5. il pes, il soldato appiedato;

  6. il tiro, la recluta.[215]



Disposizione tattica |






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Lo stesso argomento in dettaglio: tattiche della fanteria romana.


Modello strategico |





Mappa dell'mondo romano poco dopo la morte di Costantino (337), con i territori assegnati ai suoi tre figli (Costante I, Costantino II e Costanzo II) ed ai due nipoti (Dalmazio e Annibaliano)





Testa colossale di Costantino I.








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Lo stesso argomento in dettaglio: Limes romano, dimensione dell'esercito romano e dislocazione delle legioni romane.

Le legioni stanziate lungo il limes in quest'epoca hanno ormai assunto una connotazione e un ruolo strategico dissimile dalle altre truppe stanziate in profondità, dislocate nei centri interni a causa delle sempre più gravi difficoltà logistiche. La loro posizione andò conferendo a queste forze di frontiera, dette di limitanei o ripenses (se poste a guardia dei confini fluviali), un ruolo di salvaguardia o di controllo del limes, rispetto alle truppe "mobili", quelle dei comitatensi (comitatensi e limitanei potevano essere reclutati entrambi tra cittadini e peregrini).


Limitanei e comitatensi non vanno necessariamente vincolati gli uni e gli altri ai ruoli di forza "d'attrito" stativa e di forza mobile più flessibile. Una tale distinzione può anche essere suggerita a motivo della differente collocazione geografica, ma in realtà non esiste alcuna certezza che fossero preposti al ruolo, i primi, di forza di contenimento, e, i secondi, di "riserva strategica" o "forza mobile".[216] Inoltre i limitanei (il cui termine inizia a designare le forze di frontiera solo alla fine del IV secolo) iniziano ad essere impiegati sensibilmente più tardi rispetto al comitatus, già esistente prima dell'avvento di Diocleziano.[217]


L'accusa di Zosimo rivolta a Costantino,[218] e replicata dall'anonimo autore del De rebus bellicis attorno al 370, di aver minato la difesa delle frontiere allo scopo di istituire forze dinamiche di intervento, tradendo il progetto dioclezianeo del presidio dei confini, ha per lungo tempo contribuito a interpretare in senso oppositivo le strategie militari di Diocleziano e di Costantino.


La scelta di Costantino fu dettata principalmente dalla maggiore facilità di approvvigionamento per le truppe vicine ai centri cittadini (pur comportando tale iniziativa ovvi problemi di ordine pubblico e di abusi da parte dei militari). Diocleziano aveva scelto di rafforzare le difese, di costruire nuovi forti, anche se dotandoli di una quantità di truppe di difesa inferiore rispetto al periodo precedente. Ogni provincia era dotata di due legioni, due vexillationes di cavalleria (ognuna di 500 uomini) per un totale di 4.000 soldati circa.[219] Costantino, all'opposto, con le forze prelevate dalle frontiere trasformò il comitatus, comandato da magistri militum provinciali, che divenne la principale massa di manovra dell'esercito. A questo si affiancava la forza limitanea, sottoposta al controllo dei duces. Con Costantino il controllo dell'esercito era inoltre definitivamente sottratto ai governatori, ormai ridotti al ruolo esclusivo di amministratori e giudici. Sotto Costantino si ebbe, ancora una volta, la necessità di creare nuove legioni da porre lungo i confini imperiali, portando inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 600.000 uomini.


La Notitia Dignitatum fornisce, infine, un quadro più o meno completo, anche se in gran parte anteriore alle grandi invasioni ed ai regni romano-barbarici, della struttura delle province e delle unità militari.[220] Dal documento emerge una certa frammentazione, un quadro di apparente indebolimento delle vecchie legioni, con unità prive di un organico completo, anche se del tutto regolari e pienamente inserite all'interno di un preciso organigramma.[221] L'aspirazione ad entrare nella milizia limitanea era, generalmente, più diffusa, non solo perché chi vi era arruolato (ovvero i provinciali) avesse il vantaggio di rimanere vicino alla famiglia, ma anche in ragione della esenzione a beneficio dei figli dei curiali (il notabilato delle città), garantita da una legge del 363, dell'obbligo ereditario alla ferma (riservato unicamente a coloro che sceglievano la strada dell'arruolamento e servivano nell'esercito per 10 anni).[222]



Armamento |




Mosaici del IV secolo in Santa Maria Maggiore (Roma), navata centrale. In questa scena (come in altri pannelli musivi) sono rappresentati alcuni soldati dell'epoca del tardo impero, tutti armati di hasta e protetti da elmi (che sembrano di tipo Intercisa) ornati da ricchi cimieri e clipei rotondi.






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Lo stesso argomento in dettaglio: armi ed armature romane § Periodo tardo imperiale e legionario romano.


