Patto Molotov-Ribbentrop
































Trattato di non aggressione fra il Reich e l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche

MolotovRibbentropStalin.jpg
Firma del trattato da parte di Molotov alla presenza di Ribbentrop e Stalin
Tipo trattato bilaterale
Firma
23 agosto 1939
Luogo
Mosca, Unione Sovietica
Scadenza 22 giugno 1941 con l'inizio dell'Operazione Barbarossa (de facto)
Parti
Germania Germania nazista
URSS URSS
Firmatari
Germania Joachim von Ribbentrop
URSS Vjačeslav Molotov

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Il Trattato di non aggressione fra il Reich e l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche comunemente chiamato patto Molotov-Ribbentrop o patto Hitler-Stalin,[1] fu un patto di non aggressione di durata decennale stipulato a Mosca il 23 agosto 1939 fra la Germania nazista e l'Unione Sovietica e firmato rispettivamente dal ministro degli Esteri sovietico Vjačeslav Molotov e dal ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop. I contraenti si impegnavano a non aggredirsi reciprocamente, a non appoggiare potenze terze in azioni offensive e a non entrare in coalizioni rivolte contro uno di essi.
L'accordo inoltre definiva in base ad un «Protocollo segreto» anche le rispettive sfere di influenza corrispondenti ai loro obiettivi di espansione: in questo modo l'URSS si assicurò l'annessione della Polonia orientale, i Paesi Baltici e la Bessarabia, mentre la Germania si vide riconosciute le pretese sulla parte occidentale della Polonia[2].




Indice






  • 1 Quadro generale


    • 1.1 L'Unione Sovietica dopo la prima guerra mondiale


    • 1.2 Gli equilibri dopo la conferenza di Monaco


    • 1.3 Negoziazioni franco-britanniche con l'Unione Sovietica




  • 2 Il patto


    • 2.1 Negoziazioni tedesco-russe


    • 2.2 Contenuto del patto


    • 2.3 Manovre militari e primi effetti del patto


    • 2.4 Rottura del patto




  • 3 Conseguenze


  • 4 Note


  • 5 Bibliografia


  • 6 Voci correlate


  • 7 Altri progetti





Quadro generale |



L'Unione Sovietica dopo la prima guerra mondiale |




Lapide commemorativa del patto tra la Germania nazista di Hitler e l'Unione Sovietica di Stalin, al Memoriale Gloria Victis in Ungheria


L'equilibrio di potere in Europa, durante la pausa successiva alla prima guerra mondiale, veniva eroso un poco alla volta. Basti pensare alla crisi causata dalla guerra d'Etiopia (1935-1936), che preludeva alla crisi dell'unico organismo di pace internazionale, la Società delle Nazioni; oppure all'accordo di Monaco (1938) che dava mano libera a Hitler nel suo intento di estendere i propri territori (a costo di altri stati come la Cecoslovacchia). Le potenze occidentali, perseguendo la politica chiamata dell'Appeasement, per timore di scatenare un nuovo conflitto mondiale, decisero di consentire alle continue pretese territoriali del Terzo Reich.


Visto dalla prospettiva sovietica, un patto con la Germania poteva essere una risposta necessaria al deterioramento della situazione in Europa, a partire dalla seconda metà degli anni trenta, quando la Germania nazista si allineò con l'Italia fascista per formare il gruppo delle Potenze dell'Asse. Da una parte, un patto avrebbe garantito una certa sicurezza all'URSS; dall'altra questa mirava, come la Germania, a rovesciare l'ordine stabilito nel trattato di Versailles, stipulato dopo la prima guerra mondiale dagli Alleati occidentali senza il concorso dei diplomatici sovietici considerati rappresentanti di un'entità politica non riconosciuta internazionalmente (la Russia bolscevica) e minacciosa per l'ordine politico-sociale.


Infatti la grande guerra era finita in maniera svantaggiosa anche per i russi: le loro perdite territoriali erano la conseguenza dello stato di debolezza in cui si trovava nel 1918 lo stato sovietico, che allora era appena nato e reduce da sconvolgimenti come la rivoluzione d'ottobre del 1917 e la guerra civile russa. I territori ceduti ad altri stati erano immensi. Poi si erano formati i nuovi paesi indipendenti interamente sul territorio dell'ex-impero russo: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania; un simile discorso valeva per i territori occupati dai polacchi nel 1920, a est della linea Curzon; inoltre, l'Unione sovietica era interessata a riprendere il controllo sulla Bessarabia, territorio abitato in larga maggioranza da moldavi, occupato dalla Romania nel 1918 nonostante le inutili proteste sovietiche.



