Fabliau




Un fabliau (tradotto in passato con l'italiano "favolello") è un breve racconto in versi dalla trama semplice e divertente, sviluppatosi in epoca medievale in Francia.




Indice






  • 1 Origine del nome


  • 2 Le caratteristiche del genere


  • 3 Gli autori


  • 4 Il pubblico


  • 5 Esempi di fabliaux


  • 6 Note


  • 7 Altri progetti


  • 8 Collegamenti esterni





Origine del nome |


Il nome originale francese di questi poemetti è "fabliaux", come dovrebbe essere di regola in base alla derivazione dal latino fabula; la forma "fabliaux", con la "i" in luogo della "e", era di origine piccarda e venne adottata nel resto della Francia attorno al XVIII secolo[1]. Si è ritenuto a lungo che i fabliaux fossero di origine orientale, venuti a conoscenza degli occidentali per tradizione orale o attraverso traduzioni latine di raccolte arabe o ebraiche; la cultura alla base dei circa 150 fabliaux, scritti quasi tutti fra il XIII e il XIV secolo, è tuttavia tipicamente quella francese medievale[1]. I fabliaux furono raccolti nella seconda metà del XIX secolo in sei volumi da Anatole de Montaiglon e Gaston Raynaud[2].



Le caratteristiche del genere |


Joseph Bédier, fra i primi studiosi del genere, ha coniato la fortunata definizione di "contes à rire en vers"[3]: sembra infatti che l'unico intento perseguito da questi testi sia di divertire i lettori; questo li distingue da altri generi di letteratura francese breve come i dits, che sono dei racconti che si occupano di soggetti del tutto differenti, o il romanzo, che è sempre scritto in versi ma ha una trama e una struttura più complesse, o ancora le canzoni o i lais, storie d'amore di ispirazione bretone, scritte con uno stile molto ricercato e con numerosi ricorsi al mondo magico e fantastico.
I temi più frequenti sono la sessualità (soprattutto gli adulteri), gli inganni, le disavventure; i protagonisti sono per lo più borghesi o villani, con qualche eccezione aristocratica, come in Le Chevalier qui fit les cons parler. La struttura è sempre formata da ottosillabi rimati a coppie o assonanzati; lo stile nella maggior parte dei casi è trascurato (sono esclusi i fabliaux d'autore che, invece, presentano una cura stilistica e formale estrema); inoltre questi racconti sono caratterizzati dalla brevitas, cioè dalla concisione sia qualitativa che quantitativa (trattano una sola azione, non citano né cosa è avvenuto prima né cosa avverrà in futuro, ci sono pochi personaggi e tutte le premesse aperte nell'introduzione sono risolte).


Altro elemento caratterizzante del genere è il marcato naturalismo che si nota nella scelta dei temi che trattano per la maggior parte di fatti della vita quotidiana senza volerli idealizzare o infiocchettarli; impossibile dunque trovare lunghe e complicate descrizioni, mentre saranno numerosi i ricorsi alla satira e ai trivialismi.


Essendo i fabliaux racconti comici, gli autori ricorrono alle innumerevoli categorie del riso per rendere i loro racconti piacevoli al pubblico: avremo storie che altro non sono che la parodia dell'amore cortese o dei valori dell'epoca, o ancora, testi che spingono ai massimi livelli la volgarità legata soprattutto alla sfera sessuale e fisiologica. Numerosi sono anche i testi che, per far ridere, ricorrono alla satira del villano (ad esempio: Le pet au vilain di Rutebeuf).


In realtà, gli stessi fabliaux variano molto l'uno dall'altro, per diversi aspetti:



  • la lunghezza: in media si attestano sui 300 versi, e secondo Bédier non dovrebbero superare i 1200; tuttavia, Trubert, di Douin de Lavesne, si autodefinisce fabliau e supera i 3000 versi.

  • i temi trattati: dalla comicità più grossolana di Le pet au vilain, all'esemplarità di Des sohaiz que Sainz Martins dona Anvieus et Coveitos.

  • lo stile e il tipo di vocaboli utilizzati.