Da Adrianopoli alla fine dell'Occidente (378-476) |




L'impero romano all'epoca della morte di Teodosio I nel 395, con la divisione amministrativa dell'impero in prefetture e diocesi.


In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati semi-autonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei romani. Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari inflitte all'impero, il permesso imperiale di stanziarsi all'interno dei confini.


Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito: un esercito professionale come quello romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato e equipaggiato, e le ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo delle capacità di addestramento, arruolamento, dell'organizzazione logistica e della qualità dei rifornimenti in armi e derrate ai soldati (si spiegano in questo senso le sempre più crudeli minacce ai cittadini contenute nelle leggi del periodo in caso di mancato versamento dei tributi).[223] Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, possiamo ricavare che quasi la metà dell'esercito campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino delle potenzialità militari con riferimento sia alla consistenza meramente quantitativa delle truppe che sotto il profilo della qualità.[224]


La perdita dell'Africa ebbe riverberi inevitabili e seri sulle finanze dello stato, indebolendo ulteriormente l'esercito (attorno al 444).[225] Le perdite subite portarono all'ammissione in grosse quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma era deleterio a lungo termine, in quanto diminuiva gli investimenti nel rafforzamento delle unità regolari.[226]


Nel tardo impero l'esercito, per difendere i confini imperiali dalla crescente pressione barbarica, non potendo contare su reclute insignite di cittadinanza, a causa sia del calo demografico all'interno dei confini dell'Impero, sia della resistenza alle coscrizioni[227][228], ricorse sempre di più a contingenti di gentiles (fino a una vera deriva "mercenaristica"), utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (legiones, vexillationes ed auxiliae), ed in seguito, in forme sempre più ingenti e diffuse, come alleati che conservavano le loro tradizioni e le loro usanze belliche. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più culturalmente estraneo alla società che era chiamato a proteggere.


Vegezio, autore di un manuale di strategia militare redatto tra la fine del IV secolo e la prima metà del V secolo, si lamentò per l'imbarbarimento progressivo dell'esercito romano, il quale, cominciando a combattere alla maniera barbarica, perse il suo tradizionale vantaggio nella superiore disciplina e strategia militare; lo stesso Vegezio si lamentò per il fatto che l'imperatore Graziano avesse permesso ai suoi fanti, probabilmente di origini barbariche, di non indossare più elmo e armature, esponendoli maggiormente alle armi nemiche e portando come nefasta conseguenza a diverse sconfitte contro gli arcieri goti.[229] Vegezio lamentò poi che non si costruissero più accampamenti e riferisce le conseguenze nefaste di questa scelta.[230] Sempre Vegezio lamentava poi che i proprietari terrieri, non intendendo perdere manodopera, escogitavano diversi espedienti pur di non fornire soldati all'esercito, ricorrendo anche alla corruzione degli ufficiali reclutatori: ciò fece sì che, invece di reclutare gente idonea al combattimento, venissero reclutati pescatori, pasticcieri, tessitori ed altre professioni ritenute non idonee da Vegezio.[231] La soluzione di Vegezio era tornare all'antico modo di combattere, alla "maniera romana", abbandonando il modo di combattere "alla barbara" introdotto dal sempre più crescente arruolamento di Barbari; in Occidente, tuttavia, per diverse ragioni, non si riuscì a invertire questa tendenza, portando alla sua rovina.[232]




I regni romano-barbarici nel 476


Da alcune fonti letterarie del tempo si può evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, quando probabilmente anche la maggior parte delle auxiliae palatinae furono rimpiazzate da federati.[233]


Intorno al 460 l'esercito romano, e di conseguenza le legiones, dovevano apparire solo l'ombra di sé stesse, con i territori ridotti ormai alla sola Italia o poco più. Nonostante tutto, secondo alcuni studiosi, l'esercito romano rimase efficiente fino ad almeno a Maggioriano (461).[223] Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero sembra fosse ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi, Bagaudi, Franchi, mantenendo sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza.[234] Solo con l'uccisione di Maggioriano cominciò il definitivo declino, a causa della rivolta dell'esercito delle Gallie che portò alla formazione di uno stato secessionista in Gallia settentrionale, il Dominio di Soissons.[223] Privato dell'esercito delle Gallie, ed essendosi ridotti i territori gallici sotto il controllo del governo centrale alle sole Provenza e Alvernia, l'impero non fu più in grado di difendere queste province con il solo ricorso all'esercito d'Italia. Nel 476 le armate sollevate da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia, Romolo Augusto, erano costituite unicamente da alleati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli.[235] Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, ed alcune sue unità, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno alla Pars Orientis.[236]Teofilatto Simocatta attesta, ancora a fine VI secolo, l'esistenza della Legio IV Parthica, anche se all'epoca le legioni erano quasi del tutto scomparse, sostituite da reggimenti di circa 500 soldati denominati numeri (in latino) o arithmoi (in greco).



