Totalitarismo




Il totalitarismo è un idealtipo usato da alcuni scienziati politici e storici per spiegare le caratteristiche di alcuni regimi nati nel XX secolo, che mobilitarono intere popolazioni nel nome di un'ideologia o di una nazione.


È il termine più usato dagli storici per definire un tipo di regime politico, affermatosi nel XX secolo al quale possono essere ricondotti il nazismo, il fascismo e il comunismo di matrice stalinista. Il regime totalitario è caratterizzato soprattutto dal tentativo di controllare capillarmente la società in tutti gli ambiti di vita, imponendo l'assimilazione di un'ideologia: il partito unico che controlla lo Stato non si limita cioè a imporre delle direttive, ma vuole mutare radicalmente il modo di pensare e di vivere della società stessa.


Il termine totalitarismo, inoltre, è usato nel linguaggio politico, storico e filosofico[1] per indicare "la dottrina o la prassi dello stato totalitario", cioè di qualsiasi stato intenda ingerire nell'intera vita, anche privata, dei suoi cittadini, al punto da identificarsi in essi o da far identificare essi nello Stato.




Indice






  • 1 Definizioni


  • 2 Definizione alternativa di John Keegan


  • 3 Tipologie


  • 4 Le caratteristiche e le differenze con l'autoritarismo


  • 5 Il totalitarismo nella storia


  • 6 Totalitarismo stalinista e nazionalsocialista


    • 6.1 Il nemico: potente forza di compattezza dei regimi




  • 7 Note


  • 8 Bibliografia


  • 9 Voci correlate


  • 10 Altri progetti


  • 11 Collegamenti esterni





Definizioni |




Rivista militare del 6 maggio 1938 alla presenza, partendo da sinistra, di Benito Mussolini, Adolf Hitler e Vittorio Emanuele III,in seconda fila partendo da sinistra Joachim von Ribbentrop, Galeazzo Ciano e Rudolf Heß in via dei Trionfi, oggi Via di San Gregorio a Roma.


Storicamente il termine è stato creato per indicare la dottrina politica del fascismo italiano e, successivamente, del nazismo tedesco. Simona Forti attribuisce[2] la primogenitura del termine a Giovanni Amendola, il quale lo usò a partire da un articolo del 1923 sulle pagine del quotidiano Il Mondo[3]. In esse Amendola definì il sistema totalitario come «promessa del dominio assoluto e dello spadroneggiamento completo ed incontrollato nel campo della vita politica ed amministrativa».


Su La Rivoluzione Liberale, nel 1924, Don Luigi Sturzo commentò la «nuova concezione di stato-partito» come causa di una «trasformazione totalitaria di ogni e qualsiasi forza morale, culturale, politica e religiosa»[4], mentre Lelio Basso[5] ebbe a dire che «il totalitarismo fascista ha posto tutti i suoi principi: soppressione di ogni contrasto per il bene superiore della Nazione identificata con lo Stato, il quale si identifica a sua volta con gli uomini che detengono il potere»[6]. Giovanni Gentile menzionò il totalitarismo nella voce "Fascismo (dottrina del)" che scrisse per l'Enciclopedia Italiana ed in cui affermò che «... per il fascista tutto è nello Stato e nulla di umano e spirituale esiste e tantomeno ha valore fuori dallo Stato. In tal senso il fascismo è totalitario...»[7].


In filosofia il totalitarismo ha avuto molti teorici, ma anche altrettanti critici. In generale può essere usato anche in altri campi per indicare qualsiasi dottrina di stampo assolutistico. Per analogia viene usato anche per indicare qualunque tipo o forma di assolutismo, sia in campo politico che dottrinale. Il termine è stato usato in questo senso anche dallo statunitense G.H. Sabine nella sua Storia delle dottrine politiche.





Josif Stalin a Yalta nel 1945; alla sua destra Churchill e Roosevelt.