Gli equilibri dopo la conferenza di Monaco |


Tanto la Germania quanto l'Unione Sovietica erano dunque interessate a sovvertire un ordine stabilito senza che né l'una né l'altra potessero avere voce in capitolo. Il Regno Unito e la Francia erano invece notori garanti dello status quo territoriale, e rimasero in attesa fino alla distruzione della Cecoslovacchia da parte della Germania, resa possibile dalla Conferenza di Monaco: quest'ultima era stata decisa in comune accordo da Adolf Hitler, Neville Chamberlain, Benito Mussolini ed Édouard Daladier il 29 settembre 1938: in seguito all'accordo, il territorio cecoslovacco andava a finire, più o meno direttamente, sotto il controllo di Hitler. Da parte della Francia e del Regno Unito, era stata decisiva la tendenza a cercare compromessi con la Germania allo scopo di evitare un confronto militare: si trattava di quella che veniva chiamata politica dell'Appeasement, una pacificazione ricercata quasi a tutti i costi: infatti, la decisione di cedere alle richieste territoriali dei tedeschi era in contraddizione con l'alleanza franco-cecoslovacca del 1924.


Le decisioni prese erano comunque a favore della politica hitleriana di quegli anni, atta a procurare al popolo tedesco il cosiddetto "spazio vitale" in Europa dell'est (Lebensraum im Osten). Nel frattempo, comunque, le due potenze occidentali si erano arrese all'evidenza dei fatti, dato che le loro concessioni non avevano placato, ma anzi stimolato le velleità di Hitler. La politica dell'Appeasement non poteva assolutamente più essere perseguita, dunque l'espansione tedesca doveva assolutamente essere fronteggiata.[3] Così, inglesi e francesi si dichiararono disposti a garantire l'integrità della Polonia già nel marzo del 1939, il che fornì alla Germania un pretesto per disdire un patto di non aggressione stipulato con la Polonia sei anni prima. Per gestire la situazione, i francesi e gli inglesi si sforzarono di trovare un accordo con i sovietici, i quali tuttavia, nella primavera del 1939, stavano negoziando anche con i nazisti e giocavano quindi contemporaneamente su due tavoli.



Negoziazioni franco-britanniche con l'Unione Sovietica |


La politica franco-inglese era mal vista dai sovietici per diverse ragioni: durante il 1938 il governo sovietico si era invano offerto di difendere la Cecoslovacchia in caso di invasione tedesca, ma quest'ultima, così come altri paesi dell'area, nutriva dubbi sulle reali intenzioni di Mosca ed aveva preferito appoggiarsi alle potenze occidentali. Il primo Segretario sovietico Stalin, che non era stato invitato alla conferenza di Monaco, cominciò a credere che Francia e Gran Bretagna agissero in accordo con Hitler nell'interesse di porre un freno al comunismo, o che addirittura volessero aizzargli contro una Germania sempre più potente. Del resto, non si trattava di un'impressione del tutto nuova: Stalin aveva già sospettato un certo disinteresse da parte dell'occidente nei confronti di un fascismo in continua avanzata, esemplificato dagli eventi della guerra civile spagnola.


Le negoziazioni della primavera del 1939 intraprese da Unione Sovietica e il binomio Francia-Regno Unito per fronteggiare il pericolo tedesco si bloccarono: la causa principale di questo fallimento furono i reciproci sospetti. L'Unione Sovietica cercava garanzie contro l'aggressione tedesca e il riconoscimento del diritto di interferire contro "un cambio di politica favorevole a un'aggressione" nelle nazioni lungo il confine occidentale dell'URSS: anche se nessuna delle nazioni coinvolte aveva formalmente richiesto la protezione dell'Unione Sovietica (alcune nazioni come la Finlandia, la Romania, le repubbliche baltiche e la Turchia consideravano l'Unione Sovietica più pericolosa della stessa Germania), i sovietici annunciarono "garanzie per l'indipendenza di Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Turchia e Grecia".