Fortificazioni |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Castrum, fortezza legionaria e lista di fortezze legionarie romane.

Le legioni alloggiavano in due tipi di accampamenti (castrum): "da marcia" o permanenti. I primi erano costruiti in via temporanea per garantire la sicurezza della legione durante la sosta notturna in territorio nemico, i secondi erano relativamente stabili e potevano essere di due tipi: castra hibernia, in cui svernare, e castra aestiva, in cui alloggiare le truppe nei mesi estivi o in prossimità delle campagne militari. I sistemi difensivi più rapidi e più facilmente realizzabili erano costituiti dai cavalli di frisia, ovvero da pila muralia (pali acuminati con un'incavatura al centro per consentire l'incastro assieme ad altri pila) legati insieme e posti in cima agli aggeri che sorgevano accanto all'intervallum che separava la zona adibita ad ospitare le tende (papiliones), da quella della cinta difensiva, solitamente costituita da un fossato a ridosso di un terrapieno, per i campi temporanei, o da un vallum di legno o pietra (intervallato da quattro porte mediane) munito di torri per quelli permanenti. Le tende erano fatte di pelli cucite di vitello, di capra o di cuoio.


Il castrum romano era attraversato da due strade principali che intersecavano nell'area del Praetorium (tenda o abitazione del comandante) e dei Principia (quartier generale), la via Praetoria (che collegava porta praetoria e porta decumana) e la via Principalis (che collegava le due porte principali). Il castrum romano poteva estendersi anche su 20-30 ettari e ospitò fino all'89 d.C. 2 legioni, dopodiché ne poté ospitare solo una. Le unità ausiliarie avevano propri forti distribuiti nelle zone più di confine ed erano intervallate con quelle legionarie. Le fortezze ausiliarie (castella) erano basi di attività di pattugliamento e monitoraggio dei confini, fondamentali anche per tenere impegnato il nemico in caso di invasione. I forti erano dotati anche del valetudinarium, di un ospedale militare.



Conduzione degli assedi e macchine da guerra |





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Macchine d’assedio utilizzate dall'esercito romano

Rampa

Catapulta

Muscolo

Balista

Onagro

Testuggine

Pluteo


Torre con ponte levatoio










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Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio (storia romana) e armi d'assedio (storia romana).

Le fasi dell'assedio erano fondamentalmente tre, svincolate spesso da un ordine logico tra loro. La prima consisteva nel porre il blocco all'ingresso di merci e persone nella città e nell'isolamento del nucleo cittadino. La seconda fase era quella della contravallatio (controvallazione), utilizzata a Masada, consistente nella costruzione di una semplice palizzata, di un fossato o di fortificazioni più complesso come sistema di difesa dagli assediati. Ulteriore sviluppo della seconda era la fase (terza) della circumvallatio, utile ai fini della difesa dall'esterno e dall'interno del campo degli assedianti, impiegato da Cesare ad Alesia.


Utili in fase di avanzamento erano le vinee (anche i plutei) o in alternativa la formazione a testuggine, delle tettoie mobili per proteggere i soldati o gli scavatori nell'avvicinamento alle mura. Armi d'assedio ampiamente utilizzate erano le baliste, grosse balestre utilizzate per scagliare proietti di pietra o frecce e gli scorpiones, utilizzati per il lancio di dardi e frecce di medie dimensioni. Spesso erano utilizzate anche rampe (come quelle di Jotapata e Masada) per far arrivare le torri d'assedio alle mura (munite di baliste o di arieti) o si ricorreva alla costruzione di imponenti terrapieni (come ad Avarico).


Vegezio elenca sette tipi di armi d'assedio nell'Epitoma, riferibili a quest'epoca, ma certamente collocabili anche nei tempi anteriori. Le macchine più utilizzate erano:



  1. le testuggini, che secondo la descrizione dell'epitomatore tardo antico costituivano le macchine all'interno delle quali poteva essere collocata o l'estremità in ferro (per sineddoche si sarebbe poi forse intesa per ariete l'intera macchina), cioè l'ariete volto a minare la solidità delle mura, oppure una "falce" che serviva a "estrarre le pietre dalle mura";[237]

  2. le vinee (larga circa 2 metri, alta 2 e lunga 4,70 metri), tettoie di legno leggero che potevano essere realizzate in gran numero a formare un lungo corridoio che consentiva l'avvicinamento alle mura degli scavatori;[238]

  3. i plutei, schermi mobili, formati da intrecciature di vimini rivestiti di pelli o di cuoio, al riparo dai quali gli assedianti bersagliano gli spalti delle mura;[239]

