Industrial rock

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Industrial rock | |
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Origini stilistiche |
Industrial Post-punk New wave |
Origini culturali |
Europa e Stati Uniti d'America |
Strumenti tipici |
chitarra elettrica, basso, sintetizzatore, batteria, batteria elettronica, sequencer, tastiera |
Popolarità |
Underground |
Generi derivati | |
Industrial metal - Digital hardcore - Industrial hip hop | |
Generi correlati | |
Post-industrial - Alternative rock - Synth pop - EBM - No wave - Noise rock - Rock sperimentale | |
Categorie correlate | |
Gruppi musicali industrial rock · Musicisti industrial rock · Album industrial rock · EP industrial rock · Singoli industrial rock · Album video industrial rock |
L'industrial rock è un genere musicale che fonde tecniche e tematiche tipiche della musica industriale con sottogeneri della musica rock. L'industrial rock degli anni ottanta pose i presupposti per lo sviluppo dell'industrial metal. I primi gruppi che inserirono elementi tipicamente industrial nelle loro canzoni furono gruppi post punk come Chrome, Foetus, Killing Joke, Swans, e i Big Black.
Indice
1 Storia del genere
1.1 Origini
1.2 Sviluppi
1.3 Industrial metal e l'apertura di mercati più ampi
2 Note
3 Bibliografia
Storia del genere |
Origini |
I Cromagnon, gruppo di musica sperimentale degli anni sessanta, sono spesso considerate uno dei precursori dell'industrial rock[1].
La musica industriale nacque in Inghilterra nella seconda metà degli anni settanta. Fra i fondatori di tale movimento vi furono gruppi legati alla Industrial Records come Throbbing Gristle, Monte Cazazza Cabaret Voltaire, NON, SPK e Z'EV[2] e di li a poco, molti musicisti inserirono elementi della musica industriale in una vasta gamma di generi musicali.
Alcuni musicisti post-punk svilupparono, parallelamente alla musica industriale, stili dalle attitudini similari. L'album di debutto dei Pere Ubu, The Modern Dance fu in seguito descritto come un album di musica industriale[3]. La stessa cosa vale per gruppi come i Chrome, il cui sound era una miscela di Jimi Hendrix, Sex Pistols ed esperimenti di tape music[4], ed i Killing Joke, considerati da Simon Reynolds come "la versione post punk dell heavy metal".
Fu però Foetus, uno dei più importanti e consapevoli punti di unione fra i due generi, prendendo parte prima alla scena Industrial londinese, poi con il suo trasferimento a New York alla scena No wave e mescolando le due esperienze, tanto che Chris Connelly dei Ministry lo definirà in seguito "l'istigatore in fatto di matrimonio fra macchinari ed hardcore punk"[5].
Sviluppi |
In seguito altri percorsero la strada di questi precursori. I newyorkesi Swans, che proponevano una miscela di No wave, rumorismo di ispirazione Whitehouse e musica industriale[6], oppure i Big Black di Steve Albini, dagli accenti molto più hardcore punk[7] ed in seguito associati a sonorità post-hardcore e noise rock[8]. Gli Svizzeri The Young Gods, che eliminarono deliberatamente le chitarre per sostituirle con quelle campionate[9], presero ispirazione sia dall'hardcore punk che dalla musica industriale[10]. In Italia i Meathead di Teho Teardo svilupparono una personale miscela di rock, musica industriale e hip hop.
Industrial metal e l'apertura di mercati più ampi |
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Con l'uscita di Night Time dei Klling Joke nel 1985, il gruppo vinse un certificato d'argento (60,000 + in saldo) dall'industria fonografica britannica[11] grazie anche alla potenza dei quattro singoli da esso estratti, che vennero inclusi nei brani preferiti dai club.
Ma i successi di vendite maggiori dell'industrial rock arrivarono all'alba dell'industrial metal, sottogenere della musica post-industriale e genere di derivazione dell'industrial rock, con artisti come Ministry e Nine Inch Nails. Broken, l'EP dei Nine Inch Nails vinse un platino negli Stati Uniti e così anche per Psalm 69 dei Ministry.[12]. Entrambi parteciparono ai Grammy Awards vincendo nella categoria di Best Metal Performance (vinsero i Nine Inch Nails[13]). I Nine Inch Nails vinsero un altro titolo Grammy[14] ed altre quattro nomination[15]. Trent Reznor venne anche selezionato da TIME come uno degli americani più influenti nel 1997[16].
L'industrial rock ha raggiunto gli anni di maggior ascolto verso la metà degli anni novanta. Secondo i dati della RIAA, gli artisti più famosi del genere raggiunsero un totale di 17.5 milioni di ascolti.[17] Altri esponenti di diversi stili collegati riconobbero una grande attenzione nei loro confronti e ricevettero diverse nomination per i Grammy: Rammstein, Marilyn Manson, White Zombie e Spineshank.
Note |
^ http://www.allmusic.com/album/r966068
^ V. Vale, Andrea Juno, Manuale di cultura industriale, a cura di Paolo Bandera, Shake Edizioni, 1998, ISBN 88-86926-40-5.
^ Irvin, Jim (2001). The Mojo collection: The greatest albums of all time. Edinburgh: Cannongate
^ Reynolds, Simon (2005). Rip it up and start again: Postpunk 1978-1984. London: Faber and Faber Limited
^ Connelly, Chris (2007). Concrete, Bulletproof, Invisible + Fried: My Life as a Revolting Cock. London: SAF Publishing
^ Licht, Alan (2003). Tunnel vision. The Wire, 233: 30-37
^ Blush, Steven (2001). American Hardcore: A tribal history. Los Angeles, CA: Feral House
^ Sharp, Chris (1999). Atari Teenage Riot: 60 second wipe out. The Wire, 183: 48-49
^ Mörat (1992). Ye gods! Kerrang!, 411: 12
^ Stud, B. & Stud, T. (1987, June 20). Heaven up here. Melody Maker: 26-27
^ CERTIFIED AWARDS, THE BPI. URL consultato il 24 agosto 2007.
^ GOLD AND PLATINUM - Searchable Database, RIAA. URL consultato il 12 dicembre 2007.
^ 35th Annual Grammy Awards - 1993, ROCK ON THE NET. URL consultato il 12 dicembre 2007.
^ 38th Annual Grammy Awards - 1996, ROCK ON THE NET. URL consultato il 14 dicembre 2007.
^ 40th Annual Grammy Awards - 1998, ROCK ON THE NET. URL consultato il 14 dicembre 2007.
^ TIME'S 25 MOST INFLUENTIAL AMERICANS, TIME, 21 aprile 1997. URL consultato il 14 dicembre 2007.
^ GOLD AND PLATINUM - Searchable Database, RIAA. URL consultato il 25 agosto 2007.
Bibliografia |
- V. Vale, Andrea Juno, Manuale di cultura industriale, a cura di Paolo Bandera, Shake Edizioni, 1998, ISBN 88-86926-40-5.
- Vittore Baroni, Fabio De Luca, Le guide pratiche di RUMORE - Elettronica, Apache edizioni, 1996.
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