Dall'altra parte, i britannici e i francesi temevano non senza motivo che ciò avrebbe consentito l'intervento sovietico negli affari interni delle nazioni confinanti, anche in assenza di una immediata minaccia tedesca. Con la Germania che chiedeva concessioni territoriali alla Polonia, e di fronte all'opposizione polacca, la minaccia di una guerra era crescente. Ma anche se ci fu uno scambio di telegrammi tra sovietici ed occidentali (non più tardi dell'inizio di aprile) una missione militare inviata via nave dalle potenze occidentali non arrivò a Mosca prima dell'11 agosto. Un punto spinoso era senz'altro l'atteggiamento della Polonia, stato che aveva ripreso ad esistere solo dopo la prima guerra mondiale e che ora si trovava a metà strada tra Germania e Unione Sovietica: il governo polacco temeva che il governo di Mosca cercasse l'annessione di regioni della Polonia orientale rivendicate dall'Unione Sovietica.


Si trattava dei territori ad est della linea Curzon, incorporate nella Polonia nel 1920, considerati dai sovietici come "irredente" (l'Ucraina occidentale e la Bielorussia occidentale). Le rivendicazioni territoriali sovietiche erano fondate non tanto sulle aspirazioni degli abitanti di questi territori ma sulla constatazione oggettiva che la maggioranza della popolazione non era di lingua polacca; vi era piuttosto corrispondenza etnica tra questi territori e quelli dell'Ucraina e della Bielorussia. Dato che la Polonia si rifiutava di permettere all'esercito sovietico un intervento militare sul suo territorio in caso di aggressione tedesca, la situazione pareva lasciare i sovietici senza nessuna possibilità di contrastare i nazisti prima dell'invasione della Polonia. Questa, dal canto suo si sentiva abbastanza forte grazie alle garanzie di protezione pronunciate da inglesi e francesi; così, nella terza settimana di agosto i negoziati si fermarono: ormai i sovietici sospettavano che sarebbero entrati in un conflitto limitato a loro e ai tedeschi.



Il patto |



Negoziazioni tedesco-russe |




Il "Protocollo" del 24 agosto 1939 firmato dai Ministri degli esteri Molotov e Ribbentrop


Anche su questo fronte si svilupparono febbrili reazioni, parallelamente a quanto facevano i sovietici con francesi e britannici.[4] Il Primo Segretario sovietico Stalin aveva aperto, già nel mese di maggio, dei negoziati per un miglioramento delle relazioni con la Germania sostituendo il Ministro degli Esteri Maksim Litvinov con Molotov. L'ebraico e pro-occidentale Litvinov non si addiceva a guidare l'Unione Sovietica verso un accordo con la Germania nazista, visto che era largamente percepito come un sostenitore dell'alleanza con le potenze occidentali e contro i poteri fascisti. La sua sostituzione non era altro che la conferma dell'irrimediabile scetticismo sviluppato da Stalin nei confronti della Francia ed il Regno Unito. Per il momento, Stalin aveva invece approvato il programma di Molotov di provocare una guerra tra la Germania e le nazioni occidentali.


Infatti, un avvicinamento ai nazisti avrebbe concesso all'Armata Rossa il tempo di cui aveva assolutamente bisogno per prepararsi a una forse inevitabile guerra contro la Germania. L'esigenza di rimandare il più possibile il confronto era dovuta al fatto che gli apparati governativi e l'Armata Rossa erano stati indeboliti dai quattro processi indetti da Stalin negli ultimi tre anni per eliminare le vecchie prominenze del comunismo sovietico (Grandi purghe). Per quanto riguarda Hitler, questi era convinto che questo accordo avrebbe costretto francesi e britannici a desistere dall'intento di difendere la Polonia. Il fin troppo facile successo diplomatico raggiunto alla Conferenza di Monaco gli aveva dato la falsa sicurezza che i suoi avversari fossero degli smidollati.[5]




Spartizione territoriale tra Germania e Unione Sovietica che vede a sinistra la suddivisione come sarebbe dovuta avvenire in base agli accordi, a destra la spartizione effettivamente avvenuta; in blu il Reich tedesco; in celeste gli obiettivi tedeschi, in arancione gli obiettivi sovietici; in rosso l'Unione Sovietica: in realtà gli scopi militari di Hitler andavano ben oltre quelli indicati dalle cartine, tanto che nel 1941 la Germania avrebbe aggredito l'Unione Sovietica