La definizione di Bédier risulta così vaga, perché potrebbe comprendere anche dits e lais, e restrittiva, perché esclude tutti i fabliaux che non provocano riso. Secondo Rychner, studioso di fabliaux in tempi più recenti, l'unica definizione accettabile sarebbe di "bonnes histories à servir après le repas"[4], ossia storie adatte a essere recitate dopo i pasti.


Vista la mancanza di una definizione certa, anche il conteggio dei fabliaux esistenti è controverso: Bédier ha contato 140 testi prodotti fra il 1159 e il 1340; Per Nykrog ne ha scovati 160[5]; per il recente "Nouveau Recueil Complet des Fabliaux" di Willelm Noomen e Nico van den Boogaard, i fabliaux sarebbero invece 127[6].


I fabliau e gli altri generi della narrative breve medievale evolvono nella novella di cui troviamo una delle migliori espressioni nel Decameron di Boccaccio, il fabliau del vilain mire ha influenzato l'opera di Molière "Médicin malgré lui".



Gli autori |


I fabliaux sono testi per la maggior parte anonimi, ma si suppone che siano stati composti soprattutto da clerici vagantes (chierici girovaghi, detti vagants) e giullari. Va ricordato che il più delle volte venivano recitati anche da chi non era autore dei testi, com'era usanza nel Medioevo.
Gli autori conosciuti sono Rutebeuf, Jean Bodel, Milles d'Amiens, Jean de Condé, Watriquet de Couvin, Douin de Lavesne, Huon le Roi, Henri d'Andeli e Gautier le Leu, alcuni di loro perché già scrittori di altri opere.



Il pubblico |


Si è molto discusso sulla composizione del pubblico dei fabliaux. Secondo Joseph Bédier, considerati i temi trattati, si tratterebbe di un tipo di letteratura destinato ai borghesi; secondo Nykrog invece, i fabliaux sarebbero nati come parodia delle canzoni di gesta, rivolgendosi quindi allo stesso pubblico cortese, appartenente all'alta società.
Rychner ha però ipotizzato, vista l'esistenza di diverse versioni di molti dei fabliaux, che i giullari possano aver mutato stile e parti delle trame adattandoli di volta in volta al tipo di pubblico da intrattenere.



Esempi di fabliaux |




  • Il folle sogno, Jean Bodel

  • Le Curé qui mange des mûres

  • La Vieille qui oint la paume du chevalier

  • Estula

  • Les Perdrix

  • Le Vilain Mire

  • Le Tombeur Notre-Dame

  • La Housse partie

  • Les Trois Aveugles de Compiègne

  • Le Chevalier qui fit les cons parler

  • Merlin Merlot

  • L'Ange et l'Ermite

  • Le Chevalier au barizel

  • Le Rêve des vits

  • La Demoiselle qui ne pouvait pas entendre parler de foutre


  • Brunain la vache au prêtre, Jean Bodel


  • De Gombert et les deus clers, Jean Bodel

  • La Housse Partie

  • Les Trois Bossus

  • Le prêtre qui eu une mère malgré lui

  • Le Prudhomme qui sauva son compère


  • Le testement de l'âne, Rutebeuf


  • Le pet au vilain, Rutebeuf

  • La borjoise d'Orléans



Note |




  1. ^ ab Marisa Zini, Introduzione a Il diavolo zoppo di Alain-René Lesage, Torino, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1959


  2. ^ Anatole de Montaiglon e Gaston Raynaud, Recueil général et complet des fabliaux des XIIIe et XIVe siècles imprimés ou inédits, publiés d'apres les manuscrits, Paris : Librairie des bibliophiles, 1872-1890


  3. ^ Joseph Bédier, Les fabliaux. Études de la littérature populaire et d'histoire littéraire du moyen âge, Paris, Champion, 1894, p.30.


  4. ^ Jean Rychner, Les fabliaux: genre, styles, publics, in "La littérature narrative d'imagination, Colloque de Strasbourg (23-25 avril 1959), Paris, PUF, 1961, p.51.


  5. ^ Per Nykrog, Les Fabliaux. Nouvelle édition, Genève, Droz, 1973.


  6. ^ Willelm Noomen, Nouveau Recueil Complet des Fabliaux (NRCF), Assen, Van Gorcum, 1983-1998.



Altri progetti |



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Collegamenti esterni |


  • Lista dei fabliaux del NRCF su Arlima.net, su arlima.net.











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