  4. i muscoli, macchine coperti dalle quali si poteva operare il riempimento dei fossati che consentisse alle torri mobili di raggiungere le mura;[240]

  5. le torri mobili (larghe dai 9 ai 15 metri), costruite con travi e tavole ricoperte di pelli grezze per evitare di prendere fuoco, e formate su tre livelli, il primo dotato di ariete per colpire le mura, il secondo munito del ponte per l'accesso agli spalti, il terzo costituito da una torretta (spesso nascosta) con la quale colpire i nemici sulle mura e agevolare la conquista del settore o evitare l'incendio della torre stessa, soggetta spesso ad essere colpita da dardi incendiari.[241]



Simboli della legione |




Ricostruzione di uno scudo della legio palatina degli Ioviani Seniores, tratta dalla Notitia Dignitatum.






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Lo stesso argomento in dettaglio: insegne militari romane ed elenco di legioni romane.

Durante il suo secondo consolato, nel 104 a.C., Gaio Mario conferì all'aquila un valore simbolico particolare, rendendola il segno distintivo della legione.[242][243] Racconta Plinio che prima della decisione di Mario la legione possedeva altri quattro simboli: il lupo, il cavallo, il minotauro e il cinghiale, recati davanti a ciascun rango dell'esercito. Non è chiaro tuttavia cosa identificassero queste quattro figure, e se fossero utilizzate insieme o servissero ciascuna ad designare un determinato raggruppamento. Si potrebbe ipotizzare che i quattro simboli fossero riferiti alle quattro legioni citate da Livio.[244][245] L'aquila in età imperiale era tenuta in consegna dalla prima centuria della prima coorte.


La progressiva sostituzione dell'aquila, sacra a Giove Capitolino, o il suo affiancamento al draco, simbolo religioso e militare presso i daci e i sarmati, con tutta probabilità assimilato dai romani durante la campagna dacica di Traiano, tanto da essere riportato in ben 20 scene della Colonna traiana, dovrebbero risalire al II secolo.[164] Il simbolo compare in numerosi coni emessi da Antonino Pio, Decio, Claudio il Gotico e Aureliano. Prima adottato dalle coorti e dalle ali di cavalleria, passò successivamente a identificare l'intera legione.


Oltre all'aquila e al drago sarà utilizzato più tardi il labaro (labarum), drappo quadrato recante il monogramma di Cristo (oppure costituito da un drappo con tre cerchi sormontato dal monogramma), quando Costantino ne farà il simbolo del proprio esercito, promuovendone la sostituzione, una volta divenuto imperatore, alle precedenti simbologie pagane. Secondo Eusebio di Cesarea, il ritratto dell'imperatore si trovava sulla metà superiore del drappo, mentre sulla metà inferiore era disegnata una croce. Il Chi-Rho, invece, era attaccato al braccio superiore della croce.[246] Il labaro, assieme al draco, una manica a vento purpurea retta da un'asta sfarzosa, precedeva le truppe in marcia alla testa dell'esercito.[247]




Signiferi e vessilliferi |




Signifero della IV centuria della coorte (si noti il numero di phalerae), Legio XXX Ulpia Victrix.


I simboli militari romani erano il vexillum, un piccolo stendardo consistente in un drappo, e il signum, costituito da forme solide raffiguranti animali, persone o oggetti. Gli addetti al trasporto dei simboli delle legioni e delle centurie erano: l'aquilifer per l'aquila della legione, il signifer per il simbolo del manipolo o della centuria, il vexillarius per il portatore del vessillo, l'imaginifer per le imagines degli imperatori e, in epoca tarda, il draconarius (i portatori del draco erano sottoposti a un magister draconum) per il draco, che passò ad identificare anche il signifer.[248] All'interno dell'accampamento o del forte le insegne (signa militaria) erano conservate nell'aedes signorum, uno degli edifici dei Principia (quartier generale della legione), contenente gli stendardi delle unità.


L'aquilifer, di solito un signifero anziano, secondo nella gerarchia rispetto al centurione, era una figura di primaria importanza della legione, avendo la responsabilità di condurre in battaglia il simbolo dell'intero corpo militare, anche se la sua tutela era assegnata al centurione. Conservare e difendere l'aquila significava preservare la continuità della legione, perché la sua perdita poteva comportarne lo scioglimento, come avvenuto per le legioni distrutte dopo le battaglie di Carre e Teutoburgo. La caduta nelle mani del nemico delle insegne era un'onta gravissima, tanto che Augusto si prodigò per ottenere la restituzione delle insegne di Crasso, riuscendo a farsele riconsegnare dal re parto Fraate IV nel 20 a.C.