Contenuto del patto |


Le negoziazioni riuscirono: concludendo un accordo strategico tedesco-sovietico, Molotov, il 19 agosto propose anche un protocollo aggiuntivo "che coprisse i punti sui quali i Partiti Contraenti erano interessati, nel campo della politica estera". Il trattato veniva reso noto all'opinione pubblica come un patto di non aggressione articolato in sette articoli e della durata di dieci anni.[6] Tuttavia, buona parte dell'Europa orientale veniva segretamente divisa in due sfere d'influenza, una tedesca ed una sovietica, come era previsto in un protocollo supplementare diviso in quattro articoli:[7]



  • Secondo il primo articolo il confine tra le due sfere doveva coincidere con la frontiera settentrionale della Lituania, che cadeva così nella zona di interesse tedesca. Questo significava che Finlandia, Estonia e Lettonia, espressamente indicate nell'accordo, cadevano nell'area sovietica.

  • Secondo il secondo articolo la Germania e l'Unione Sovietica stabilivano le rispettive zone di interesse sul territorio della Polonia nell'eventualità di un suo "riarrangiamento politico": le aree a est dei fiumi Narew, Vistola e San rientravano nell'area di interesse sovietica, mentre a quella tedesca spettava la parte ovest. Questa linea di confine si trovava poco più ad ovest della linea Curzon. La questione se la sopravvivenza di uno stato polacco fosse "desiderata" o meno veniva in teoria lasciata in sospeso: secondo il testo, dovevano essere attesi gli sviluppi politici successivi.

  • Secondo il terzo articolo la Germania dichiarava il suo disinteresse nei confronti della Bessarabia.

  • Secondo il quarto articolo le due potenze promettevano la segretezza di questo documento aggiuntivo.



Dati gli enormi conflitti di potere tra sovietici e tedeschi, era chiaro ad entrambe le parti che l'accordo stipulato non sarebbe stato rispettato troppo a lungo. Basti pensare ai piani hitleriani di espansione in Europa orientale, la sua teoria di un Lebensraum (ossia la ricerca di uno spazio vitale per il popolo che secondo Hitler era giudicato il più forte). Già il 22 agosto, prima della conclusione del patto, Hitler aveva dichiarato:[8]


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(DE)

«Ich brauche die Ukraine, damit man uns nicht wieder wie im letzten Krieg aushungert.»


(IT)

«Ho bisogno dell'Ucraina, altrimenti ci faranno morire di fame come durante la guerra passata.»


(Adolf Hitler)

Il controllo dell'Ucraina, detta "granaio d'Europa", avrebbe assicurato le risorse economiche nel confronto con qualsiasi avversario. Mussolini, non ancora preparato al conflitto, tentò all'ultimo momento di evitare un confronto immediato proponendo per la seconda volta una conferenza a livello europeo, simile quella di Monaco.[9] Stavolta, però, francesi ed inglesi non reagirono concretamente all'iniziativa. Il Duce dichiarò a Hitler che l'Italia sarebbe entrata in guerra soltanto in seguito; nonostante una certa perplessità, quest'ultimo era deciso a procedere anche senza l'apporto italiano per concludere le operazioni prima dei rigori invernali.



Manovre militari e primi effetti del patto |


Il mondo dei paesi democratici reagì con sorpresa e disappunto alla notizia del patto giacché, nonostante la segretezza dell'appendice, la pubblicazione del patto di non aggressione fu interpretata con pessimismo: si prospettava un ridimensionamento o una spartizione della Polonia, eventi che con tutta probabilità avrebbero provocato una guerra. Il 1º settembre, solo una settimana dopo che il patto era stato firmato, la divisione ebbe inizio con l'invasione tedesca, giustificata da un pretesto (il cosiddetto incidente di Gleiwitz: una messa in scena posta in essere da soldati tedeschi camuffati con un'uniforme polacca che attaccarono una stazione radio in territorio tedesco). A sua volta, l'Unione Sovietica attaccò da est il 17 settembre, senza prendere in considerazione il Patto di non aggressione sovietico-polacco concluso sette anni prima, poiché il governo polacco era da poco fuggito in Romania.