«Il totalitarismo», come ha osservato Sergio Romano, «è uno dei tratti caratteristici della storia del Novecento». Infatti il periodo storico che va dal 1917 (Rivoluzione d'Ottobre) al 1989 (crollo del muro di Berlino) è stato a posteriori definito l'età dei totalitarismi. Inoltre alcuni filosofi della Scuola di Francoforte (Horkheimer, Adorno, Marcuse, ..), autori della teoria critica della società, hanno definito totalitarismo lo stesso capitalismo perché, in quanto sistema economico sociale, utilizza la cultura di massa (non la cultura prodotta dalle masse, bensì quella prodotta dai mezzi di comunicazione di massa) e l'industria culturale per massificare gli individui e controllarli psicologicamente e politicamente in ogni momento della loro vita e in ogni aspetto del loro pensiero. «L'industria culturale», scrivono Horkheimer e Adorno, «è uno degli aspetti più caratteristici e vistosi dell'odierna società tecnologica; essa è il più subdolo strumento di manipolazione delle coscienze impiegate dal sistema per conservare sé stesso e tenere sottomessi gli individui». Perciò, se l'800 è passato alla storia come il secolo delle rivoluzioni, il '900 passerà come il secolo dei totalitarismi. Si definisce totalitario un sistema sociale in cui il potere politico o economico pervade ogni ambito della società soffocandone l'autonomia.



Definizione alternativa di John Keegan |


Una spiegazione alternativa del totalitarismo è stata data da John Keegan nel suo volume La grande storia della guerra. Secondo questa visione è impossibile definire il totalitarismo senza capire come è nato il reggimento.


Agli albori dell'era moderna, al momento cioè dell'affermazione degli stati nazionali, i monarchi assoluti liquidavano le strutture feudali della società. Lo scopo era quello di prendere un controllo diretto del territorio da parte del sovrano, controllo che il feudalesimo rendeva prettamente formale (è noto, infatti, che il re di Francia in epoca medievale al massimo controllava Parigi). I castelli venivano abbattuti e i nobili forzatamente inurbati nelle capitali. I sovrani si trovarono nella duplice necessità di dare loro un ruolo e di sfruttarne le capacità militari: nacquero così i reggimenti, dove i soldati venivano inquadrati da ufficiali superiori, di provenienza nobiliare.


Dalla rivoluzione francese in poi gli eserciti si erano enormemente ampliati con la coscrizione generale ed obbligatoria: l'apice fu toccato dalla prima guerra mondiale, che vide la necessità di una vera e propria militarizzazione delle società civili (la cosiddetta "economia di guerra").


In quest'ottica, è possibile definire il totalitarismo come quel processo che punta all'irregimentazione dell'intera società. I cittadini diventano dei soldati, con la libertà limitata di cui godono i soldati. Il loro compito è quello di servire la nazione potenzialmente in lotta contro i nemici interni ed esterni.


Questo tipo di organizzazione della società fu sperimentato per la prima volta in Unione Sovietica da Lenin e poi radicalizzato da Stalin. Mussolini e Hitler ne copiarono le caratteristiche, adattando i loro totalitarismi alle esigenze dei propri movimenti. D'altra parte lo stesso Hitler, nel "Mein Kampf" afferma ripetutamente che il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori deve darsi una disciplina simile a quella dei movimenti comunisti.



Tipologie |


Le principali forme di totalitarismo che esistono (o sono esistite) nel mondo sono quattro: totalitarismo comunista, teocratico, tribale, di destra.


Il totalitarismo comunista, in passato, era il più diffuso, ma a partire dal 1989 la maggior parte delle vecchie dittature comuniste sono crollate e ciò ha comportato il conseguente declino di questo tipo di totalitarismo. Eccezioni a questa tendenza sono la Cina, il Vietnam, il Laos, la Corea del Nord e Cuba. Sotto molti aspetti, i governi di Cina, Vietnam e Laos sono comunisti soltanto in parte, in quanto aderiscono a riforme economiche ispirate all'economia del libero mercato.


Il totalitarismo teocratico si trova in paesi in cui il potere politico è monopolizzato da un partito, un gruppo o un individuo che governano secondo principi religiosi. La forma più comune di totalitarismo teocratico è quella che si basa sulla religione islamica (un esempio sono paesi come Iran e Arabia Saudita).