Ogni centuria, comprese quelle ausiliarie che avevano uno specifico signifer auxilia, possedeva una insegna (signum) che consisteva in un certo numero di dischi metallici (phalerae), di solito in numero di sei (corrispondenti alle centurie nella coorte), fissati ad un'asta di legno, terminante in una punta o una forma di mano (il cui significato è incerto) al di sotto della quale poteva essere montato una targa con su indicato il numero della coorte o della centuria stessa.[249] Il vexillum era uno stendardo, riportante il nome della legione, il simbolo e il numero, uno per ogni legione. Spesso identificava una vexillatio legionaria, ovvero un distaccamento della legione. L'imaginifer invece era il portatore dell'imago dell'imperatore, introdotta da Augusto, quando la figura dell'imperatore divenne oggetto di culto.[250] L'imago o le imagines erano ritratti realizzati in metallo battuto, custoditi dalla prima coorte.



Servizio medico |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Personale medico (esercito romano) e valetudinarium.


Vita del legionario |






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Lo stesso argomento in dettaglio: Vita del legionario romano.


Legione e flotta |


Nel 214 a.C. nel pieno dell'attacco di Annibale, a Brundisium agli ordini di Marco Valerio Levino era acquartierata una forza di fanteria della consistenza di una legio classica a supporto delle operazioni della Marina militare romana nell'Adriatico,[251] che però venne utilizzata per difendere la costa illirica dagli attacchi di Filippo di Macedonia. Dopo le sanguinose guerre contro Cartagine, la flotta romana era diventata tra le più forti del Mediterraneo. Sotto Augusto, incrementata nel numero di navi, essa divenne stabile. Le principali basi di stanziamento divennero Miseno, presso Pozzuoli, nel Mar Tirreno e Classe, presso Ravenna, nel Mar Adriatico, col compito di controllare l'una il Mediterraneo occidentale, l'altra quello orientale.[252] Flotte minori erano stanziate nei mari delle province periferiche (Britannia, Germania, Pannonia, Mesia, Ponto, Siria).


Con l'ulteriore espansione della flotta, le navi vennero dotate di contingenti di fanteria imbarcata. Questa era in forza alla base principale del Miseno,[252] ed effettuava le comuni esercitazioni della fanteria romana, oltre alle speciali tecniche della guerra sul mare, come abbordaggi e il bersagliare le navi avversarie dalle torri delle quali erano dotate le unità maggiori della flotta. Il numero di queste unità fu soggetto a contrazioni ed espansioni nel tempo, seguendo le fortune della marina alla quale era in forza. In effetti, la fanteria di marina romana, antesignana di quella attuale in forza a quasi tutte le marine militari moderne, aveva una sua struttura e dei suoi campi di addestramento, come la Schola Militum di Miseno.


Il comando di ogni flotta era affidato a prefetti di rango equestre, talvolta a liberti. Al prefetto del Miseno era assegnata una superiorità gerarchica rispetto a quello ravennese.[253] Le flotte provinciali erano guidate invece da centurioni o da prefetti equestri. Ogni nave era assimilata ad una centuria e comandata di norma da un centurione chiamato triarca. Al di sotto del prefetto, di grado superiore al centurione triarca c'era il navarca, comandante di una flottiglia o di una squadra di imbarcazioni, anche se Vegezio sostiene che fosse a capo di una singola nave, con l'incarico di curare l'addestramento dell'equipaggio.[254]



Note |




  1. ^ H.Parker, Roman legions, pp.70-71.


  2. ^ ab Gellio, Noctes Atticae, 10, 28, 1.


  3. ^ ab Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 3.


  4. ^ ab Plutarco, Vita di Romolo, 13, 1.Zonara, Epitome Historiarum, 7,3.


  5. ^ ab Scheidel, W., 1996, "Measuring Sex, Age and Death in the Roman Empire" Journal of Roman Archaeology Supplementary series no. 21, Chapter 3


  6. ^ ab Plutarco, De vite Parallele, Romolo 20, 1-3.


  7. ^ abc Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 18, 1-3.


  8. ^ ab Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 19, 1-2.


  9. ^ abcdef Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 16, 2-5.


  10. ^ abcdefghij Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 43.


  11. ^ Festo, De verborum significatu, sex suffragia(452); Cicerone, De re pubblica, 2, 22, 39-40.


  12. ^ abc Livio, I, 43.8-10.


  13. ^ abcdefg Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 17, 1-4


  14. ^ Cicerone, De re pubblica, 2, 22, 39-40.


  15. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IV, 18; Aulo Gellio, Noctes atticae, XVI, 10, 10-11.


  16. ^ Emilio Gabba, Esercito e società nella tarda Repubblica romana, p. 3.


  17. ^ Cicerone, De re publica, II, 22, 39-40.Dionigi d'Alicarnasso, Antichità romane, IV, 20, 3-5.


  18. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 15.