Vignetta di un quotidiano di Varsavia: Ribbentrop, Molotov e Stalin a Mosca


Dopo l'inizio delle operazioni militari contro la Polonia, la costernazione non accennava a diminuire, sia tra i governi che più di tutti avevano temuto un simile risultato, sia tra i tanti sostenitori del comunismo, molti dei quali trovavano incomprensibile che i sovietici fossero scesi a patti con il nemico ideologico nazista. Una famosa vignetta di David Low apparsa sul London Evening Standard del 20 settembre 1939 mostrava Hitler e Stalin scambiarsi un inchino sopra il cadavere della Polonia, con Hitler che diceva: "La feccia della Terra, suppongo?" mentre Stalin replicava "Il sanguinario assassino dei lavoratori, presumo?". La stampa italiana, controllata dal regime, reagiva invece in maniera positiva: il Corriere della Sera del 24 agosto parlava di uno "splendido successo" delle potenze dell'Asse, non mancando di attaccare la politica di Regno Unito e Francia.


Il 28 settembre 1939 i tre deboli Paesi Baltici non ebbero altra scelta che firmare un cosiddetto patto di assistenza e mutua difesa, che permetteva all'Unione Sovietica di far stazionare delle truppe in Estonia, Lettonia e Lituania; lo stesso giorno un protocollo supplementare tedesco-sovietico trasferiva gran parte della Lituania dalla prevista sfera d'influenza tedesca a quella sovietica. La Finlandia resistette a simili pretese (non volle accettare nemmeno uno scambio di territori con l'URSS a lei favorevole in termini di estensione) e venne per questo attaccata dall'URSS il 30 novembre. Comunque, le truppe finlandesi, pur enormemente inferiori sul piano numerico, erano molto motivate e perfettamente attrezzate per un confronto militare durante la stagione invernale.


Dopo più di tre mesi di aspri combattimenti e pesanti perdite da parte sovietica nella seguente guerra d'inverno, l'Unione Sovietica desistette dal suo intento di occupare ed annettersi l'intera Finlandia, in cambio di circa il 10% del territorio finlandese (la Carelia), gran parte del quale era ancora nelle mani dell'esercito finnico (questa cessione sarebbe rimasta definitiva). Nel giugno 1940 i tre Paesi Baltici subirono l'occupazione e la successiva annessione da parte dell'Unione Sovietica. Il 26 giugno 1940 i sovietici posero un ultimatum alla Romania per la cessione della Bessarabia e della parte settentrionale della Bucovina: la richiesta sovietica della Bucovina Settentrionale, un territorio mai appartenuto alla Russia che i tedeschi consideravano mitteleuropeo e che non era stato preso in considerazione nei protocolli del patto di non aggressione, fu una sorpresa non solo per la Romania, ma anche per il Terzo Reich.


Senza l'appoggio dei suoi tradizionali alleati, Regno Unito e Francia, Bucarest cedette i territori richiesti, ma da parte sovietica vi fu il mancato rispetto dei patti: i militari rumeni in ripiegamento verso il nuovo confine nei tempi e nei modi concordati furono attaccati proditoriamente, anche con lancio di paracadutisti, dall'Armata Rossa. I soldati sovietici aprirono il fuoco non solo contro i militari rumeni, ma anche contro masse di civili in fuga verso la Romania (si ricordi in merito il massacro di Fântâna Albă).


Per ritornare alla Polonia, lo stato in fondo maggiormente citato negli accordi segreti, la politica di occupazione tedesca era sin dall'inizio orientata verso la creazione di uno spazio vitale per i tedeschi e lo sterminio degli ebrei. Dato che la teoria nazista delle razze era difficile da estendere ai popoli slavi, era intenzione di Hitler quella di mostrare la differenza tra tedeschi e polacchi con particolare chiarezza, adottando speciali misure. Ad esempio, una parte dei bambini polacchi era destinata alla deportazione nella parte originaria dell'impero tedesco per svolgere le mansioni più umili. La Polonia doveva invece essere germanizzata grazie a due provvedimenti: da una parte era previsto l'insediamento di tedeschi fino ad allora residenti in Germania e nei Paesi Baltici; dall'altra, la cultura polacca doveva essere sostituita da quella germanica.