Il totalitarismo tribale è sorto, di volta in volta, nei paesi africani come lo Zimbabwe, la Tanzania, l'Uganda e il Kenya. I confini della maggior parte degli stati africani riflettono i confini amministrativi disegnati dalle vecchie potenze coloniali europee, piuttosto che dalle realtà tribali. Di conseguenza, il tipico paese africano contiene più tribù. Questa forma di totalitarismo si verifica quando un partito politico che rappresenta gli interessi di una particolare tribù monopolizza il potere. Ancora molto presente in Africa.


Infine, abbiamo il totalitarismo di destra, che generalmente permette alcune libertà economiche individuali, ma limita la libertà politica sulla base del fatto che potrebbe portare alla nascita del comunismo. Esempi di questo tipo di totalitarismo sono il regime fascista che ha governato l'Italia, la Germania nazista, il Franchismo spagnolo e molte dittature dell'America Latina esistenti fino agli anni ottanta.[8]



Le caratteristiche e le differenze con l'autoritarismo |


In un regime totalitario lo stato controlla quasi ogni aspetto della vita di un individuo, attraverso il massiccio uso della propaganda, che cerca di plagiare le menti di tutti i cittadini con una ideologia di stato. Un ruolo fondamentale in tal senso è svolto dalla scuola e dai mass media. Il partito unico totalitario controlla tutti i gangli della vita politica e sociale, infatti i governi totalitari non accettano le attività di individui o gruppi che non siano indirizzate al bene dello Stato, mentre negli autoritarismi è presente un limitato pluralismo socio-culturale.


Gianni Oliva, indicando in Hannah Arendt, Raymond Aron, Carl Friedrich e Zbigniew Brzezinski alcuni dei maggiori apporti allo studio del totalitarismo, delinea cinque punti in presenza dei quali - secondo ciò che dichiara registrare un sostanziale consenso - si può affermare di essere dinanzi a questo genere di modello[9]:



  1. Concentrazione del potere in capo ad un'oligarchia inamovibile e politicamente irresponsabile.[10]

  2. Imposizione di una ideologia ufficiale.

  3. Presenza di un partito unico di massa.

  4. Controllo delle forze operanti nello Stato (polizia) ed uso del terrore.

  5. Completo controllo della comunicazione e dell'informazione.


Per Oliva il totalitarismo «distrugge ogni confine fra Stato e Società»[11].


Un'altra differenza con lo Stato autoritario è che quest'ultimo ha limiti prevedibili all'esercizio del potere, cioè è possibile non incorrere nella persecuzione dello Stato se si seguono date regole di condotta; nello Stato totalitario invece i limiti all'esercizio del potere sono mal definiti, incerti, si rischia di essere arrestati dalla polizia segreta, comunque presente anche negli autoritarismi, e venire puniti, attraverso un processo sommario o con il carcere o con la morte.


Una delle caratteristiche invece che accomunano il totalitarismo e l'autoritarismo è che spesso vengono create artatamente minacce interne ed esterne per consolidarne il potere attraverso la paura, come è stato fatto in Germania, additando gli ebrei come responsabili di molti mali che avevano afflitto o affiggevano la nazione.


Secondo altri studiosi come Santomassimo, il fascismo italiano «si differenziava nettamente da un puro e semplice regime autoritario di tipo ottocentesco che si limitasse a impedire l'espressione delle opposizioni. Non cercava solo l'obbedienza passiva, ma una mobilitazione attiva, che venne organizzata dall'alto. [...] accettando il dato di fatto della partecipazione delle masse popolari alla vita della nazione, ma inquadrandone le forme subalterne di partecipazione in maniera capillare e cercando da esse un consenso attivo alla politica del regime»[12].


Anche Renzo De Felice è sulla stessa linea, quando nel 1983 scrive «Per non parlare delle dittature militari di questi ultimi due decenni in Grecia, Cile, Argentina, che pure tanto spesso sono state e vengono definite fasciste. Oggi, in sede scientifica, pressoché nessuno ha più dubbi sul fatto che tali regimi non debbano essere annoverati tra quelli fascisti, ma considerati classici regimi conservatori e autoritari»[13]



Il totalitarismo nella storia |


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«Sì, siamo totalitari! Siamo totalitari e vogliamo esser tali dal mattino alla sera!»