  19. ^ Plutarco, Numa, 7, 8.Zonara, Epitome Historiarum, 7, 5


  20. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, I, 36, 2.


  21. ^ ab Livio, Ab Urbe condita libri, I, 36, 6-8


  22. ^ Festo, De verborum significatu, sex suffragia(452); Cicerone, De re pubblica, 2, 22, 39-40.


  23. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. I: Dalle origini alla fine della Repubblica, p. 71.


  24. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II, 20.


  25. ^ Smith, William A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, London, 1875 - voce Tribunus


  26. ^ Dionigi d'Alicarnasso, Antichità romane, IV, 17, 1-4.


  27. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, IV, 59-60; e VIII, 8, 3.


  28. ^ Questo il significato etimologico che ne dà Aulo Gellio:







    «Si chiamavano ali poiché affiancavano le legioni sulla destra e sulla sinistra, come le ali nel corpo degli uccelli.»


    (Aulo Gellio, Noctes Atticae , XVI, 4.)



  29. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, I, 11; 25; 29; 39.


  30. ^ Polibio, Storie, IV, 9; XV, 12.


  31. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, I, 24-26.


  32. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. I: Dalle origini alla fine della Repubblica, p. 66.


  33. ^ L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.17.


  34. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. I: Dalle origini alla fine della Repubblica, p. 36.


  35. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, p.95.


  36. ^ Boak, A History of Rome to 565 A.D., p. 87


  37. ^ ab P.Connolly, Greece and Rome at war, pp.126-128.


  38. ^ ab Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 14.


  39. ^ ab Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 6.


  40. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 5.


  41. ^ ab Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 7.


  42. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 8.


  43. ^ P. Connolly, Greece and Rome at war, pp. 129-130.


  44. ^ P. Connolly, Greece and Rome at war, p. 130.


  45. ^ abc Polibio, Storie, VI, 20, 8-9.


  46. ^ Polibio, Storie, VI, 21, 8.


  47. ^ abcd Polibio, Storie, VI, 21, 9.


  48. ^ abcd Polibio, Storie, VI, 21, 7.


  49. ^ In realtà, come suggeriva il nome, in origine i principes (di età media) erano schierati in prima linea e solo successivamente venne deciso di proteggerli collocando in avanti i più giovani hastati. Ai veterani (triarii) era comunque riservata l'ultima fila. Cfr. Tito Livio, Storie, a cura di P. Ramondetti, Torino, UTET, 1989, vol. 3 (libri XXI-XXV, p. 238, nota 1).


  50. ^ Polibio, Storie, VI, 21, 10.


  51. ^ Pat Southern, The Roman Army: A Social and Institutional History, Oxford university press, 2007, p. 90, ISBN 0-19-532878-7. URL consultato il 21 settembre 2008.


  52. ^ abc Polibio, Storie, VI, 19, 1-2.


  53. ^ Emilio Gabba, Esercito e società nella tarda Repubblica romana, p. 6.


  54. ^ Polibio, Storie, VI, 19, 3.


  55. ^ Boak, A History of Rome to 565 A.D., p. 189
    * Santosuosso, Storming the Heavens, p. 10



  56. ^ Emilio Gabba, Republican Rome, The Army And the Allies, p. 1


  57. ^ ab Santosuosso, Storming the Heavens, p. 18


  58. ^ Cary & Scullard, A History of Rome, p. 219


  59. ^ Edward Luttwak, The Grand Strategy of the Roman Empire, p. 27


  60. ^ Flavio Vegezio Renato, Epitoma rei militaris, II, 13.


  61. ^ Santosuosso, Storming the Heavens, p. 16


  62. ^ abcde Brian Dobson, in Greece and Rome at war a cura di P. Connolly, p. 214.


  63. ^ Tale affermazione costituisce una congettura fondata sul fatto che l'ultimo a citare l'utilizzo del manipolo sia stato Sallustio nel Bellum Iugurthinum; secondo alcuni il primo impiego della coorte dovrebbe risalire allo scontro con i Cimbri e i Teutoni


  64. ^ abc Brian Dobson, in Greece and Rome at war a cura di P. Connolly, p. 213.


  65. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Libreria editrice goriziana, 2012, pp. 109-110.


  66. ^ Polibio, Storie, VI, 25, 1-2.


  67. ^ Tacito, Annali, IV, 5


  68. ^ Cesare arruolò ad esempio 4.000 galli della tribù degli Edui nel 58 a.C. (De bello Gallico, I, 15).


  69. ^ E. Abranson e J.P. Colbus, La vita dei legionari ai tempi della guerra di Gallia, Milano, 1979, pp. 20-21.


  70. ^ Michael Grant, The History of Rome, p. 52


  71. ^ Polibio, Storie, I, 43.


  72. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, p.279.