Non diversamente i sovietici miravano a cancellare il "mito" della nazione polacca e decidevano lo sterminio degli ufficiali polacchi che si erano loro consegnati per sfuggire alla cattura da parte dei nazisti: questa decisione era maturata nella consapevolezza che i laureati polacchi al momento dell'arruolamento assumevano automaticamente il grado di ufficiale. Per l'inizio del 1941, gli imperi di Germania e Unione Sovietica condividevano un confine che passava attraverso le odierne Lituania e Polonia. Subito dopo, le relazioni tedesco-sovietiche iniziarono a raffreddarsi e lo scontro tra lo Stato nazista e quello comunista sembrò sempre più inevitabile: esso si sarebbe poi concretizzato con l'inizio dell'operazione Barbarossa (22 giugno 1941).



Rottura del patto |


La Germania ruppe il patto due anni dopo che era stato stipulato invadendo l'Unione Sovietica il 22 giugno 1941: come anticipato poc'anzi, quest'azione bellica venne chiamata "operazione Barbarossa". Nel giro di settimane, l'aggressione tedesca venne imitata da una ripresa delle ostilità da parte della Finlandia, il 26 giugno, che iniziava la cosiddetta guerra di continuazione contro l'Unione Sovietica: se il paese scandinavo aveva riscosso simpatie a livello mondiale per le operazioni militari dell'inverno 1939-40, la decisione finlandese di riprendere le ostilità contro Stalin al fianco di Hitler fu criticata dalle potenze occidentali che erano nel frattempo diventate alleate dell'URSS. La Germania nazista trovava nella Finlandia, retta da un governo democratico, un importante alleato per stabilizzare il fianco settentrionale del suo schieramento e minacciare anche da nord Leningrado.



Conseguenze |



  • La conseguenza più immediata del patto fu senz'altro l'occupazione tedesca e sovietica della Polonia (che quanto alla circostanza aveva affrontato precedenti storici settecenteschi, vedi spartizione della Polonia). La divisione riguardava anche i Paesi Baltici: questi ultimi, entrati alla fine nella sfera di potere sovietica, non riuscirono più a ritrovare la loro indipendenza neppure a conflitto terminato, dovendo invece attendere fino al 1991.

  • Nonostante le previsioni di Hitler, il patto sigillò definitivamente la fine della politica dell'Appeasement: Hitler dovette rendersi conto che le potenze occidentali non erano più intenzionate ad assistere passivamente all'espansione del Terzo Reich. Dopo l'occupazione della Polonia, Regno Unito e Francia erano ormai in guerra contro la Germania per dare vita al conflitto che più tardi sarebbe stato chiamato seconda guerra mondiale. Si trattava di un confronto drammatico, ma di un evento dalla portata non ancora mondiale: per il momento le due potenze vicine all'Europa, gli USA e l'URSS, ne rimanevano fuori.[10] Era quella che Winston Churchill chiamò twilight war (guerra del crepuscolo).

  • Stalin trasse profitto dal patto. Per lui veniva rimandata l'eventualità di ritrovarsi coinvolto in una guerra su due fronti contro il Giappone e la Germania. Ottenne una "pausa di respiro" di due anni per riorganizzare le strutture sovietiche in attesa del confronto militare con la Germania, cui non era ancora preparato.[11] Peraltro il tempo a disposizione, a causa della confusione e disorganizzazione dell'Armata Rossa e di alcune scelte sbagliate dei dirigenti sovietici, non produsse i risultati sperati e il 22 giugno 1941 l'Unione Sovietica venne colta di sorpresa dall'attacco e subì una serie di pesanti disfatte. Inoltre l'innaturale accordo con il nemico ideologico nazista e la passiva adesione agli ordini di Stalin dei dirigenti sovietici e dei partiti comunisti europei diffuse incertezza e inquietudine tra i militanti.[12]

  • Sempre a proposito dei vantaggi di cui godette Stalin, va aggiunto che la sua sfera di interessi, dopo il confronto militare con la Germania, non sarebbe più stata messa seriamente in discussione (eccezion fatta per la Finlandia). Quindi, il paesi baltici e la parte orientale dello stato polacco sarebbero stati inglobati nell'Unione Sovietica.[13] La Romania vedrà divisa una regione molto importante per la sua storia come la Moldavia in due entità territoriali sotto due stati diversi (quello orientale diventerà infatti sovietico). Questo darà inizio anche ad un progressivo allontanamento culturale tra le genti delle due zone.