(Roberto Forges Davanzati, discorso all'Istituto di Cultura di Firenze, 1926)

Fra gli statisti direttamente interessati, Benito Mussolini usò per primo il termine per definire il proprio regime[14], Lev Trotsky lo usava per indicare sia il fascismo che lo stalinismo come "fenomeni simmetrici" nel suo libro del 1936 La rivoluzione tradita. Hannah Arendt rese popolare il termine "totalitarismo" nel suo libro del 1951 Le origini del totalitarismo, in cui si esponevano le similitudini e le differenze esistenti tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica stalinista.


Durante la guerra fredda il termine divenne molto popolare come modo di screditare l'Unione Sovietica e di tracciare una linea di continuità tra la lotta per la libertà della seconda guerra mondiale e la lotta contro il comunismo della guerra fredda. Per questo divenne di uso comune negli Stati Uniti e anche altrove, specialmente nella NATO, e fu usato per definire ogni governo nazionalista, imperialista, fascista o comunista. Questo significato è rimasto molto comune anche oggi.


Pur tuttavia alcuni regimi fascisti, come la Spagna di Francisco Franco o l'Italia di Mussolini, sono considerati dagli storici odierni (su ispirazione dei lavori di Hannah Arendt) autoritarismi e non totalitarismi.



Totalitarismo stalinista e nazionalsocialista |


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Lo stesso argomento in dettaglio: Totalitarismo nella Germania nazista e Stalinismo.

Il totalitarismo nella Germania nazista ebbe un carattere di pervasività ed efficacia tali da costituire, secondo alcuni studiosi, l'idealtipo[15] di trasformazione totale della realtà sociale[16] tedesca.


Il totalitarismo nazista, alla cui base stavano la ripresa dell'economia e il riscatto della Germania dalle umiliazioni e frustrazioni imposte dalla pace di Versailles, raggiunse una intensità e dei risultati così importanti da imporsi come esempio portante nella costruzione dello stato totalitario[17].


L'uso della categoria di totalitarismo per accomunare il nazismo e il socialismo reale degli stati socialisti condotti da un partito comunista è controversa[18], anche per aver dato luogo ad alcune tesi revisioniste sulla genesi di entrambi.


Questo paragone infatti si fa con governi presieduti da un partito unico e dittatoriale (come in URSS e Cina), e non con governi comunisti in una democrazia (come nel Nicaragua sandinista). Per questo alcuni preferiscono parlare di stalinismo o socialismo reale per sottolineare una differenza con la più articolata ideologia comunista. Altri invece, soprattutto da parte liberale, non distinguono fra diversi tipi di comunismo, bensì fra comunismo al potere (accomunando URSS e suoi paesi satelliti con altre realtà) e comunismo che non è mai riuscito a entrare in una coalizione governativa.


Una corrente minoritaria del movimento comunista internazionale, all'epoca di Stalin ma anche nei prodromi, contestava la supremazia del dittatore, ad esempio tramite i movimenti anarco-comunisti e quarta internazionalisti quindi di ispirazione trotzkista, mentre molti partiti comunisti di stampo strettamente marxista e legati in qualche modo ideologicamente o politicamente all'Unione Sovietica erano più accomodanti riguardo alle politiche totalitarie del sistema sovietico, o semplicemente ignari delle stesse; tuttavia aree di partiti comunisti occidentali o partiti in toto come il Partito Comunista della Cecoslovacchia di Alexander Dubček, artefice del "comunismo dal volto umano" e della Primavera di Praga, e il Partito dei Lavoratori Ungheresi all'epoca della rivolta d'Ungheria, avversarono pratiche e teorie staliniste.


Entrambi i regimi, nazista e stalinista, si basavano su un partito unico fortemente legato, centralizzato e guidato da un capo carismatico, con ampio ricorso al terrore e alla propaganda così come alla polizia politica. Le due ideologie per questi aspetti paragonabili, hanno storicamente tratto vantaggio l'una dall'altra, indicando reciprocamente nell'altro il massimo avversario ideologico.