  73. ^ Cesare, De bello Gallico, IV, p 17-18; VI, 29.


  74. ^ Cesare, De bello Gallico, VII, 18-28.


  75. ^ Jérôme Carcopino, Giulio Cesare, Rusconi, Milano 1993, p. 351.


  76. ^ Polibio, Storie, VI, 19, 4.


  77. ^ Nei circa due secoli che separano la Seconda guerra punica dall'avvento del Principato di Augusto si è calcolato che in media era impegnata ogni anno nell'esercito il 13 per cento della popolazione maschile sopra i 17 anni, con punte del 30 per cento (Giorgio Ruffolo, Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 48.


  78. ^ Polibio, Storie, VI, 20, 2-7.


  79. ^ Alessandro Milan, Le forze armate nella storia di Roma Antica, Roma 1993, p. 98.


  80. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 13-14.


  81. ^ (vedi capitolo Legione liviana)


  82. ^ A. Goldsworthy, Storia completa dell'esercito romano, pp. 26-27.


  83. ^ Cesare, De bello Gallico, III, 24.


  84. ^ Ignoto, Bellum Africum, 13.


  85. ^ Cesare, De bello Gallico, I, 52.7.


  86. ^ Cesare, De bello Civilis, III 89.


  87. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 14.


  88. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 15.


  89. ^ Tito Livio, Periochae degli Ab Urbe condita libri , libro IX, 30.


  90. ^ ab Giovanni Brizzi, Scipione e Annibale. La guerra per salvare Roma, p.97.


  91. ^ Polibio, Storie, VI, 26, 7.


  92. ^ Alessandro Milan, Le forze armate nella storia di Roma Antica, Roma 1993, p. 95.


  93. ^ L.Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, p.201.


  94. ^ Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, 1998, p.113.


  95. ^ L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.180.


  96. ^ abcdefghijklm Le Bohec 2008, p. 33.


  97. ^ L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.173.


  98. ^ ab Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, III, 6, 2 (120).


  99. ^ ab L. Keppie, The Army and the Navy, in Cambridge Ancient History, seconda edizione, Vol. X, The Augustan Empire 30BC - 69 AD, p. 375.


  100. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 6; Pseudo Igino, De Munitionibus Castrorum, 3.


  101. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini 2008, p.29.


  102. ^ abcdefghijklm Keppie 1998, p. 176.


  103. ^ L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.147.


  104. ^ ab L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.148.


  105. ^ Polibio, Storie, VI, 19.2.


  106. ^ L.Keppie, The Making of the Roman Army, from Republic to Empire, 1984, p.150.


  107. ^ Cambridge University Press, L'impero romano da Augusto agli Antonini, in Storia del mondo antico, vol. VIII, Il Saggiatore, Garzanti, Miano 1975, p. 446.


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  137. ^ Ovvero in una, due o tre "file" di centurie o manipoli, disposte cinque davanti e cinque dietro nella duplex acies e quattro dietro, tre nella seconda e tre nella prima fila per la triplex acies


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  179. ^ Simon MacDowall, pag. 4, in Late Roman Cavalryman.


  180. ^ Yann Le Bohec, op. cit., p. 99.


  181. ^ Acta Maximiliani: «in sacro comitatu dominorum nostrorum Diocletiani et Maximiani, Constantii et Maximiani (= Galerio) milites christiani sunt et militant»


  182. ^ ab Simon MacDowall, Late Roman Cavalryman, p. 4.


  183. ^ ab McNab, op. cit., pp. 286-287


  184. ^ Vegezio, Epitoma, 3, XIV


  185. ^ Strategikon, XII, 16


  186. ^ McNab, op. cit., p. 289


  187. ^ ab Zosimo, Storia nuova, I, 25-27


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  196. ^ Giuseppe Cascarino, Carlo Sansilvestri, L'esercito romano, Armamento e organizzazione, vol. III, pp. da 51 a 53.


  197. ^ Le unità degli Auxilia palatina sono menzionate fin da Ammiano Marcellino, ovvero dalla metà del IV secolo (Storie, XVI, 11.9, 12, 43; XX, 4.4, 4.10, 4.18, 4.20, 5.9; XXI, 3.2; XXII, 12.6; XXXI, 8.9, 10.4).


  198. ^ abcd Zosimo, Storia nuova, V, 45.1


  199. ^ G. Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. III - Dal III secolo alla fine dell'Impero d'Occidente, p. 102.


  200. ^ Yann Le Bohec, Armi e guerrieri di Roma antica. Da Diocleziano alla caduta dell'impero, Roma, 2008, p. 53.


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  203. ^ Simon MacDowall, pag. 5, in Late Roman Infantryman.


  204. ^ Ammiano Marcellino, 25.5.1, in Res Gestae.


  205. ^ K. Dixon & P. Southern, The Roman Cavalry, p. 30.