  • Dal punto di vista di Hitler l'accordo fu un successo: grazie alla sicurezza acquisita sulle frontiere orientali, la Germania evitò momentaneamente una disastrosa guerra su due fronti e poté schierare la massa delle sue forze all'ovest, guadagnando un predominio decisivo in Europa. Ottenuti questi risultati, Hitler, pur avendo ceduto temporaneamente ai sovietici importanti posizioni strategiche, poté nel giugno 1941 riversare all'est tutto il peso della Wehrmacht, divenuta ora molto più potente ed esperta del 1939, con il sostegno politico-economico di gran parte dell'Europa, assoggettata o alleata con il Terzo Reich.[14]



Note |




  1. ^ A. Peregalli, Il patto Hitler-Stalin e la spartizione della Polonia, Massari, 1989.


  2. ^ Vittorio Vidotto, Atlante del Ventesimo secolo, Bari-Roma, Laterza, 2011, p. 280-282, ISBN 978-88-4209-454-8.


  3. ^ Antonio Brancati, Civiltà nei secoli, vol. III, La Nuova Italia, Scandicci 1989 (p. 523).


  4. ^ Tentative Efforts To Improve German-Soviet Relations, April 17 - August 14, 1939


  5. ^ Discorso all'Obersalzberg


  6. ^ Testo integrale nella traduzione in inglese


  7. ^ Testo originale in tedesco


  8. ^ Raymond Cartier, Vom Ersten zum Zweiten Weltkrieg, 1918-1939. München/Zürich, 1982, p. 567.


  9. ^ Antonio Brancati, Civiltà nei secoli, vol. III, La Nuova Italia, Scandicci 1989 (p. 525). Gli accordi dell'Asse prevedevano infatti che la guerra sarebbe iniziata più tardi.


  10. ^ Joseph Boesch, Karl Schib, Weltgeschichte, edizioni Rentsch.


  11. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, parte II, pp. 305-306.


  12. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, parte III, pp. 14-16.


  13. ^ Carr, Edward H., German-Soviet Relations between the Two World Wars, 1919-1939, Oxford 1952, p. 136.


  14. ^ G.Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, parte III, pp. 16-18 e 22.



Bibliografia |



  • Philipp W. Fabry, Il patto Hitler-Stalin, Collana Biblioteca di Storia Contemporanea, Milano, Il Saggiatore, 1965.

  • I. M. Nekric, Stalin nella seconda guerra mondiale aprì le porte a Hitler?, traduzione di Patricia Martinelli, Roma, Edizioni Tindalo, 1968.

  • Anthony Read e David Fischer, L'abbraccio mortale. 1939-1941: la breve alleanza tra la Germania di Hitler e la Russia di Stalin, Collana Storica, Milano, Rizzoli, 1989, ISBN 978-88-17-33720-5.

  • Giuseppe Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, Roma, Editrice l'Unità, 1990.

  • Alan Bullock, Hitler e Stalin. Vite parallele. I due uomini che hanno plasmato la storia del nostro secolo, Collezione Storica, Milano, Garzanti, 1995.

  • Ennio Di Nolfo, Storia delle Relazioni Internazionali, Roma-Bari, Laterza, 2000, ISBN 88-420-6001-1.

  • Timothy Snyder, Terre di sangue. L'Europa nella morsa di Hitler e Stalin, traduzione di L. Lanza, S. Mancini, P. Vicentini, Collana Storica, Milano, Rizzoli, 2011, ISBN 978-88-17-05339-6.



Voci correlate |




  • Linea Curzon, una linea di demarcazione proposta nel 1919 da Lord Curzon come separazione tra Polonia e Unione Sovietica

  • Patto di non aggressione

  • Conferenza di Monaco

  • Campagna di Polonia

  • Massacro di Katyn

  • Massacro di Fântâna Albă

  • Colloqui tedesco-sovietici del 1940

  • Scambio di popolazione tra Germania nazista e Unione Sovietica



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