Il nemico: potente forza di compattezza dei regimi |


Il nazismo indicava all'esterno (verso i popoli slavi) e all'interno (gli ebrei in primo luogo, e i Rom) il proprio nemico, mentre lo stalinismo vedeva il nemico all'interno e lo combatteva dentro i propri confini (ad esempio nello sterminio dei kulaki). Se queste premesse fossero vere, ne deriverebbe una differente natura del consenso nei due regimi: "spontaneo" quello al nazismo da parte dei tedeschi, imposto e formale quello dei russi del dopo Lenin, nei confronti del partito comunista, perlomeno fino alla vittoria nella seconda guerra mondiale, sebbene il nazionalsocialismo non avesse goduto sin dall'inizio di un monolitico consenso pubblico e avesse dovuto eliminare con la violenza gli avversari politici, democratici, liberali, comunisti, dagli eredi dello spartachismo alla Rosa Bianca.



Note |




  1. ^ .mw-parser-output .chiarimento{background:#ffeaea;color:#444444}.mw-parser-output .chiarimento-apice{color:red}
    Per esempio da Nicola Abbagnano[dove?].



  2. ^ Simona Forti, Il totalitarismo, Laterza, Bari, 2001.


  3. ^ Giovanni Amendola, Maggioranza e minoranza, Il Mondo, 12 maggio 1923.


  4. ^ Luigi Sturzo, Spirito e realtà, La Rivoluzione Liberale, 22 gennaio 1924.


  5. ^ Sotto lo pseudonimo di Prometeo Filodemo.


  6. ^ Prometeo Filodemo (Lelio Basso), La Rivoluzione Liberale, 2 gennaio 1925.


  7. ^ Giovanni Gentile, Enciclopedia Italiana, voce "Fascismo (dottrina del)", Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 1932, vol. XIV, pp. 835-840.


  8. ^ Charles W.L.Hill, International Business, Economia e strategia internazionale: l'impresa nei mercati globali, 2012.


  9. ^ Gianni Oliva, Le tre Italie del 1943, Mondadori, 2004.


  10. ^ Nel senso di "non responsabile" dinanzi ad un elettorato.


  11. ^ Id.


  12. ^ Gianpasquale Santomassimo, Consenso, in Dizionario del fascismo, Eiunaudi, 2002.


  13. ^ De Felice, Renzo, Le interpretazioni del fascismo, Ed. Laterza, pag. XIII (prefazione del 1983)


  14. ^ In occasione del suo intervento al IV Congresso del Partito Nazionale Fascista, giugno 1925.


  15. ^ G. Pasquino, L. Morlino, Scienza della politica, p. 142.


  16. ^ D. Fisichella, Analisi del totalitarismo, p. 209.


  17. ^ M. Salvadori, op. cit. in bibliografia, p. 732.


  18. ^ Bruce F. Pauley, Hitler, Stalin, and Mussolini: Totalitarianism in the Twentieth Century [4 ed.] 1118765923, 9781118765920 Wiley-Blackwell 2014.



Bibliografia |




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  • Rainer Zitelmann, Hitler. Bari, Laterza, 1998. ISBN 88-420-5596-4.

  • Domenico Felice (a cura di), Leggere Lo spirito delle leggi di Montesquieu, 2 volumi, Milano, Mimesis, 2010.



Voci correlate |



  • Assolutismo

  • Autocrazia

  • Comunismo

  • Democrazia totalitaria

  • Dittatura

  • Economia pianificata

  • Fascismo

  • Führerprinzip

  • Monopartitismo

  • Nazismo

  • Socialismo con caratteristiche cinesi

  • Polizia segreta

  • Stato di polizia (dottrina dello stato)

  • Stati per forma di governo



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Collegamenti esterni |






  • Totalitarismo, su thes.bncf.firenze.sbn.it, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Modifica su Wikidata


  • (EN) Totalitarismo, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc. Modifica su Wikidata


  • Wojtyla: «Nazismo e comunismo, due capitoli della stessa follia» (da Avvenire del 07-10-04)


  • Intervista a François Furet su L'Europa e i totalitarismi, tratta dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche.


  • Il Medioevo futuro di George Orwell saggio sul totalitarismo in 1984


  • Liberalismo e Totalitarismo: Modelli a confronto, su politicamagazine.it. a cura di Ludovico Martello


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