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  208. ^ Notitia dignitatum, Pars Orientis XI.4-10 & Pars Occidentis IX.4-8


  209. ^ abcde Le Bohec 2008, op. cit., pp. 109-114


  210. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 33, 3.


  211. ^ Jones, p. 97, 125; Elton, p. 89.


  212. ^ Ammiano Marcellino, Storie, XIX, 2.14; XVIII, 9.3.


  213. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 8.


  214. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 13.


  215. ^ abcd Le Bohec 2008, op. cit., pp. 115-119


  216. ^ Tale teoria si deve alla pubblicazione nel 1976 del libro dello stratega militare Edward Luttwak dal titolo "La grande strategia dell'impero romano", in cui si sosteneva la tesi della difesa in profondità attribuita a Costantino I. In realtà però tale dicotomia era presente già in G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, Einaudi [1968]


  217. ^ Averil Cameron, Il tardo impero romano, Il Mulino, Bologna 2011, p. 50-51, p. 187


  218. ^ Zosimo, Storia Nuova, II, 34


  219. ^ Gabriella Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Bologna 2012, pp. 263-264


  220. ^ Dall'elenco risulterebbero 190 legiones tra Occidente ed Oriente, vale a dire 25 palatinae, 74 comitatenses, 46 pseudocomitatenses e 45 limitaneae.


  221. ^ Barbero, pp. 167-168


  222. ^ Barbero, p. 169


  223. ^ abc Drinkwater e Elton, p. 166.


  224. ^ Heather, pp. 303-305.


  225. ^ Heather, pp. 362-363.


  226. ^ Drinkwater e Elton, p. 171.


  227. ^ Spesso, per non privarsi della manodopera necessaria alla coltivazione delle loro terre, i latifondisti riscattavano dal servizio militare i loro contadini, versando al fisco una quota sostitutiva in denaro, che era usata dallo stato per reclutare i barbari (il problema è in realtà molto discusso; cfr. Jean-Michel Carrié, Eserciti e strategie, in Storia di Roma, II.2, Einaudi, Torino, 1991, pp. 137-139).


  228. ^ Gibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati.


  229. ^ Ravegnani 2012, pp. 29-30.


  230. ^ Ravegnani 2012, p. 30.


  231. ^ Ravegnani 2012, p. 29.


  232. ^ Ravegnani 2012, pp. 30-31.


  233. ^ Giordane, De origine actibusque Getarum, XXXVI, 192: « [...] hi enim adfuerunt auxiliares: Franci, Sarmatae, Armoriciani, Liticiani, Burgundiones, Saxones, Ripari, Olibriones, quondam milites Romani, tunc vero iam in numero auxiliarium exquisiti, aliaeque nonnulli Celticae vel Germanie nationes...».


  234. ^ Drinkwater e Elton,  p. 170.


  235. ^ Giordane, Getica, 242: « [...] Odoacer Torcilingorum rex habens secum Sciros, Herulos diversarumque gentium auxiliarios Italiam occupavit...».


  236. ^ Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, I, 23.


  237. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, IV, 14


  238. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, IV, 15, 1-4


  239. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, IV, 15, 5-6


  240. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, IV, 16


  241. ^ Vegezio, Epitoma Rei Militaris, IV, 17


  242. ^ Plinio, Naturalis Historia, X, 5, 16


  243. ^ Sallustio, De Catilinae coniuratione, 59


  244. ^ Livio, Ab urbe condita, XXVII, 36


  245. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, p. 37


  246. ^ Eusebio da Cesarea, Vita Costantini, I, 31


  247. ^ Le Bohec 2008, op. cit., pp. 120-121


  248. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 7,5


  249. ^ Chris McNab, L'esercito di Roma, Gorizia 2012, pp. 121.122


  250. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 7,3


  251. ^ Cambridge, pag. 276


  252. ^ ab Vegezio, Epitoma rei militaris, IV, 31, 4


  253. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, IV, 32, 1


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Bibliografia |



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In letteratura |


Diversi romanzi storici sono stati ispirati alle legioni romane in quanto unità combattenti organizzate. Tra questi:




  • Valerio Massimo Manfredi, L'ultima legione.


  • L'impero dei draghi.


  • Simon Scarrow, Il Centurione.


  • Simon Scarrow, Sotto l'aquila di Roma.



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Collegamenti esterni |






  • Legione romana, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata

  • Legione romana, su accademia19.it.

  • Varie caratteristiche della legione romana e sua evoluzione fino alla Roma imperiale, su progettovidio.it.

  • Il De bello gallico in linea, su softwareparadiso.it.

  • Il De re militari di Vegezio in linea, su intratext.com.

  • Le Storie di Polibio in linea, su perseus.tufts.edu.


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